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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
27.02.2010 Stampa estera in Israele, adesso s'infuria, ma non spiega perchè
Battistini perde il sense of humour ed entra ufficialmente nel club dei catto-sinistri

Testata: Corriere della Sera
Data: 27 febbraio 2010
Pagina: 25
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Spot sulla disinformazione: Israele prende in giro gli inviati»

"Spot sulla disinformazione: Israele prende in giro gli inviati ", è il titolo corretto su un articolo che non lo è per niente. Forse il corrispondente Francesco Battistini si è sentito personalmente toccato dall'ironia degli spot televisivi, e invece di fare una cronaca, si è lasciato andare in una autodifesa. Ma quegli spot illustrano una situazione ben nota a chiunque si occupi di informazione. Speravamo che Battistini non si iscrivesse al club dei giornalisti stranieri che intingono i tasti del PC nel pregiudizio anti israeliano, Speranza delusa. Con questo pezzo Battistini va a braccetto con i vari Salerno, Giorgio, Ansa, e citiamo solo le fonti più note, tralasciando le truppe catto-sinistre. Peccato, il CORRIERE della SERA meritava di meglio.
Ecco il pezzo:

GERUSALEMME — Spot 1. Il corrispondente inglese sembra Mr Crocodile Hunter, vestito come (quasi) nessun corrispondente si veste. Cammina su una duna, mostra un cammello in favore d’operatore tv: «Ecco il tipico animale israeliano, usato dagl’israeliani per spostarsi nel deserto in cui vivono». Spot 2. Impossessata dalla notizia, l’anchorwoman francese descrive ansiogena «i rumori della guerra, gli spari, le esplosioni» nel cielo di Tel Aviv: peccato siano i fuochi d’artificio per la Festa dell'indipendenza. Spot 3. Con foularino d’ordinanza, l’inviata spagnola lancia un reportage da un elegante barbecue bordopiscina, dove gli ospiti gustano spiedini alla brace: «La maggior parte delle case israeliane non ha gas, né luce: si cucina all’antica, carne cotta a carbone...».

Se è vero che il bravo giornalista spiega benissimo ciò che non sa, come diceva il paradossale Kraus, per il governo israeliano siamo tutti bravissimi. Sui giornali, in tv, sul web è partita la nuova campagna del ministero dell’Informazione. Obbiettivo, difendere l’immagine del Paese all’estero, un’impresa resa ancora più complicata dal giallo di Dubai. Nel mirino, tanto per cambiare, i corrispondenti stranieri. Irrisi. Accusati d’ignoranza e dimalafede. Martellati sui peggiori luoghi comuni. «Solo satira — minimizza il ministro della destra Likud, Yuli Edelstein — perché Israele non sia rappresentato solo come il male assoluto. Esistono anche altre cose, in questo Paese. Tempo fa, ho incontrato dei deputati inglesi e ho dovuto spiegare loro che, se ho del tempo libero, di solito non porto mia moglie a combattere i palestinesi...». Tanto umorismo non è piaciuto ai 500 associati della stampa estera di Gerusalemme: «Un insulto. Uno sviluppo preoccupante. Ci troviamo a fronteggiare un’atmosfera poco amichevole, che non s’adatta a uno Stato democratico».

Gli spot sono un assaggio: s’accompagnano alla campagna lanciata per i cittadini all’estero con una serie di consigli per sostenere un’eventuale discussione con detrattori dello Stato ebraico: puntare sul «tipico calore degli israeliani» o sulle «grandiose conquiste» del sionismo... «Un insulto all’intelligenza», ha bocciato il giornale Haaretz: cose del genere, scrive Gideon Levy, si vedevano nella Romania di Ceausescu. I giornali israeliani sottolineano le omissioni che il decalogo governativo contiene: si cita Johnson, contrario all’idea d’uno Stato palestinese, ma non altri presidenti Usa come Clinton, Bush e Obama, dell’idea opposta; si descrivono gli arabi come il peggior vicino possibile, ma non una parola sul Muro o sulla cooperazione con l’Autorità palestinese... Definitivo Yariv Oppenheimer su Yedioth Ahronot: «La campagna pubblicitaria non promuove le tesi d’Israele. Promuove quelle della destra. E c’è qualcosa di fascista, in un governo che dice ai suoi cittadini che cosa pensare».

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