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Ugo Volli
Cartoline
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Paranoia, Memoria e Sopravvivenza 27/02/2010

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

" Paranoia, Memoria  e Sopravvivenza "


Purim                            Hannukà              Pesah
 
Cari amici, domani è la festa ebraica di Purim. Non seguo naturalmente sulle cartoline gli eventi del calendario religioso, ma vale la pena di ragionarci un po', perché Purim è con Hannukkah, Pesach, il 9 di Av: una delle date del calendario ebraico dedicate all'antisemitismo, o, se volete, ai precedenti della Shoà. A Purim si racconta di un vizir persiano che ventisei secoli fa, per un rancore personale, va dall'imperatore e gli dice: «C'è un popolo separato e disperso fra i popoli di tutte le provincie del tuo regno, le cui leggi sono diverse da quelle di ogni altro popolo, e che non osserva le leggi del re; non è quindi interesse del re tollerarlo. Se il re è d'accordo, si faccia un decreto per distruggerlo e io metterò diecimila talenti d'argento nelle mani dei funzionari del re, perché siano portati nel tesoro reale».
 Naturalmente l'imperatore dice di sì, e poi il genocidio non ha luogo solo per una serie piuttosto romanzesca di combinazioni, che non stiamo a seguire qui. La storia di Pesach inizia analogamente con un faraone egiziano che mille anni prima dice: «Ecco, il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più potente di noi.  Usiamo prudenza con esso, affinché non si moltiplichi e, in caso di guerra, non si unisca ai nostri nemici per combattere contro di noi e poi andarsene dal paese», e questa prudenza è così prudente che rapidamente si passa all'uccisione di tutti i neonati maschi. Hannukka parla invece di avvenimenti del III secolo, quando i sovrani ellenisti decidono di distruggere la cultura ebraica, proibendo a pena di morte di eseguirne i riti. Il 9 di Av ricorda la doppia distruzione del Tempio di Gerusalemme, ad opera di invasori dell'Est (i babilonesi) e dell'Ovest (romani).
Si possono sollevare molte questioni su queste storie, ma io vorrei trattarle qui solo come memoria culturale e chiedermi: com'è che un popolo che è sopravvissuto così a lungo dedica tanta parte della sua identità ai tentativi di distruzione che ha superato? Che si tratti, come ha scritto qualcuno di recente, di una forma di "paranoia collettiva"? E perché tanto odio ai suoi danni? Difficile che se lo siano sognato, o l'abbiano inventato: i popoli producono di solito intorno alla loro storia leggende positive e non miti di tristezza, povertà e morte.
Una risposta a queste domande non può avere le dimensioni di una cartolina, naturalmente. Forse però l'odio deriva proprio dalla sopravvivenza "come popolo". In fondo è questo che dice il ministro all'imperatore persiano e nota il faraone: si tengono le loro leggi, non sono come gli altri, e se li lasciamo in pace, prosperano. E  la sopravvivenza ha forse a che fare proprio con la memoria storica dei genocidi. Sopravvissero perché sapevano di rischiare il genocidi, furono odiati perché sopravvivevano. Tremila anni fa come oggi.
Ventisei secoli dopo la regina Ester e meno di settant'anni dopo il genocidio europeo, c'è infatti di nuovo un ministro persiano che promette di cancellare Israele dalla mappa del Medio Oriente e di nuovo c'è della gente che dice che non bisogna essere "iranofobi" e paranoici; non solo gli Erdogan, i Chavez, i Lula, ma anche qualche intellettuale ebreo di sinistra: in questo caso la gloria dell'imprevidenza va al Prof. Haggai Ram della Ben-Gurion University  di Beer Sheva, la quale sostiene   che "the production of Iran as a radical external other in Israeli imagination is to be understood in relation to the emergence of ("Iran-like") ethnic and religious internal others that violated the Jewish state's self-image as 'the West.' " (la produzione dell'Iran come Altro esterno radicale va compresa in relazione all'emergere di altri religiosi ed etnici ('simili all'Iran') che violano l'auto-immagine dello stato ebraico come occidentale"), cioè dei sefarditi e degli haredim. ( http://www.jpost.com/Opinion/Op-EdContributors/Article.aspx?id=169540 ).
In sostanza, al di là del gergo psicanalitico di questo Ram, per lui Ahamdinedjad non sarebbe altro che la proiezione immaginaria degli ebrei religiosi e orientali... non commento perché non c'è bisogno. In tutte le narrazioni delle feste che vi ho citato, c'è una quota di ebrei che non capisce quel che succede e si schiera dalla parte degli oppressori, per venirne poi regolarmente distrutto. Anche oggi è così. Ma grazie al cielo la memoria storica è dell'altra parte, dalla parte di quegli ebrei abbastanza "paranoici" da capire quando l'impero egiziano, quello persiano, quello romano (e anche quello tedesco) stanno decidendo di eliminare il "popolo separato e disperso fra i popoli di tutte le provincie" per riuscire a scappare, a combattere, a costruire uno Stato proprio. Ed è per merito di questa "paranoia" da parte degli avi di Israele che c'è qualcuno qui a parlarne. Grazie Ester, grazie Mordechai, grazie Moshé, grazie Maccabim e grazie a tutti gli altri.

Ugo Volli


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