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Il Foglio Rassegna Stampa
18.02.2010 Tutto quello che dobbiamo sapere sul Mossad
Giulio Meotti a colloquio con Benny Morris

Testata: Il Foglio
Data: 18 febbraio 2010
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «La lista del generale Dagan»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 18/02/2010, a pag. 1-III, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " La lista del generale Dagan ".


Meir Dagan, Giulio Meotti, Benny Morris

Roma. La sua prima medaglia Meir Dagan l’ha conquistata togliendo una granata appena innescata dalle mani di un terrorista arabo. Si dice che all’ex generale ora a capo del servizio segreto israeliano piacciano tre cose: la pittura, la cucina italiana e “i capi terroristi morti”. A Dubai sono stati appena emessi i mandati di cattura per Gail Folliard e Kevin Daveron, “irlandesi”; Michael Bodhenheimer, “tedesco”; Peter Elvinger, “francese”. Sono alcuni dei membri del commando che ha assassinato, il 20 gennaio scorso in un hotel di Dubai, Mahmoud al Mabhouh, alto esponente di Hamas legato al traffico d’armi. Un “lavoro” attribuito al Mossad israeliano, anche se non ci sono prove e Gerusalemme nega, come è da sua storica e naturale prassi politica. E’ lunga “la lista” di Dagan, a cominciare da Ahmed Yassin e Abdel Rantisi, i due storici capi di Hamas saltati in aria nei Territori palestinesi. Dagan ha fondato la politica d’Israele di assassinio mirato dei capi terroristi. Un anno fa a Teheran sono apparsi manifesti che chiedevano la testa di Dagan, del generale Amos Yadlin e del ministro Ehud Barak. E’ la “taglia di Golia”. Quando nel 2002 Dagan, ribattezzato “l’angelo della distruzione”, fu nominato capo del Mossad, da Washington alle capitali islamiche tutti sospettarono che fosse in arrivo una rivoluzione. Più azione e meno analisi. “Meno carte e più fatti”, fu la parola d’ordine di Dagan. Se il predecessore di Dagan, il diplomatico Ephraim Halevy, aveva modi cortesi, l’attuale capo del Mossad è brusco. Il primo ministro che lo ha scelto, Ariel Sharon, intendeva rinverdire i fasti del servizio segreto israeliano. Riportare il Mossad ai tempi di Monaco ’72, quando il servizio segreto israeliano uccise i responsabili del massacro degli atleti ebrei. L’intellettuale inglese Halevy aveva fatto del Mossad una centrale di tecnologia e di intelligence. Dagan gli ha rimesso “il coltello tra i denti”, per usare le parole di Sharon. D’altronde, ripete Dagan, per mano dei terroristi sono morti più civili israeliani negli ultimi dieci anni che nel resto della storia d’Israele. “L’obiettivo è la sopravvivenza d’Israele” “Dagan è un uomo di operazione, di fatti, un uomo brutale nel senso più vero del termine, senza regole, un israeliano autentico”, ci dice lo storico Benny Morris, autore di “Mossad” (Rizzoli), la prima storia dei servizi segreti israeliani. “Negli anni Settanta Sharon lo nominò a capo delle operazioni a Gaza e la regione è rimasta ‘pulita’ per un decennio. A Dagan non interessano i costi delle operazioni, il fine è la sopravvivenza di Israele e questa viene prima di tutto. E il suo obiettivo oggi è l’Iran”. A Gaza, Dagan aveva in mano un elenco di ricercati e ne spuntava di volta in volta i nomi quando venivano catturati o uccisi. Chi era un semplice “ricercato” era scritto in nero, i “ricercati pericolosi” in rosso. Dal luglio al dicembre del 1971, 750 terroristi furono uccisi o catturati. Ziad Husseini, comandante dell’Olp, si uccise piuttosto che finire nelle mani di Dagan. In almeno due casi i suoi agenti sono andati in Libano a regolare i conti con un paio di artificieri di Hezbollah, che Dagan considera né più né meno come una emanazione di Teheran sul Mediterraneo. L’ex generale dell’esercito israeliano Meir Dagan si è fatto le ossa comandando la piccola unità di commando nota come “Rimon” (in ebraico melograno), incaricata di eliminare i terroristi arabi. Quando il più diplomatico Ephraim Halevy ha lasciato la guida del Mossad, il premier Ariel Sharon, preoccupato dall’Intifada dei kamikaze e dalla sfida iraniana, ha dato mandato a Dagan di ridare forza a un’organizzazione che, rispetto al passato, aveva perso smalto, diventando troppo burocratica rispetto ai suoi scopi. Si trattava di formare agenti, per dirla con Dagan, “di tale potenza da far maledire ai nemici il giorno in cui sono nati”. Sotto la precedente gestione di Halevy – più diplomatico che spia –, il Mossad era diventato tutto analisi, burocrazia e tecnologia perdendo, secondo i suoi critici, la capacità di colpire a lungo raggio. Nipote di un fondatore dell’orchestra filarmonica israeliana, Meir Dagan è odiatissimo dall’intellighenzia israeliana di sinistra che lo ha sempre osteggiato. Ieri il quotidiano Haaretz ne ha chiesto le dimissioni sul caso di Dubai. Ilana Dayan, noto volto del giornalismo israeliano, lo ha definito “assassino di arabi”. Decine di dipendenti del Mossad hanno rassegnato le dimissioni dopo la nomina di Dagan. La cui brutalità si dice che inizi proprio con i sottoposti. Sono celebri i suoi raid nelle sedi del Mossad. “Cosa hai fatto per me di recente?”, urla Dagan agli ufficiali. Quando nel 1997 Meir Dagan emerse come uno dei possibili capi del Mossad, il Sunday Times lo chiamò senza tanti giri di parole “il cacciatore di arabi”. A Gaza e in Libano, Dagan ha comandato trenta soldati israeliani, spesso travestiti da arabi, che avevano il compito di assassinare terroristi islamici nei campi profughi. Dagan aveva contribuito alla nascita, molti anni prima, del reparto “Ciliegia”. Si tratta dei militari che si travestono da arabi e che sono in grado di operare in profondità nei villaggi di Gaza e Cisgiordania. Esercito, polizia e servizi di sicurezza hanno oggi i loro team formati da agenti “arabi”. Nome in codice dell’operazione di Dagan, “Sansone”. Dagan arruolò chiunque parlasse arabo e smascherò le tecniche usate dai feddayin, come il fatto di indossare le scarpe al contrario per camuffare l’ingresso in Israele o portare un compagno sulle spalle per ingannare sul numero di terroristi penetrati. Quando Dagan fu nominato consulente di Benjamin Netanyahu per l’antiterrorismo, un ufficiale del Mossad disse al Times che “la combinazione Bibi-Dagan porterebbe Israele alla catastrofe”. Tredici anni dopo i due sono di nuovo assieme. Si sono conosciuti combattendo nelle forze d’élite Sayeret Matkal, le migliori al mondo, specializzate nelle operazioni a rischio. Nato Meir Huberman nel 1945 da ebrei fuggiti in Unione Sovietica per salvarsi dai plotoni d’esecuzione delle Einsatzgruppen naziste, Meir Dagan ha avuto un’esistenza da nomade apolide per cinque anni, fino a che nel 1950 sbarcò in Israele. Era dai tempi del sequestro e del processo al gerarca nazista Adolf Eichmann che un capo del Mossad non restava così tanto al potere. Più di Dagan, è rimasto a capo del servizio segreto soltanto Isser Harel “il piccolo”, scomparso nel 2005, anche lui nato in Unione Sovietica come Dagan. A detta del popolare giornalista Emanuel Rosen di Channel Two, Dagan è l’uomo giusto per distruggere le strutture jihadiste perché “taglierebbe con le sue mani le gole dei terroristi, anche con un apriscatole”. Uno dei colpi più eclatanti della sua gestione è stato l’omicidio dell’imprendibile leader di Hezbollah Imad Mughniyeh, saltato in aria a Damasco. Quel Mughniyeh anche noto come “lo Sciacallo sciita” e su cui l’Fbi aveva messo una taglia di cinque milioni di dollari. Mughniyeh ha guidato i miliziani sciiti nella guerra contro Israele del 2006 perché conosceva in modo dettagliato il territorio, essendo nato nella città di Sidone. E’ l’uomo che ha ucciso più americani prima dell’11 settembre e per questo era chiamato da alcuni specialisti israeliani “il Bin Laden sciita”. Tanto per dirne una, Mughniyeh aveva compiuto nell’aprile 1983 un attentato contro l’ambasciata americana in Libano, uccidendo 63 americani. Poi ha fatto esplodere la sede dei Marines di Beirut, uccidendo 241 americani, e infine ha colpito il campo militare dei soldati francesi nella Bekaa uccidendo 58 cittadini del paese europeo. Nel bilancio di Dagan c’è anche il bombardamento di un sospetto sito nucleare in Siria. In cima alla sua lista oggi c’è il professor Ramadan Shalla, più noto come il segretario della Jihad Islamica, che si guarda bene dal lasciare Damasco perché sa che Dagan non dimentica le centinaia di ebrei fatti saltare in aria dai kamikaze della Jihad. Il generale Dagan è uno dei pochi personaggi in Israele su cui veglia una sorta di intangibilità, così che molte attività del suo passato sono ancora protette dal segreto e dalla censura. Il suo nome non compare affatto nella storia del Mossad redatta da Morris. Quel che si sa per certo è che quando fu scelto, nell’autunno del 2002, Dagan riattivò una squadra segreta, nome in codice “Cesarea”, per colpire comandanti e finanziatori dei gruppi terroristici all’estero. Una squadra che cinque anni prima aveva fallito nell’assassinio del leader di Hamas, Khaled Meshaal. Il gruppo era nato originariamente per dare la caccia ai criminali nazisti ed è formato dalla “élite dell’élite” dell’esercito israeliano. Lo scorso dicembre anche Newsweek ha dedicato a Dagan un lungo ritratto, dal titolo “Il peggior nemico dell’Iran”. C’è chi lo accusa di essere ossessionato dal regime iraniano. Dagan risponde sempre che “la lista deve essere breve”. Ovvero l’Iran e i suoi satelliti, Hamas e Hezbollah. Così Dagan ha intensificato il reclutamento di giovani nei paesi islamici per poterli meglio infiltrare e ha creato quattro sotto-divisioni con l’obiettivo di incrementare le “operazioni sporche”. I sospetti vanno sul nome dell’ingegnere Ali Mahmoudi Mimand, il padre del programma missilistico iraniano ucciso qualche anno fa. O come l’altra vittima illustre, spedita all’altro mondo nel febbraio 2007 da una fuga di gas radioattivo, il professor Ardenshir Hassenpour, un cervello della fisica iraniana catalogato dall’intelligence occidentale come il massimo esperto di Teheran nel settore della ricerca militare. Facevano parte del cosiddetto “programma decapitazione”, ovvero l’eliminazione degli scienziati iraniani coinvolti nei piani nucleari. La particolarità del Mossad rispetto a ogni altro servizio segreto è che quello israeliano, spiega ancora al Foglio lo storico Benny Morris, è che combatte una guerra per la propria esistenza. “Israele è l’unico paese occidentale sotto pericolo di eliminazione, che lotta per la sopravvivenza. Il Mossad è parte di questa guerra, la battaglia contro il terrorismo è esistenziale perché la minaccia è letale. Questo vale anche per l’Iran. In questo senso il Mossad è unico al mondo. E’ un non senso affermare che le operazioni di Dagan siano illegali, i capi terroristi come Yassin a Mughniyeh non erano dei civili, ma generali di corpi d’armata e Israele ha il diritto di eliminare i nemici”. Durante la guerra del 1967, il soldato Meir Dagan saltò in aria su una mina egiziana, restando invalido. Oggi cammina con fatica. Ma quella ferita, ripete Dagan, “è la prova che ho una spina dorsale”.

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