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Il Foglio - Il Giornale - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
25.02.2010 Altri sospettati fra gli assassini del killer di Hamas
Tramballi e Repubblica pronti a condannare il Mossad. Cronache e analisi di R. A. Segre e redazione del Foglio

Testata:Il Foglio - Il Giornale - Il Sole 24 Ore
Autore: La redazione del Foglio - R. A. Segre - Ugo Tramballi
Titolo: «Chi è la talpa di Hamas che ha fatto la soffiata ai killer di Dubai? - Nel Mossad il figlio del capo di Hamas - Altri 15 sospetti per l'omicidio di Dubai»

Massav Hasan Yusef (foto a destra) per 10 anni nei servizi segreti israeliani. La sua storia smentisce l'analisi di Ugo Tramballi. Il SOLE 24 ORE dovrebbe chiedersi se le sue analisi di politica estera sono ben rappresentate dagli articoli di Tramballi.

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 25/02/2010, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Chi è la talpa di Hamas che ha fatto la soffiata ai killer di Dubai? ". Dal GIORNALE, a pag. 17, l'articolo di R. A. Segre dal titolo " Nel Mossad il figlio del capo di Hamas ". Dal SOLE 24 ORE, a pag. 12, l'articolo di Ugo Tramballi dal titolo " Altri 15 sospetti per l'omicidio di Dubai " preceduto dal nostro commento. REPUBBLICA dedica alla notizia l'articolo di Alberto Stabile (che non riportiamo) dal titolo " Caso Dubai. I killer del Mossad erano 26". Titolo scorretto, dal momento che non ci sono prove a carico del Mossad, ma solo illazioni e sospetti. Se Repubblica è a conoscenza di elementi ignoti al resto del mondo, li comunichi alla polizia di Dubai che sta indagando sul caso (con scarsi risultati), invece di scrivere titoli sensazionalistici. Ecco i pezzi: 

Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - " Chi è la talpa di Hamas che ha fatto la soffiata ai killer di Dubai? "

Roma. La storia della squadra di killer che elimina un capo di Hamas nella sua camera d’albergo a Dubai, il 20 gennaio scorso, ha imboccato due direzioni. Una è quella dello scontro tra diplomazie d’Europa e Israele sotto la luce del sole: ambasciatori convocati, insinuazioni e colpi di gomito per arrivare a dire che i servizi segreti di Gerusalemme hanno violato un codice non scritto, hanno usato passaporti con vere identità di insospettabili cittadini europei – hanno anche usato come scali Roma e Parigi – e questo crea frizioni intollerabili tra paesi alleati. Per ora Gerusalemme, com’è nel suo stile, non ha confermato né smentito eventuali responsabilità. E chi parla taglia corto. Tzipi Livni, capo dell’opposizione e di Kadima, ha detto che “in ogni caso si tratta di un terrorista in meno e non importa se è stato ucciso a Gaza o a Dubai”. Il ministro Yuli Edelstein ha detto che “anche se saltasse fuori che il peggior servizio segreto del peggior paese del mondo è riuscito a beccare quel tizio, non lo definirei un delitto. Stiamo parlando di uno stragista appartenente a un’organizzazione di assassini, non c’è da commuoversi troppo”. L’altra direzione imboccata è in ombra, ma è più interessante. L’uccisione di Mahmoud al Mahbouh è stata facilitata da una soffiata arrivata dall’interno di Hamas. Il leader viveva da almeno dieci anni protetto a Damasco, sapeva di essere sulla lista nera dei bersagli e non usciva quasi mai dalla capitale siriana, e quando era costretto a farlo si muoveva con comprensibile circospezione. Considerata la delicatezza delle sue missioni, si confidava soltanto con i dirigenti più alti in grado: al Mahbouh si occupava del traffico d’armi verso Gaza ed era agente di collegamento con l’Iran, e dopo Dubai la tappa successiva sarebbe stata il Sudan, dove l’anno scorso un convoglio di camion carico di armi per Hamas è stato incenerito dai caccia israeliani. Qualcuno di alto livello ha informato i suoi killer e ora dentro il gruppo è cominciata la caccia alla talpa. Hamas ovviamente nega. Svela che il capo ha commesso errori elementari: ha prenotato il volo su Internet e prima di partire avrebbe telefonato alla famiglia, a Gaza, per avvertirla. Ma la famiglia ha negato. Il capo della polizia di Dubai, il generale Dhani Khalfan Tamim, due giorni fa ha chiesto al portavoce e capo di Hamas, Mahmoud al Zahar, di lanciare un’inchiesta interna sull’operazione di Dubai. Tamim sostiene che un alto grado e socio di al Mahbouh ha fatto la soffiata che ha portato alla sua uccisione, e ha aggiunto: “E’ lui il vero assassino”. Il generale arabo sta conducendo di persona l’indagine della vita e ha già identificato 26 agenti coinvolti nell’assassinio mirato a Dubai. La cellula segreta presa in Giordania Samir Awad, professore di Scienze politiche all’Università di Birzeit, vicino Ramallah, dice: “S’è aperta una falla enorme nella sicurezza interna di Hamas, che fino a oggi era l’orgoglio dell’organizzazione. Dimostra che l’intelligence israeliana è riuscita a penetrare il cerchio più esclusivo del gruppo”. “Ci avevano sempre tentato, ma era quasi impossibile. La leadership di Hamas è formata da fanatici, compatti ideologicamente e incorruttibili. E’ per questo che fino a oggi non sono ancora riusciti a localizzare dove è tenuto prigioniero il soldato Gilad Shalit, a Gaza”. C’è pure un altro colpo alla credibilità di Hamas. Ieri Haaretz ha annunciato uno scoop: il figlio di uno dei fondatori di Hamas, lo sceicco Hassan Yousef, ha lavorato dieci anni per lo Shin Bet, l’intelligence israeliana. Nome in codice “Green Prince”, il principe verde, perché era figlio di un leader e per il colore della bandiera di Hamas. Grazie a lui sono stati bloccati attentatori suicidi e sono stati presi almeno tre leader di spicco del gruppo. Il principe verde oggi si è convertito, è diventato cristiano e vive in California. Due palestinesi sono stati arrestati in Giordania ed estradati a Dubai con l’accusa di aver fatto da basisti alla squadra di sicari. Avrebbero provveduto ai veicoli e avrebbero prenotato gli alberghi. Entrambi sono ex affiliati a Fatah e avrebbero anche fatto parte di una cellula segreta che si occupava di eliminare gli oppositori dell’Autorità palestinese. Ma il generale e portavoce militare dell’Anp, Adnan al Dameeri, rigetta le accuse su Hamas: “Dovrebbero chiedersi perché tutti i loro capi stanno morendo. Hanno indagato? E a quali risultati sono arrivati?”. Per ora, ed è un fatto insolito, tutti i portavoce di Hamas rifiutano di commentare il caso di Dubai. Silenzio stampa, come se fosse in atto una tormentata revisione interna.

Il GIORNALE - R. A. Segre : " Nel Mossad il figlio del capo di Hamas "


R. A. Segre

Come hanno fatto i servizi israeliani a eliminare, senza farsi prendere, a Dubai - ammesso che siano stati loro -, Mahmud al-Mahbhou, il principale fornitore di armi iraniane a Hamas? Non sono certo una razza speciale di 007 e gli errori commessi in passato lo confermano. Basta pensare all'uccisione, nel 1973, a Lillehamer, in Norvegia, di un cameriere marocchino scambiato per Ali Hassan Salame, uno degli organizzatori della strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco nel 1972. Oppure il fallito attentato ad Amman contro Khaled Mashaal, capo di Hamas, che obbligò il governo di Gerusalemme a rilasciare il fondatore e guida spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, per liberare gli agenti israeliani arrestati dalla polizia giordana.
D'altra parte, nonostante lo sviluppo delle tecnologie per la raccolta di informazioni in campo nemico sia ormai diventato un elemento indispensabile per l'intelligence di ogni Paese (in Israele l'unità nota con la sigla 8200 si è mostrata molto efficace), la guerra in Irak e in Afghanistan ha messo in evidenza a spese degli americani come non si possa fare a meno degli agenti segreti. L'abilità dei servizi israeliani consiste nel saperne reclutare anche all'interno dei più ostili schieramenti nemici.

Un anno e mezzo fa, raccontavamo su queste pagine la storia di un leader degli Hezbollah che si era convertito all'ebraismo dopo aver per anni collaborato coi servizi israeliani nel Libano. Nell'intervista che ci aveva concesso, aveva spiegato come fosse arrivato alla convinzione che vivere in pace con Israele e, se necessario, aiutarlo a difendersi, fosse un dovere per un buon musulmano. Sembrava un caso unico nel suo genere. Invece mercoledì la prima pagina del quotidiano israeliano Haaretz è stata dedicata all'intervista di un suo giornalista con Massav Hasan Yusef, figlio di uno dei fondatori e leader di Hamas, lo sceicco Hasan Yusef.

Noto ai servizi col nome di «Principe verde», per anni è stato il miglior agente israeliano in Palestina. L'uomo-ombra a cui - secondo quanto scriveva ieri il quotidiano di Tel Aviv - moltissimi israeliani debbono, senza saperlo, la loro vita.

Questo agente ha permesso a Israele, con grande rischio personale, di prevenire l'arrivo di nuovi candidati suicidi, procurando informazioni su chi forniva loro le cinture esplosive e in seguito (in collaborazione con al-Fatah) ha contribuito a distruggere l'organizzazione di Hamas in Cisgiordania.

Venerdì il giornale pubblicherà l'intero testo dell'intervista, superando l'ostacolo della censura militare, che certo avrebbe preferito che questo agente restasse incognito. Ma i servizi hanno dato il loro accordo alla pubblicazione, perché il «Principe verde» ha deciso di pubblicare in America la sua storia. Hanno capito, anche sulla base di precedenti esperienze, che il tentativo di bloccare la pubblicazione avrebbe solo aumentato la popolarità dell'autore. Hanno cosi preferito ricordare pubblicamente i suoi meriti e sottolineare il fatto che Massav Hasan Yusef ha agito per convinzione, dopo essersi convertito al cristianesimo. Una prova che il radicalismo terrorista islamico non è un fronte monolitico. Legato a una ideologia di morte che non è mai stata parte della fede islamica, una volta arrivato al potere come a Gaza sopravvive grazie alla paura che incute alle masse.

Il caso del «Principe verde» non è comunque un caso isolato, anche se straordinario.

Una delle ricadute meno note del conflitto arabo-israeliano è il numero di palestinesi che discretamente si converte all'ebraismo o al cristianesimo e che, meno discretamente, fa la fila davanti agli uffici del ministero dell'Interno a Gerusalemme Est per ottenere la cittadinanza israeliana. I vantaggi economici e sociali sono evidenti. Ma il fatto che il numero delle domande abbia superato quota dodicimila la dice lunga su quello che molti palestinesi pensano, contrariamente a quanto afferma l'opinione pubblica araba e palestinese.

Il SOLE 24 ORE - Ugo Tramballi : " Altri 15 sospetti per l'omicidio di Dubai "

Ugo Tramballi è convinto che ci sia il Mossad dietro la morte del terrorista di Hamas a Dubai e, per dimostrarlo, scrive : " un'operazione così pletorica con così tanti agenti ormai bruciati (la polizia di Dubai ha anche rintracciato 13 carte di credito) testimonia un'insospettabile inefficienza.
La storia del Mossad è invece fatta anche di fallimenti monumentali e di grandi imbarazzi per tutti. ". Sull'inefficienza del Mossad, facciamo notare a Ugo Tramballi che essa esiste solo nella sua immaginazione. E' stato il Mossad a riacciuffare tutti gli assassini degli atleti israeliani delle olimpiadi di Monaco, sempre il Mossad è riuscito a catturare numerosi criminali nazisti e ad assicurare che subissero un regolare processo. I servizi segreti israeliani sono universalmente riconosciuti come i più efficienti al mondo. Difficile da ammettere per Tramballi, odiatore di tutto ciò che è Israele.
A suffragio delle sue tesi traballanti, cita il libro di un altro professionista dell'odio contro Israele, Eric Salerno, il quale ha appena scritto un'opera sul Mossad. Un po' autoreferenziale come scelta...
In ogni caso, caotica o no, la missione è compiuta. Il terrorista è morto. E, come ha commentato Tzipi Livni, " questa è una buona notizia ". Del resto c' importa poco. Ecco l'articolo:


Ugo Tramballi

«Credevi di sapere tutto? Solo Dio sa tutto e lavora per il Mossad », dice John Le Carré nel "Giardiniere tenace". Questa è la realtà del romanzo: l'altra, quella vera, è più banale. Con nomi, cognomi, nazionalità, foto e carte di credito, la polizia di Dubai (in fondo non l'Intelligence Service) ha scoperto altri 15 probabili agenti israeliani. Quello che ha pianificato ed eseguito l'esecuzione di Mahmud al-Mabhouh non era un commando ma una comitiva. I primi presunti agenti israeliani erano già 11, con passaporti falsi inglesi, irlandesi, francesi e tedeschi. Al gruppo si sono aggiunti altri sei inglesi, tre irlandesi, tre francesi e tre australiani. Di tutti, dice la polizia dell'emirato del Golfo, «i passaporti erano stati rilasciati in modo illegale e fraudolento». Nessuno dei nomi indicati nei documenti corrisponde ai volti ritratti nelle foto. Il comportamento «profondamente antipatico » di usare passaporti di paesi amici, già manifestato qualche giorno fa dai ministri degli Esteri Ue, ora ha ancora più ragione di essere denunciato.
Gli israeliani continuano a negare ogni coinvolgimento. «Un terrorista morto è una buona notizia », si è limitata a commentare Tzipi Livni,leader dell'opposizione.
Ma non è questo il punto della vicenda. Nella logica degli stati, dell'"interesse nazionale", l'eliminazione dell'uomo di Hamas poteva anche giustificare l'imbarazzo degli amici. Al-Mabhouh si occupava di "acquisizioni": comprava al mercato nero internazionale le armi per rinforzare l'arsenale del movimento islamico a Gaza. Ma l'imbarazzo rischia di trasformarsi in qualcosa di politicamente più consistente.E in ogni caso un'operazione così pletorica con così tanti agenti ormai bruciati (la polizia di Dubai ha anche rintracciato 13 carte di credito) testimonia un'insospettabile inefficienza.
La storia del Mossad è invece fatta anche di fallimenti monumentali e di grandi imbarazzi per tutti. In alcuni casi gli amici sono stati involontariamente coinvolti con morti e feriti, non solo con passaporti falsi. In questi giorni esce nelle librerie italiane "Mossad base Italia" di Eric Salerno. L'autore racconta le operazioni compiute nel nostro paese dai servizi israeliani: dal trasferimento clandestino dei profughi ebrei verso la Palestina alla fine degli anni 40; ai sabotaggi nei nostri porti delle navi che trasportavano armamenti per i paesi arabi; alle vendette di "Munich"; alla sorda lotta con gli agenti palestinesi dell'Olp; ai legami oscuri e inquietanti del terrorismo rosso e nero con il Mossad. «Per anni- scrive Salerno- i servizi segreti e i nostri governanti, per salvaguardare la penisola (ma anche per badare ai propri interessi economici) sono rimasti in equilibrio fra arabi e israeliani ». Ma non sempre: l'equidistanza non è riuscita a impedire che in Italia venissero eseguite alcune delle più sanguinose operazioni all'estero del terrorismo palestinese e del controterrorismo israeliano.
Finora la polizia di Dubai è riuscita a fermare solo due palestinesi, sospettati di aver fatto da quinta colonna agli israeliani. Tutti i presunti 26 agenti israeliani sono invece riusciti a fuggire: due hanno lasciato Dubai in nave, diretti in Iran. Il capo della polizia dell'emirato è convinto che, senza qualche gola profonda dentro Hamas, la pur caotica missione del Mossad non avrebbe raggiunto il suo obiettivo. Anche il movimento islamico a Gaza sta indagando. La verità circostanziata si saprà solo quando un ex agente bisognoso di denaro scriverà le sue memorie.Non c'è servizio segreto che si possa difendere da questa debolezza umana.

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