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Il Foglio Rassegna Stampa
25.02.2010 Estendere la Rivoluzione islamica a tutto il mondo.
Ecco il folle piano di Ahmadinejad. Analisi di Carlo Panella

Testata: Il Foglio
Data: 25 febbraio 2010
Pagina: 3
Autore: Carlo Panella
Titolo: «E’ l’Apocalisse il fine della rivoluzione islamica di Ahmadinejad»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 25/02/2010, a pag. 3, l'articolo di Carlo Panella dal titolo "  E’ l’Apocalisse il fine della rivoluzione islamica di Ahmadinejad".


Carlo Panella, Ahmadinejad

Mahmoud Ahmadinejad ha fatto un salto nella sua linea di comunicazione, terreno in cui eccelle presso la platea islamica. Con un discorso tenuto nella provincia di Khorasan ha spiegato che lo scopo strategico della Repubblica islamica iraniana non è soltanto quello di rafforzare il proprio ruolo di potenza regionale, ma quello di “esportare la rivoluzione islamica”. Ha poi dato a questa strategia un risvolto messianico, legando indissolubilmente il successo di questo obbiettivo al ritorno sulla terra del dodicesimo imam, segno inequivocabile della fine del tempo, dell’Apocalisse: “La Rivoluzione islamica ha come obiettivo finale la rivoluzione globale, è nei fatti solo una parte di una rivoluzione universale che preparerà la strada al ritorno del dodicesimo imam, il Mahdi”. Ahmadinejad ha poi accusato “le potenze arroganti di cercare di penetrare le menti della gente per distrarle dalla questione della riapparizione dell’Imam dei Tempi”, sostenendo che furono gli Stati Uniti a organizzare l’attentato dell’11 settembre 2001 per questo fine. All’orecchio degli occidentali queste sono farneticazioni apocalittiche, ma nella tradizione politica islamica hanno un significato chiaro ed evocano episodi rilevanti: la grande rivolta sudanese che inflisse tra il 1880 e il 1885 sonore sconfitte alla Gran Bretagna in Sudan, con la conquista di Khartoum e l’uccisione del generale Gordon e di gran parte del corpo di spedizione inglese, era capeggiata appunto da Abdallah ibn Fahl, proclamatosi Mahdi. Mahdi si proclamò Juhaiman al Uteybi che il 20 novembre del 1979 riuscì a occupare la grande moschea della Mecca con alcune decine di fedeli e fu sconfitto dalle forze di sicurezza saudite solo dopo una durissima battaglia. La Costituzione iraniana voluta da Khomeini pone la “Fede nell’ultimo giorno, l’Apocalisse” al primo posto tra le sue fondamentali ragioni d’essere. La decisione di Ahmadinejad di portare in chiaro questa prospettiva messianica del khomeinismo, il suo evocare il nesso inscindibile tra esportazione della rivoluzione islamica e ricomparsa del dodicesimo imam risalta nel discorso politico quotidiano. Ahmadinejad non è un teorico, ma ha straordinarie capacità oratorie. Sa rendere comprensibile quanto era sotteso, o comunicato in termini astratti dagli ayatollah. Si guardi allo straordinario successo che purtroppo ha avuto la sua consegna di “eliminare Israele”, collegata alla denuncia della “truffa di una Shoah mai avvenuta” e si può misurare la distanza tra slogan che lo stesso Khomeini aveva sempre avanzato, senza grande riscontro, e la straordinaria presa di oggi. Preoccupante è soprattutto il fatto che la decisione di Ahmadinejad di aprire una stagione di retorica messianica e apocalittica è connessa alla fase di rottura della troppo lunga sequela di trattative con l’Onu sul nucleare e agli allarmi che finalmente la stessa Aiea ha lanciato sulla bomba atomica. Preoccupante soprattutto perché Ahmadinejad offre alla sua base sociale in Iran una linea di continuità con la leadership più aggressiva dell’ayatollah Khomeini. Tutte le leve del potere in Iran sono oggi nella disponibilità dell’alleanza tra pasdaran e ayatollah oltranzisti che dal 1982 sino al 1988 tentarono di esportare la rivoluzione in Iraq con le armi, a costo del dissanguamento del paese. Portavoce di quei pasdaran oggi è Ahmadinejad e leader indiscusso di quei religiosi è l’ayatollah Khamenei, che possono essere accusati di tutto, tranne di non parlare chiaro.

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