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Libero Rassegna Stampa
05.03.2010 Gerusalemme, chi si oppone alla modernizzazione
La cronaca di Angelo Pezzana

Testata: Libero
Data: 05 marzo 2010
Pagina: 17
Autore: Angelo Pezzana
Titolo: «Il sindaco di Gerusalemme vuole moderrnizzare la zona Est, gli arabi glielo impediscono per poi lamentarsi meglio»

Su LIBERO di oggi, 05/03/2010, a pag.17, con il titolo " Il sindaco di Gerusalemme vuole moderrnizzare la zona Est, gli arabi glielo impediscono per poi lamentarsi meglio " Angelo Pezzana racconta un episodio paradossale che fa capire bene i difficili rapporti nella capitale con i suoi cittadini arabi.
Ecco il pezzo:

Se Gerusalemme fosse in Svizzera o in Finlandia non avrebbe gli occhi di tutto il mondo puntati addosso come invece avviene dato che è la capitale di Israele. Questo interesse esageratamente fuori dal comune, non paragonabile con quanto avviene nelle altre capitali del mondo, trova un’unica spiegazione nel fatto che Israele è lo stato degli ebrei, una realtà che tanti non hanno ancora accettato nè tanto meno digerito. A Gerusalemme c’è un progetto per creare un parco archelogico in un quartiere arabo, il che risponderebbe peraltro a quanti hanno spesso criticato la minore cura verso il settore arabo della città da parte dell’amministrazione comunale, un progetto che porterebbe un flusso turistico notevole verso quella parte della città. Ebbene, invece applaudire l’iniziativa, è scoppiato il finimondo, il tutto perchè in quella zona dovranno essere demolite una quarantina di case, peraltro costruite abusivamente. Un concetto questo che non fa parte della società palestinese, che si ritiene esentata dall’obbedire alle leggi urbanistiche, che debbono valere per gli altri ma non per loro. Da notare che il piano di edificazione del parco archeologico, il cui nome in ebraico “ giardino del re “ richiama i giardini fatti costruire da Re Salomone proprio su questo sito, prevede la ricostruzione delle case demolite in un terreno confinante con il futuro parco, in una zona che sarà sicuramente molto più attraente di quella attuale. Per calmare le acque è intervenuto persino Bibi Netanyahu, che ha invitato il sindaco Nir Barkat a discutere e rinegoziare il progetto con gli abitanti di Silwan, il quartiere in questione, per vedere se è possibile trovare una soluzione condivisa. Sembra che persino l’amministrazione americana abbia fatto sentire la sua voce, naturalmente nel senso di bloccare il progetto. Una questione di lana caprina, come ognuno può vedere, e che può destare interesse solo perchè c’è di mezzo Israele, al quale si cerca di impedire persino di far vivere i propri cittadini in un paese sempre più moderno, che ha cura della propria eredità storica e archeologica, che investe cifre enormi nella cura e preservazione dell’ambiente, dove le amministrazioni locali investono passione e denaro nell’arredo urbano, come, in questo caso la costruzione di un parco archeologico che ricordi le meraviglie dei giardini di Re Salomone. Se questa è l’eredità storico-archeologica di Gerusalemme, a Nir Barkat, questo nuovo giovane sindaco che sta ridando a Gerusalemme un’immagine moderna e antica nello stesso tempo, e che cura i beni artistici culturali e religiosi a qualunque fede appartengano,dovrebbero arrivare i ringraziamenti anche da parte dei gerosolimitani arabi, sempre pronti alla lamentela per essere negletti. Purtroppo stessi diritti stessi doveri è una moneta poco spendibile a Gerusalemme est, che però fa parte integrante dello Stato d’Israele, dove i cittadini arabi che vi abitano sono israeliani quanto gli ebrei, anche se la società nella quale vivono ha caratteristiche di modernità che la loro cultura spesso respinge. Salvo poi lamentarsene, appunto, quando si trovano di fronte a un cambiamento urbano che comunque porterà solo vantaggi. Alla fine l’accordo si troverà, Salomone vedrà rinascere i suoi giardini, la case abusive verranno riedificate secondo le regole, e gli arabi di Geruelemme avranno un motivo in più per tenersi stretta quella identità israeliana che, a parole, tanto biasimano, ma che gli garantisce, unici nel mondo arabo, di vivere in una democrazia.

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