lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
02.03.2010 Grazie a Bush l'Iraq si sta trasformando in democrazia
Ora ad ammetterlo è anche Newsweek

Testata: Il Foglio
Data: 02 marzo 2010
Pagina: 1
Autore: La redazione del Foglio
Titolo: «Missione compiuta»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 02/03/2010, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Missione compiuta ".


George W. Bush

Roma. Questa è la copertina di Newsweek uscita ieri negli Stati Uniti. Il settimanale simbolo della cultura liberal americana che dal 2003 si è opposta con tutte le sue forze all’intervento armato contro Saddam Hussein riconosce che alla fine aveva ragione George W. Bush. Ha vinto il presidente repubblicano con il suo piano di esportazione della democrazia in Iraq – ma Newsweek sceglie di uscire con questa copertina celebratoria soltanto ora, molto oltre la fine del suo doppio mandato. “Mission accomplished”, missione compiuta, era lo slogan prematuro che campeggiava sulla portaerei alle spalle di Bush durante il discorso di ringraziamento alle truppe nel maggio 2003 e che gli è stato rinfacciato fino alla fine della sua Amministrazione. Ma oggi in copertina finisce quello e non l’altro, quello che spiccava alla testa delle marce pacifiste: “No blood for oil”, che nessuno cita più semplicemente perché si trattava di una bufala: gli Stati Uniti non hanno cavato una goccia di petrolio in più dalla guerra in Iraq (semmai ne hanno guadagnato gli stati che alla guerra si opponevano e le cui compagnie di stato adesso si litigano i diritti sui pozzi iracheni più grandi: Cina e Russia). Newsweek concede la vittoria americana in Iraq ora perché domenica si elegge il nuovo Parlamento di Baghdad: “Ci saranno 6.100 candidati appartenenti a tutte le grandi tradizioni religiose del paese e a molti partiti differenti. I candidati hanno interessi e ambizioni che contrastano selvaggiamente tra loro. Ma negli ultimi due anni questi politici hanno cominciato a considerarsi come parte dello stesso club, dove la politica dura ha rimpiazzato la guerra civile e le leggi sono forgiate anche se con lentezza e difficoltà attraverso compromessi – non per decreto dittatoriale o, per quel che può contare, per ingiunzione degli occupanti americani. Anche se protetta, incoraggiata e talvolta consigliata da Washington, la classe politica irachena sta dando forma al proprio sistema politico”. E’ il sistema che due settimane fa il generale David H. Petraeus, il padre militare della stabilizzazione irachena, ha definito “Iraqrazia”: è imperfetto, ma sta trovando il suo modo di funzionare. Gli scossoni non mancano. Il partito sunnita più importante ha appena annullato il suo appello al boicottaggio elettorale, dopo che una commissione governativa aveva escluso 500 candidati dalle elezioni accusandoli di essere ex del regime baathista. Poi il governo ha ridotto il numero degli esclusi a 140, ha arruolato di colpo migliaia di giovani sunniti in attesa da anni nella polizia e nell’esercito e i sunniti hanno smesso di protestare. Anzi, i sunniti della provincia grande di Anbar, quelli che hanno combattuto prima contro gli americani e poi contro al Qaida, hanno storto il naso alla proposta di boicottaggio arrivata dai sunniti della capitale: “Quelli chi rappresentano? Hanno combattuto come noi contro i terroristi?”. I sunniti di Anbar, per la cronaca, hanno stretto un’alleanza elettorale con il primo ministro sciita Nouri al Maliki. Tre anni fa il premier non sarebbe neanche andato in visita nella provincia dei suoi attuali compagni di lista, perché era una delle più violente: sarebbe stata una missione suicida. I compromessi politici, che un tempo erano considerati dentro gli schieramenti poco meno di un tradimento, oggi sono diventati moneta corrente, scrive Newsweek. Gli sciiti si accordano con i curdi, o con i sunniti, e viceversa, anche soltanto per approvare una singola legge. Mosawama, compromesso in arabo, non è più una parola vergognosa. E le linee di divisione etniche e religiose contano sempre meno. E’ così che nell’ultimo anno sono passate cinquanta nuove leggi, e soltanto tre sono state respinte. E’ l’Iraqrazia. Certo, come dice il gemello al dipartimento di stato del generale Petraeus, l’ex ambasciatore a Baghdad Ryan Crocker, “il vero test per la democrazia in Iraq non sarà il comportamento dei vincitori, è come si comporteranno i vinti”. Newsweek scrive che l’estremismo sunnita capeggiato da al Qaida e i suoi attentati orrendi non sono più una minaccia esistenziale per il governo di Baghdad come lo erano negli anni passati. Ma il malcontento sunnita si farà sentire. Sabato la polizia di Fallujah ha fermato un autobus che trasportava una tonnellata e mezzo di esplosivo al plastico, una quantità enorme pronta per essere impiegata in attentati contro le elezioni.

Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT