Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Iran, commercio di armi. i giri di affari del regime dei mullah Cronache di Maurizio Caprara , Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera Data: 08 marzo 2010 Pagina: 16 Autore: Maurizio Caprara , Guido Olimpio Titolo: «Teheran rincara la dose, dall'Italia piano infantile-Finanziate dal governo Usa imprese in affari con l'Iran»
Massimo Caprara: " Teheran rincara la dose, dall'Italia piano infantile "
ROMA — Per adesso sono ancora segnali, si tratterà di vedere se saranno seguiti da scosse. Ma per l’arresto di Hamid Masoumi Nejad, il corrispondente della televisione di Stato Irib accusato di traffico di armi e ritenuto dalla Procura di Milano un agente segreto, il regime iraniano ieri ha alzato la voce e il livello di chi ha espresso giudizi di protesta. Dopo che giovedì l’ambasciatore d’Italia a Teheran è stato convocato al ministero degli Esteri, dopo che la tv locale ha definito l’inchiesta della magistratura un atto di servitù verso Israele, la Repubblica islamica è ricorsa a un commento di Ali Larijani, conservatore pragmatico e presidente del Majlis, il Parlamento: «Il governo italiano deve rispondere del suo comportamento indecente nei confronti di Masoumi Nejad».
Dopo il blitz Il procuratore aggiunto di Milano Spataro
C’è stato ancora, ieri, uno stato di attesa. Un innalzamento della temperatura che non ha raggiunto un punto di scontro irreparabile. Tuttavia è il caso di tener presente che tra i vari commenti del regime alla cattura del corrispondente di Irib ce n’è stato uno del viceministro della Cultura e dell’Orientamento islamico, Mohamad Ali Ramin: «Se l’esecutivo italiano vuole minacciare i nostri colleghi della stampa per soddisfare i crudeli desideri di Usa, Gran Bretagna e Israele, subirà un effetto reciproco da parte del governo iraniano». Frase che potrebbe suonare come un avviso di ritorsione imminente.
È come se nei rapporti con l’Italia, che nell’Unione Europea è il secondo partner commerciale dell’Iran, un equilibrio si fosse incrinato. Non si sa ancora se quanto traballa sarà puntellato o subirà lesioni di una certa durata. L’ambasciatore iraniano a Roma Mohammad Ali Hosseini ha chiesto di incontrare Masoumi Nejad in carcere. Hosseini non è un funzionario marginale, è stato viceministro e portavoce del ministero degli Esteri. A Teheran la risposta verrà valutata con attenzione. Venerdì il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, oltre a giudicare «scomposta» la reazione iraniana, aveva aggiunto una frase: «I diritti dei detenuti e degli inquisiti saranno rispettati».
In carcere ci sono anche cinque italiani e un secondo iraniano, altri due sono ricercati. Larijani ha usato parole che complicano la partita con l’Italia senza chiuderla: «Nelle condizioni attuali il piano infantile del governo italiano per arrestare il corrispondente di Irib, accompagnato da una messa in scena davvero ridicola, riporta in mente una scena di satira politica più che una realtà. Prendiamo atto del fatto che il governo italiano sta mettendo a repentaglio il suo prestigio sotto il profilo politico...».
Guido Olimpio: " Finanziate dal governo Usa imprese in affari con l'Iran "
Prima con George W. Bush, oggi con Barack Obama gli americani non hanno risparmiato ramanzine nei confronti dei Paesi che hanno continuato a far soldi con l’Iran. E in questi mesi Washington ha cercato di raccogliere forze e consensi per un altro giro di vite per impedire che i commerci riempiano le casse dei mullah. Una linea di principio, però, resa vana dagli stessi Stati Uniti. Un’inchiesta del
Contro Studentesse iraniane davanti a murale anti-Usa
New York Times ha rivelato che gli Usa, negli ultimi anni, hanno garantito 107 miliardi di dollari in contratti e finanziamenti a imprese — americane o straniere— che hanno concluso poi affari con l’Iran. In pratica hanno agevolato intese e progetti. Molti erano civili ma un buon numero ha rimpolpato il budget dei pasdaran, il vero scudo del regime.
In buona sostanza, le diverse amministrazioni hanno predicato bene e razzolato male. Chiedevano (e chiedono) fermezza davanti agli ayatollah, ma poi si sono comportate come i governi che biasimano. Insomma, gli affari sono affari. E tutto ciò nonostante via sia una legge che lo impedisca in modo chiaro.
Sempre il New York Times ha scoperto che di 74 imprese coinvolte in business sia con Teheran che con Washington ben 49 hanno deciso di proseguire, per nulla disturbate da un giro che va contro le direttive dell’esecutivo. Non solo. C’è un dispositivo — l’Iran Sanctions Act— che prevede punizioni per le imprese straniere che investono più di 20 milioni di dollari per favorire lo sviluppo di giacimenti di petrolio e gas iraniani. In 14 anni gli Usa non lo hanno mai applicato per non creare contrasti con gli alleati. E per quanto riguarda le compagnie statunitensi sono stati ancora più generosi: è stato calcolato che avrebbero ricevuto circa 15 miliardi di dollari proprio per sviluppare affari in questo settore strategico.
Grandi beneficiari della politica del «lascia fare» molti grandi gruppi occidentali ed asiatici. Di recente una cinquantina di deputati — repubblicani e democratici — hanno trasmesso alla Casa Bianca un elenco con i nomi di società che dovrebbero essere sanzionate per aver violato gli accordi. Nella lista ci sono anche le italiane Eni e Irasco, poi l’olandese Shell e la russa Lukoil, la francese Elf e la sud coreana Daelim. Solo per citare le più famose.
Per gli osservatori se Washington vuole davvero « stringere » in una morsa l’Iran dovrà trovare una soluzione che riduca sensibilmente il volume degli affari. Altrimenti gli ayatollah continueranno a trarne dei vantaggi, rendendo vane le eventuali misure di pressione. Sarà interessante vedere chi vorrà rinunciare per primo ai ricchi contratti.
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