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Ugo Volli
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Per fortuna che c'è l'America 28/02/2010

Per fortuna che c'è l'America

Cari amici, avete mai sentito parlare di una cosa che si chiama "primato della politica"? E' un principio che piace molto a Massimo d'Alema e che nel suo senso "alto" (naturalmente "alto", ai politici da primato i sensi bassi non interessano) non significa che i politici siano indipendenti dalla morale e possano rubare quanto vogliono, come accade; ma che il "Principe" (cioè il partito, l'istituzione politica, cioè di fatto il politico di turno), vedendo lontano dalle sue "altezze", deve poter "guidare" la storia, ignorando i vincoli dei rapporti di forza, dell'economia e anche quelli dell'opinione pubblica o se volete della democrazia: la quale "seguirà" come doveva fare "l'intendenza" per Napoleone. Per ovvie ragioni questo "volontarismo" è molto più diffuso in una sinistra che per mestiere vuole "cambiare il mondo" di quanto non sia nella destra, la quale in genere sa di doversi limitare a gestirlo e razionalizzarlo. 
L'ultimo esempio di "alto" primato autoattribuito è l'amministrazione Obama, che cerca di procedere col suo programma ideologico, ignorando sia il pubblico americano che la situazione della politica internazionale, e scambiando così regolarmente le proprie illusioni per la realtà. E' accaduto, provocando gravi danni, con l'approccio alla pace fra Israele e palestinesi, con il tentativo di far la pace con l'Iran nonostante i massacri e le minacce atomiche, con la recentissima  riapertura delle relazioni diplomatiche con la Siria, la quale subito dopo la nomina del nuovo ambasciatore ha fatto marameo al Segretario di Stato Clinton che le chiedeva di allentare i rapporti con l'Iran ("forse c'è stata una cattiva traduzione, o forse io non capisco tanto bene il senso delle sue parole", ha motteggiato Assad). E' avvenuto con la riforma sanitaria, punita dagli elettori con tre consecutive sconfitte elettorali.
E avverrà ancora, io temo, perché "Deus amentat quos perdere vult", il Cielo toglie il senno a chi vuol rovinare, e questo visibilmente è avvenuto col bel giovane narcisista che governa alla Casa Bianca, ostinatamente convinto di un solo principio, il primato di se stesso, cioè che il suo fascino personale non può non far prevalere la sua volontà con chiunque gli capiti di badare (to engage).
Per fortuna però c'è l'America, cioè gli americani, che sono molto migliori dei loro politici attuali e comunque del tutto indifferenti al loro "primato". Guardate quel che pensano del Medio Oriente. E' appena uscito un sondaggio Gallup su questo tema (http://www.gallup.com/poll/126155/Support-Israel-Near-Record-High.aspx) . Nonostante tutta l'antipatia che su Israele scaricano la stampa, l'amministrazione americana, e perfino le associazioni ebraiche di sinistra come "J Street", il parere positivo degli americani su Israele è arrivato quest'anno al '63%, vicinissimo al massimo storico del 64% nel '91 (il minimo è stato del 37% nell'88 e del 38% nell'98). Negli ultimi anni il giudizio non ha fatto che crescere: dal 48% del 2003 al 52% del 2005 al 58% del 2006 al 59% dell'anno scorso – senza che questa tendenza fosse influenzata dalla politica americana né da quella israeliana, né dalla guerra del Libano né da quella di Gaza. Israele è per gli americani il terzo paese in ordine di amicizia, dopo il Canada e la Gran Bretagna.
Correlativamente, l'appoggio ai palestinesi è sceso dal massimo storico del 20% nel 2007 al 15% di quest'anno. Israele è molto più appoggiato dai repubblicani (85%) che dai democratici (48%) anche se la maggior parte degli ebrei votano per quest'ultimo partito, il che dimostra anche di più che l'amicizia per Israele è un sentimento condiviso dall'America profonda, non esclusivamente e neppure prevalentemente dall'elettorato ebraico.
 Vale la pena di citare un ultimo dato per capire come il "primato della politica" o il fascino personale di Obama non conti poi molto. Sapete quanti americani rispondono "yes" alla domanda "will come a time when they live in pace" (sta arrivando il momento in cui Israele e palestinesi vivranno in pace)? Era il 51% nel 2003 e il 49% nel 2005 (la "bellicosa" era Bush).Poi si è scesi al 27% nel 2006, risaliti al 39% nel 2008 e con l'epoca da Nobel della pace di Obama si è scesi al 32% dell'anno scorso e al 30% di quest'anno, il minimo da quando vi sono le statistiche. Non c'è sicuramente da essere contenti del fatto che la pace oggi appare impossibile per molte ragioni, ma il realismo del giudizio popolare contrappone un elemento di verità all'ottimismo ufficiale di Obama. E gli chiede implicitamente di cambiare marcia. Per fortuna che c'è l'America.

Ugo Volli


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