Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/03/2010, a pag. 43, la risposta di Sergio Romano dal titolo " Un palestinese in carcere con cui (forse) si può parlare ".
Marwan Barghouti e Sergio Romano
Romano si ostina a definire 'interessante' Marwan Barghouti. Il prossimo passo sarà definire nello stesso modo criminali come Hitler, Goebbels, Himmler,...perchè no? Sono tutti accomunati da una cosa: l'odio per gli ebrei e la volontà di sterminarli.
Nella sua risposta, Romano paragona i terroristi Tanzim fondati da Barghouti all'Haganà, un parallelo inaccettabile. Mentre l'Haganà aveva uno scopo difensivo per gli ebrei prima della fondazione di Israele e della nascita del suo esercito regolare, Tzahal, i Tanzim fondati da Barghouti sono terroristi armati che hanno organizzato e preso parte a moltissimi attentati contro la popolazione israeliana.
Romano scrive : "Barghouti promosse la redazione di un documento in 18 punti (...). Nel documento erano avanzate proposte (ad esempio il ritorno dei rifugiati palestinesi nelle terre da cui erano partiti nel 1948 e nel 1967) che il governo israeliano non avrebbe accettato; ma anche la nascita di uno Stato palestinese a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est,(...) Pur senza ammetterlo apertamente, il documento conteneva un implicito riconoscimento dello Stato d’Israele.". Un riconoscimento implicito non è un riconoscimento vero e proprio. E comunque non è credibile se poi continua il terrorismo contro Israele. In ogni caso, il ritorno dei profughi in Israele ha un significato ben preciso: la cancellazione dello Stato ebraico.
Barghouti non si è mai smentito, ciò che gli interessa non è la pace con Israele, ma la sua distruzione.
Romano conclude così la sua lettera : " I fattori che maggiormente contano, quando arriva il momento di negoziare, sono l’intelligenza e la capacità rappresentativa dell’interlocutore. Prima o dopo gli israeliani finiranno per parlare con Barghouti. ". Romano ha ragione. La politica è politica. E infatti Israele, in passato, è stato disposto a trattare anche con Arafat, come dimostrato dai molti incontri per arrivare ad una intesa comune. Ciò che era in discussione nella lettera non era se poter discutere con Barghouti, quanto se fosse accettabile definirlo 'interessante' e liberarlo insieme ad altri 1000 terroristi par suo in cambio di Gilad Shalit. Un prigioniero la cui tragica e crudele sorte non interessa a Romano.
Ecco lettera e risposta di Sergio Romano:
Ho una domanda da pone in aggiunta alle due precise osservazioni del lettore - Franco Cohen. Che cosa intende lei riferendosi a Marwan Barghouti come «uno dei più interessanti leader della resistenza palestinese», cioè il fondatore e capo dei terroristi Tanzim che durante la cosiddetta seconda Intifada ha organizzato stragi e mutilazioni di civili israeliani (per lo più ragazzi, bambini e anziani, in discoteche, bar e ristoranti, università, alberghi e centri commerciali, orgogliosamente rivendicati durante i processi e per cui è stato condannato a cinque ergastoli)?
Danielle Sussmann
rubino47@hotmail.com
So che la parola «interessante» può essere considerata ambigua, ma credo che si adatti bene alla personalità di Marwan Barghouti. È nato vicino a Ramallah nel 1959, è diventato membro di Al Fatah (l’organizzazione di Yasser Arafat) a 15 anni e ne ha fondato la sezione giovanile. Ha un diploma universitario in scienze politiche e tre figli nati dal matrimonio con una compagna di studi, oggi molto impegnata come avvocato nella difesa dei diritti dei palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Durante la sua vita politica, ha denunciato la corruzione di Arafat e del suo circolo, ha partecipato alla prima e alla seconda Intifada, è stato eletto al Consiglio legislativo (il parlamento dell’Autorità palestinese) e ha fondato le milizie Tanzim, ala militare di Al Fatah e per certi aspetti l’equivalente palestinese di Haganah, l’organizzazione paramilitare costituita dai sionisti in Palestina durante il mandato britannico. Sull’uso della forza contro Israele e la sua popolazione è stato spesso ambiguo. In alcuni casi è parso giustificarla, anche quando le vittime erano civili, in altri ha sostenuto che la lotta armata doveva essere diretta contro i militari e soprattutto nei territori occupati. È stato arrestato nel 2002 e condannato nel 2004 a cinque ergastoli per altrettante accuse di omicidio, fra cui le tre vittime di un attentato contro il mercato del pesce di Tel Aviv.
Nella sua vita di carcerato vi è un episodio del 2006 che ha suscitato una particolare attenzione. Nella fase che precedette l’inizio della seconda guerra libanese, mentre Hamas e l’organizzazione palestinese di Mahmud Abbas erano ormai ai ferri corti, Barghouti promosse la redazione di un documento in 18 punti che fu firmato da altri leader palestinesi incarcerati: Abdel Khalek Al Natseh per Hamas, Abdel Rahim Malouh per il Fronte popolare per la liberazione della Palestina e lo sceicco Bassam Al Sadi per Jihad islamica. Nel documento erano avanzate proposte (ad esempio il ritorno dei rifugiati palestinesi nelle terre da cui erano partiti nel 1948 e nel 1967) che il governo israeliano non avrebbe accettato; ma anche la nascita di uno Stato palestinese a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, vale a dire in territori conquistati da Israele durante la guerra dei Sei giorni. Pur senza ammetterlo apertamente, il documento conteneva un implicito riconoscimento dello Stato d’Israele. So che Barghouti è considerato da molti un terrorista. Ma terroristi, per gli inglesi, furono anche, tra gli altri, alcuni autorevoli sionisti come Vladimir Zeev Jabotinsky e Menachem Begin (futuro primo ministro israeliano). I fattori che maggiormente contano, quando arriva il momento di negoziare, sono l’intelligenza e la capacità rappresentativa dell’interlocutore. Prima o dopo gli israeliani finiranno per parlare con Barghouti.
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante