Sulla STAMPA di oggi, 05/03/2010, a pag.15, l due servizi di Maurizio Molinari sui rapporti della Casa Bianca con Medio Oriente e Turchia.
Maurizio Molinari: "Medio Oriente, la soluzione della Casa Bianca "
L’amministrazione Obama si affida ad una nuova formula per tentare di far ripartire i negoziati fra israeliani e palestinesi. Si tratta di una ricetta con due ingredienti. Primo: i colloqui fra le due parti saranno «indiretti» ovvero israeliani e palestinesi si troveranno in stanze separate e a fare la spola sarà l’inviato Usa George Mitchell, consentendo così di ovviare al persistente disaccordo sulle nuove costruzioni a Gerusalemme Est e in Cisgiordania. Secondo: gli incontri «indiretti» si svolgeranno al Cairo, sotto l’egida della Lega Araba che ne ha stabilito la durata massima in quattro mesi. Se l’assenza di un dialogo diretto riporta le lancette dei rapporti fra israeliani e palestinesi al periodo precedente gli accordi di Oslo del 1993, l’ombrello formale della Lega Araba è la vera novità creando la base per un maggior «coinvolgimento della regione» nella composizione del secolare conflitto.
Sin da quando è arrivato alla Casa Bianca Obama ritiene che i Paesi arabi possano avere un ruolo decisivo nella risoluzione della crisi potendo da un lato spingere il presidente palestinese Abu Mazen ad accettare difficili compromessi - ad esempio sulla rinuncia al diritto al ritorno dei profughi del 1948 - e dall’altro ammorbidire le resistenze di Israele sulle concessioni territoriali facendo leva sulla normalizzazione dei rapporti promessa dal piano saudita del 2002. Ad avvalorare l’importanza della «cornice regionale» c’è quanto sta avvenendo sul terreno: l’Egitto ha aumentato i controlli anti-terrorismo al confine con la Striscia di Gaza diventando di fatto il garante dell’assenza di guerra fra Hamas e Israele; la Giordania sta godendo dei frutti economici del boom di sviluppo che si registra nei maggiori centri della West Bank; l’Arabia Saudita guida il fronte dei Paesi arabi preoccupati del programma nucleare iraniano tanto quanto lo è lo Stato Ebraico.
Tutto ciò contribuisce a fare della Lega Araba un interlocutore di Israele creando una situazione che offre a Obama la possibilità di tentare di sbloccare lo stallo ovviando alla difficoltà dovuta all’esistenza di due interlocutori palestinesi in attrito fra loro: Hamas a Gaza e l’Anp a Ramallah. La nuova ricetta Usa però ha due avversari dichiarati in Siria e Hamas ovvero gli alleati di Teheran.
Maurizio Molinari: " Genocidio la strage armena, Turchia furiosa con gli Usa"
La memoria non si cancella
I democratici alla Camera fanno lo sgambetto a Barack Obama sul genocidio armeno. Con 23 voti contro 22 la commissione Esteri ha infatti approvato la mozione che definisce «genocidio» il massacro degli armeni da parte dell’esercito turco durante la Prima Guerra Mondiale, in aperto contrasto con la Casa Bianca. L’amministrazione ha invano tentato di scongiurare il voto: il Segretario di Stato, Hillary Clinton, ha chiamato Howard Berman, presidente della commissione, per convincerlo a rinviare. «Se dovesse passare i nostri rapporti con la Turchia potrebbero incrinarsi» ha fatto pres4ente Hillary, che aveva ricevuto esplicite comunicazioni in questo senso dal governo di Ankara.
Berman ha contattato gli altri membri della commissione ma l’ipotesi del rinvio è stata scartata. La Casa Bianca ha preferito avvertire Ankara su cosa sarebbe potuto avvenire ed il presidente Obama ha telefonato al collega turco Abdullah Gul facendogli presente che, anche se approvata, si sarebbe trattato di una mozione «non vincolante» per il governo Usa. In un crescendo di fibrillazioni diplomatiche si è iniziato a votare. Ogni deputato ha espresso un voto palese, i contrari hanno preso il sopravvento fino ad arrivare a 22 voti contro 20 per poi soccombere nel finale per 23 a 22, con un ultimo deputato che a sorpresa si è astenuto. A votare a favore sono stati i principali esponenti democratici mentre la pattuglia dei contrari è stata bipartisan. Ad esprimersi a favore della mozione che adesso sarà discussa dall’aula della Camera è stato anche Keith Ellison, il democratico unico deputato musulmano a Capitol Hill. A conferma dell’importanza della votazione erano presenti nell’aula gli ambasciatori di Ankara ed Erevan come le delegazioni dei Parlamenti dei due Paesi. Al termine le reazioni sono state opposte, gli armeni hanno lodato lo «storico voto» mentre i turchi hanno parlato di «nubi sulle nostre relazioni bilaterali». L’ambasciatore turco Namik Tan è stato subito richiamato dal governo di Ankara per «consultazioni». E il premier Tayyip Erdogan, in una dichiarazione pochi minuti dopo, ha espresso la preoccupazione che il voto possa danneggiare i rapporti turco-americani oltre che ostacolare gli sforzi di riconciliazione avviati da Turchia e Armenia. Per rassicurare ankara, Hillary Clinton ha condannato il voto augurandosi che »l’aula della camera non approvi la mozione».
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