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La Stampa Rassegna Stampa
10.03.2010 Karl Rove difende le scelte di Bush in Iraq e la guerra contro il terrorismo
Nel suo libro appena uscito recensito da Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 10 marzo 2010
Pagina: 9
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Rove: gli arsenali di Saddam? Mi pento di non aver difeso abbastanza il presidente Bush»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/03/2010, a pag. 9, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Rove: gli arsenali di Saddam? Mi pento di non aver difeso abbastanza il presidente Bush".


Maurizio Molinari, Karl Rove

Un libro autobiografico con molte rivelazioni personali e una videochat live con i lettori disseminata di frasi piccanti su Obama e Hillary: Karl Rove torna sotto i riflettori con un metodo che svela la consapevolezza di dover «gestire i media imparando da quanto fatto dai democratici nell’ultima campagna».
A quasi 14 mesi dalla fine della presidenza Bush, l’ex guru della Casa Bianca arriva nelle librerie con «Courage and Consequence», un volume che sorprende la critica perché è incentrato più sui dettagli personali della vita dell’autore che sugli episodi di una carriera da «cervello» dei conservatori culminata nell’essere stato l’architetto della rielezione del 2004. Rove si sofferma così a lungo su un’infanzia segnata dall’assenza del padre, il divorzio dei genitori, il suicidio della madre e il rapporto di intenso affetto con il padre adottivo «che forse era gay ma a me la cosa non interessa». A 9 anni, nel 1960, fa la sua prima campagna elettorale «mettendo un adesivo pro-Nixon sulla bicicletta» con il risultato di essere aggredito da una bambina pro-Kennedy «che mi diede un colpo facendomi sanguinare dal naso».
Sugli anni passati a fianco di Bush alla Casa Bianca l’unica rivelazione è l’autocritica per «non averlo difeso come avrei dovuto dall’accusa di aver consapevolmente mentito sull’esistenza delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein». Rove ritiene di aver reagito «male e in ritardo» ai sospetti lanciati dagli «ipocriti leader democratici» sull’Iraq consentendo a queste «falsità» di consolidarsi nel pubblico americano a detrimento dell’immagine del presidente.
«E’ stato uno degli errori più grandi che ho compiuto negli anni di Bush» scrive Rove, ammettendo di aver mancato nell’applicare una regola-base della lotta politica a Washington: «Respingere subito gli attacchi ricevuti».
Per il resto il libro contiene la difesa dell’amministrazione Bush sull’uso del «waterboarding» - l’affogamento simulato - per interrogare i terroristi di Al Qaeda e la secca smentita di due accuse che lo rincorrono: aver avuto un ruolo nel «Ciagate», la rivelazione dell’identità dell’agente Cia Valerie Plame, e aver contribuito nel 2000 a diffondere le falsi voci su un figlio illegittimo di John McCain per sabotarne la corsa alle primarie.
La scelta di adoperare l’autobiografia per far conoscere meglio al grande pubblico la sua vita famigliare ricorda quanto fece Obama con «Audacity of Hope» nel 2006. Così come la decisione di far coincidere il debutto in libreria con una vivace videochat su Internet lascia intendere la volontà di rimediare alla «maggiore carenza dei repubblicani» ovvero «essere molto dietro ai democratici nell’uso dei nuovi media». Da qui il Rove tutto all’attacco, brillante e a tratti quasi sadico, che per 55 minuti parla di attualità rispondendo alle domande dei lettori che si collegano e gli scrivono attraverso Twitter, Facebook e gli altri popolari siti di socialnetworking.
Inizia da Obama. «Il suo maggior difetto? Non rispettare idee e proposte dell’opposizione repubblicana al Congresso» ovvero non essere bipartisan come aveva promesso agli elettori. Anche Barack però «ha indovinato qualcosa, continuando le politiche di Bush sull’Iraq e sul Patriot Act, oltre che inviando i rinforzi in Afghanistan». Poi le lodi a piene mani per Hillary Clinton: «Se avesse vinto lei nel 2008 oggi avremmo un presidente molto capace». Nel suo mirino c’è soprattutto la riforma della Sanità: «Gli americani non la vogliono ma Obama e i democratici al Congresso insistono, se andranno avanti così in novembre i repubblicani faranno un ottimo risultato alla Camera e anche al Senato».
Non mancano le critiche ai conservatori «perché passano più tempo ad attaccare i liberal che non a spiegare cosa vogliono fare». Sul biglietto dei 50 dollari vorrebbe vedere «più la faccia di Reagan che quella di Bush» e a un fan di 14 anni dice che «non sei troppo giovane per far politica». Quando gli chiedono quale trasmissione tv preferisce la risposta è: «Tutto ciò che viene trasmesso da Fox tv». L’ultimo graffio è ancora per Obama: «Un vero leader è colui che sa dire "No"» come dovrebbe fare adesso bloccando la riforma della sanità «destinata a portarci solo spese e tasse, senza migliorare i servizi».

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