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La Stampa Rassegna Stampa
18.02.2010 Obama corteggia la Siria per isolare Ahmadinejad
Speriamo che funzioni. Cronaca e intervista a Joshua Landis di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 18 febbraio 2010
Pagina: 11
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Obama corteggia la Siria per isolare Ahmadinejad - Washington può giocare sull’abolizione delle sanzioni»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 18/02/2010, a pag. 11, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Obama corteggia la Siria per isolare Ahmadinejad " e la sua intervista a Joshua Landis dal titolo " Washington può giocare sull’abolizione delle sanzioni ". Ecco i pezzi:

" Obama corteggia la Siria per isolare Ahmadinejad "


Bashar al Assad

Barack Obama tende la mano a Bashar Assad puntando a scongelare i rapporti bilaterali per accrescere l’isolamento regionale dell’Iran. La Casa Bianca ha compiuto due mosse in rapida successione: ha formalizzato la nomina di Robert Ford, attuale numero due a Baghdad, a nuovo ambasciatore in Siria dove la sede era vacante da cinque anni, e ha fatto arrivare a Damasco il sottosegretario di Stato William Burns per un lungo colloquio con il presidente Assad.
E’ stato proprio Burns, al termine dell’incontro, a spiegare la svolta compiuta da Washington. «Sono qui per testimoniare l’interesse del presidente Obama a costruire migliori relazioni con la Siria sulla base dei comuni interessi e del mutuo rispetto» ha detto Burns, ripetendo la formula con la quale Obama tende la mano agli avversari strategici. D’altra parte nominando Ford la Casa Bianca aveva espresso l’intenzione di «dialogare con il governo siriano su come rafforzare le nostre relazioni affrontando le questioni di comune preoccupazione». Ciò non significa che le differenze siano superate perché Washington continua a premere su Damasco affinché ponga fine al sostegno agli Hezbollah libanesi, ai palestinesi di Hamas e ai baathisti iracheni.
«Con Assad ho parlato con franchezza delle questioni che ci dividono ma anche dei terreni sui quali possiamo costruire assieme» ha aggiunto Burns con un implicito accenno al nodo del nucleare iraniano, che in questo momento è in cima alle priorità dell’amministrazione Obama oltre ad essere il dossier di cui lo stesso Burns è titolare avendo a più riprese incontrato gli inviati di Teheran. «Non è un caso che Burns è andato a Damasco subito dopo il viaggio di Hillary in Arabia Saudita» osserva una fonte diplomatica a Washington, secondo cui il Dipartimento di Stato sta tentando di «isolare Teheran dai Paesi circostanti» agendo su più fronti.
A confermare la direzione di marcia di Washington c’è il fatto che Burns nel colloquio con Assad era affiancato da Dan Benjamin, coordinatore del Dipartimento di Stato per l’antiterrorismo, che resterà a Damasco un giorno in più per «colloqui sui temi della sicurezza». Sarebbe stato proprio l’esito positivo di due colloqui avuti di recente a Damasco da delegazioni Usa sull’antiterrorismo a convincere la Casa Bianca della presenza delle condizioni per accelerare la collaborazione con la Siria. A premere in questa direzione era stato John Kerry, presidente della commissione Esteri del Senato. E in vista dell’invio dell’ambasciatore Washington aveva abbassato il profilo delle critiche a Damasco sul rispetto dei diritti umani come anche delle accuse per l’assassinio dell’ex premier libanese Rafik Hariri.
La scelta di Obama di rafforzare i rapporti con la Siria nell’incombere della crisi con l’Iran sul nucleare ricorda da vicino da scelta che fece George Bush padre nel 1990, quando a Damasco governava Assad padre e la necessità di Washington era slegare la Siria dall’Iraq di Saddam che aveva invaso il Kuwait. Allora Bush padre aveva come consigliere per la sicurezza Brent Scowcroft, che oggi è uno dei consulenti di Obama sul Medio Oriente, e in comune le due situazioni hanno il ripetersi dell’esigenza strategica di scongiurare il rischio che Damasco apra un fronte contro Israele se dovesse precipitare la situazione nel Golfo Persico.

" Washington può giocare sull’abolizione delle sanzioni "


Joshua Landis

Obama vuol coinvolgere la Siria nella coalizione contro l’Iran». Così Joshua Landis, direttore degli Studi mediorientali all’Università dell’Oklahoma e autore della newsletter «Syria Comment», spiega l’invio del ambasciatore a Damasco.
Qual è la missione di Ford?
«Dovrà riuscire allentare il rapporto di alleanza strategica fra la Siria e l’Iran».
Quale strumenti ha per farlo?
«Le sanzioni economiche Usa contro la Siria. Le varò Bush e Obama le ha confermate, ma potrebbe modificarLe in cambio di uno sganciamento di Damasco da Teheran».
È un’alleanza che dura da 30 anni, è ragionevole pensare che possa finire?
«Non finirà ma potrebbe essere rivista, Damasco potrebbe decidere di limitare la collaborazione con l’Iran».
C’è solo il caso-Iran dietro il ritorno dell’ambasciatore Usa in Siria?
«No. C’è il fatto che la Siria ha aiutato il governo libanese a stabilizzarsi, ha ripreso gli scambi di intelligence con gli Usa sull’Iraq e preme per il negoziato di pace con Israele. C’è un’apertura sulla quale Obama sente di poter investire».
Cosa vorrebbe ottenere Damasco dagli Stati Uniti?
«Pressioni su Israele per avere in fretta la restituzione delle alture del Golan ma ciò non avverrà, non è una carta che Ford può giocare. Nelle sue mani ha il bastone delle sanzioni, che dovrà tentare di adoperare come fosse una carota».

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