Lorenzo Da Ponte e la storia vera del crimine di Dubai
Lorenzo Da Ponte, il terrorista morto a Dubai
"Cinque... dieci... venti... trenta...trentasei... quarantatre.../ Ora sì ch'io son contenta: sembra fatto inver per me." L'avete riconosciuto? E' l'inizio delle "Nozze di figaro", straordinario capolavoro di Mozart. A me ora interessano però soprattutto i numeri scritti nel libretto: "Cinque... dieci... venti... trenta...trentasei... quarantatre..." Massì, ecco il segreto, la fonte principale della polizia di Dubai è Lorenzo Da Ponte, veneziano (e notoriamente mezzo ebreo). Avete notato? I terribili killer del Mossad, diligentemente indagati dai Sherlock Holmes del Golfo, erano prima cinque o sei, poi undici, poi ne hanno aggiunti altri quattro (totale quindici), adesso altri undici... Totale ventisei, come scrivono i giornali di oggi: un po' tanti per soffocare con un cuscino un palestinese solo, no? Alcuni, secondo l'Agatha Christie che scrive il copione di Dubai, vengono da Roma, Milano, Parigi; dopo il delitto se ne sono andato chi qua, chi là, due addirittura in Iran, luogo perfetto di rifugio per agenti israeliani; certi avevano telefonini austriaci e carte di credito di chissà chi.
Come mai tutto questo disordine? Potrei riferirvi l'ipotesi del "Sole", se non sbaglio, per cui "non si è trattato di un commando, ma di una comitiva": le vacanze del Mossad, con un morto così per divertirsi "per vedere l'effetto che fa"; o pensare malignamente che i geniali emiratesi abbiano pensato che fossero agenti israeliani tutti quelli che erano entrati a Dubai in quei giorni con passaporti falsi, cioè tutti gli agenti segreti e venditori clandestini che frequentano il loro bel paese, inclusa la vittima (non si sa mai).
Ma io la verità la so, sulla base della mia filosofia della storia euraraba. In realtà, sì, bisogna concederlo, erano tutti agenti del Mossad, ventisei quanti erano, anzi c'era anche un ventisettesimo, un nano così piccolo che non l'hanno visto dal gabbiotto dell'aeroporto e non gli hanno chiesto di esibire il suo passaporto falso. Ma non erano un commando omicida, erano un'armata di invasione. Cercavano di impadronirsi della sabbia di Dubai, perché le spiagge di Tel Aviv d'estate iniziano ad essere troppo affollate e c'è bisogno di aggiungere qualche metro di riva, per cui Israele ha bisogno di sabbia – e naturalmente non la compra, la ruba: agli arabi, a chi se no?. E però l'eroico palestinese Al Mabhouh si accorse di questa cattiva intenzione sulla base della sua esperienza di Gaza quando vide 27 israeliani coi secchielli e le palette, in fila nei corridoi del suo lussuoso albergo, che cantavano "Andiam/ andiam a lavorar". Allora reagì protestò, chiamò in aiuto il giudice Goldstone che di sabbia se ne intende moltissimo e fu ucciso con un colpo di rastrellino da spiaggia, che i medici dubaesi, non essendo abbastanza competenti sui crimini sionisti, non hanno saputo identificare.
Ecco la verità: i sionisti sono ladri della terra araba, che è sacro Waqf dell'Islam e solo i palestinesi si sacrificano per difenderla. Raccontatelo per favore a Eric Salerno, grande giornalista erede di Manzella ed emulato solo da De Giovannangeli, così può aggiornare il suo fondamentale libro sui peccati del Mossad. E mi raccomando, quando vi rubano la macchina, non chiamate i pompieri di Viggiù, ma la polizia di Dubai, "la più astuta/la più bella che ci sia" Vedrete che, come dice Da Ponte, i ladri saranno almeno quarantatre.
Ugo Volli