Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Egitto, avanza l'iraniano El Baradei Che però viene presentato come 'laico'
Testata: Corriere della Sera Data: 07 marzo 2010 Pagina: 14 Autore: Cecilia Zecchinelli Titolo: «L'Egitto, il Rais e la scommessa di El Baradei»
Sul CORRIERE delal SERA di oggi, 07/03/2010, a pag.14, Cecilia Zecchinelli analizza la situazione pre elettorale in Egitto, in un pezzo dal titolo " L'Egitto, il Rais e la scommessa di El Baradei ". Che sietro la candidatura di El Baradei ci possa essere la longa manus dell'Iran è quasi una certezza, vista la sua stretta dipendenza alla teocrazia iraniana quando presiedeva l'Agenzia atomica dell'Onu. Malgrado ciò, viene ancora presentato come un candidato dai "programmi laici ". Ecco l'articolo:
a sin. Hosni Mubarak, a destra El Baradei, fedele alleato dell'atomica iraniana
«Il presidente Hosni Mubarak è stato operato alla cistifellea e l’intervento è perfettamente riuscito», ha annunciato ieri la tv di Stato egiziana. Non è la prima volta che l’inossidabile raìs finisce in ospedale, lascia pro tempore i poteri al primo ministro (che abitualmente ne ha ben pochi), torna al comando dopo la convalescenza. Ma questa volta, purtroppo o inchallah a seconda dei punti di vista, le cose sono diverse. Le elezioni presidenziali sono infatti fissate per l’anno prossimo e i giochi sono già aperti seppur non scoperti. Perché se parlare della salute del leader è tabù in Egitto (un giornalista l’anno scorso lo fece e fu condannato a due anni), le probabilità che l’81enne raìs debba passare la mano dopo quasi trent’anni sono ormai significative. E allora: chi ne prenderà il posto?
Da anni sussurrata e mai confermata, la candidatura del secondogenito di Mubarak continua ad aleggiare. Il 46enne Gamal non è un militare come tutti i presidenti egiziani, non ha forti appoggi nell’esercito. L’opposizione liberal e religiosa non lo ama, anzi lo detesta. Ma lui, ex businessman nella City, da anni numero tre del partito di governo, ha dalla sua il know-how del sistema politico e d’affari ai massimi livelli, l’appoggio della potentissima madre Suzanne. Nomi non nuovi nel toto-successione sono Amr Moussa, segretario della Lega Araba, e Omar Suleiman, capo dell’intelligence e figura chiave nei rapporti con Israele. Ma entrambi hanno più di 70 anni, il secondo ha problemi di salute. Si mormora poi di possibili candidature dello scienziato Ahmed Zewail e dell’ex ministro Mansour Hassan. Di altri politici, rispettati e senza chance.
La sola vera speranza, o minaccia, è emersa nelle ultime settimane: Mohamed ElBaradei, già capo dell’Agenzia nucleare dell’Onu e Nobel per la pace, ha confermato che potrebbe sfidare il raìs. Quest’ultimo ora minimizza la forza del possibile rivale ben sapendo quanti ostacoli potrà imporgli. La sinistra gli rimprovera di aver ceduto agli Usa sulla guerra in Iraq, di voler fare il «Karzai d’Egitto». I Fratelli musulmani dissentono nel profondo dai suoi programmi laici, liberal, pro-Occidente. Eppure Fratellanza, sinistra, nazionalisti, intellettuali, persone normali l’hanno accolto come un eroe al suo ritorno in patria. E attendono ora con ansia che esca allo scoperto con programmi, alleanze, strategie, rompendo la fase di basso profilo necessaria per non bruciarsi. Chiunque voglia cambiare il sistema spera in lui, si dice al Cairo, forse dimenticando che ElBaradei, come ha scritto Al Ahram, viene dalla diplomazia egiziana, ovvero dal «cuore del sistema». Ma già sfidare in modo serio la famiglia Mubarak è una svolta storica per l’Egitto. Finora ci aveva provato solo l’irruente Ayman Nour, nel 2005: finito in galera per quattro anni, appena concluse le elezioni vinte dal raìs con l’89% dei voti.
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