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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
15.02.2010 Hillary Clinton in missione nel Golfo per far appoggiare le sanzioni
Intanto l'Iran è candidato Consiglio Onu dei diritti umani. Cronaca di Paolo Valentino, commento di Luigi Ippolito

Testata: Corriere della Sera
Data: 15 febbraio 2010
Pagina: 16
Autore: Paolo Valentino - Luigi Ippolito
Titolo: «L’Iran non avrà l’atomica. Monito di Hillary dal Golfo - L'Iran (paradossale) candidato al Consiglio Onu dei Diritti Umani»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/02/2010, a pag. 15, l'articolo di Paolo Valentino dal titolo " L’Iran non avrà l’atomica. Monito di Hillary dal Golfo ", a pag. 30, l'articolo di Luigi Ippolito dal titolo " L'Iran (paradossale) candidato al Consiglio Onu dei Diritti Umani  ", preceduto dal nostro commento. Ecco i pezzi:

Paolo Valentino : " L’Iran non avrà l’atomica. Monito di Hillary dal Golfo "


Hillary Clinton

WASHINGTON — L’Amministrazione americana alza la pressione in Medio Oriente, per stringere i tempi e assicurare il più ampio sostegno possibile alle nuove sanzioni contro l’Iran. In ritardo di un giorno per stare accanto al marito Bill, dopo la crisi cardiaca di giovedì scorso, Hillary Clinton ha iniziato ieri in Qatar una delle sue missioni più delicate e difficili da quando è in carica.

La visita del segretario di Stato a Doha e in Arabia Saudita è il pezzo forte di una più ampia offensiva diplomatica nella regione, che vede il capo delle Forze Armate Usa, l’ammiraglio Mike Mullen, in Egitto, dove ieri ha incontrato il presidente Mubarak, e i tre principali vice della Clinton — James Steinberg, Jacob Lew e William Burns— attesi nell’area nei prossimi giorni. «Teheran non lascia altre scelte alla comunità internazionale, che quella di imporre costi più alti per sue pericolose provocazioni», ha detto Hillary parlando all’Us-Islam World Forum, organizzato congiuntamente nella capitale del Qatar dal locale ministero degli Esteri e dalla Brookings Institution. È giunto il tempo per il regime sciita di rendere conto delle sue attività: «Abbiamo prove crescenti che l’Iran stia tentando di dotarsi della bomba atomica e noi non pensiamo che la Repubblica islamica debba essere una potenza con armi nucleari», ha aggiunto il segretario di Stato.

Dopo l’intervento, Hillary ha incontrato il primo ministro del Qatar, Sheikh Hamad bin Jassim al-Thani. Una fonte anonima vicina al segretario di Stato, riferisce l’Afp, ha confermato l’esistenza di una proposta del Qatar per negoziati diretti americano-iraniani e la disponibilità in tal senso offerta dall’Amministrazione Obama. Oggi a Riad la Clinton vedrà re Abdullah. Il ruolo dell’Arabia Saudita nella partita iraniana è considerato cruciale dagli Stati Uniti, per vincere l’opposizione cinese a sanzioni più severe e mirate. Pechino infatti si oppone a far passare le nuove misure contro Teheran al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove può esercitare il diritto di veto, preoccupata dei suoi rapporti commerciali con l’Iran e soprattutto delle ingenti forniture di petrolio che riceve dagli ayatollah. Obiettivo della missione di Hillary è convincere i sauditi, i soli a poterlo fare, a fornire ai cinesi la piena garanzia di soddisfare il loro fabbisogno di greggio, in caso di rottura dei rapporti con Teheran. «Noi — ha detto Jeffrey Feltman, l’Assistant secretary of State che accompagna Hillary— ci aspettiamo che l’Arabia Saudita usi il suo rapporto con la Cina, in modo che possa servire ad aumentare la pressione sull’Iran». Secondo Al Jazeera, che ha citato fonti del Dipartimento di Stato, Riad si è già mossa in tal senso: «Di recente ci sono stati movimenti positivi», ha detto un funzionario americano all’emittente araba.

L’impressione a Washington è che il treno delle sanzioni si sia già messo in movimento e il suo arrivo a destinazione dipenda ormai soprattutto dalla Cina: «Abbiamo l’appoggio di tutti, dalla Russia agli europei. E credo che otterremo anche quello di Pechino, per imporre misure tali da convincere l’Iran che non può più continuare così», ha detto ieri mattina in un’intervista alla Nbc il vice-presidente Joe Biden. E il consigliere di Obama per la Sicurezza nazionale, James Jones, ha ammesso che «occorra lavorare ancora un po’ con la Cina», ricordando però come Pechino voglia «essere considerata un protagonista globale influente e responsabile e su questo tema non può rifiutarsi di collaborare».

La missione di Hillary Clinton nel Golfo non è limitata solo all’Iran. Dalle monarchie del petrolio, il segretario di Stato si aspetta anche di ottenere l’appoggio arabo al rilancio dei negoziati di pace tra Israele e i palestinesi, di fatto bloccati da un anno.

Luigi Ippolito : " L'Iran (paradossale) candidato al Consiglio Onu dei Diritti Umani "

La candidatura dell'Iran al Consiglio Onu dei Diritti Umani non ci stupisce particolarmente. Il Commissario Onu dei Diritti Umani è Navi Pillay, nota per le sue accuse ingiustificate contro Israele e per la sua accondiscendenza con Paesi che di diritti umani non hanno la minima presenza. Per notizie sul conto della sig.ra Pillay basta cliccare su 'Cerca nel sito' in Home Page.
Ecco l'articolo:


Navi Pillay

«Surreale», l’ha definita un diplomatico occidentale. È l’eventualità che da giugno l’Iran entri a far parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. L’organismo, per intenderci, che veglia sulla difesa dei diritti fondamentali nel mondo ed emette raccomandazioni in caso di violazioni. Ma proprio oggi, a Ginevra, la Repubblica islamica sarà sottoposta a esame da parte dello stesso Consiglio per una verifica delle sue eventuali mancanze.

In Svizzera è già atterrata una vasta delegazione iraniana. Oggi gli emissari di Teheran esporranno i loro «progressi» in materia di diritti dell’uomo e quindi in un «dialogo interattivo» gli altri Stati solleveranno questioni e faranno raccomandazioni.

Eppure, nonostante la violenta repressione in corso da mesi, seguita alle fraudolente elezioni dello scorso anno che hanno riconfermato alla presidenza Mahmoud Ahmadinejad, l’Iran ha buone chance di entrare a breve nel consesso dei «sorveglianti». A maggio infatti l’Assemblea generale dell’Onu voterà per il rinnovo di una quindicina di seggi in seno al Consiglio per i diritti umani, che conta 47 Paesi membri ripartiti in cinque gruppi regionali. A tutt’oggi, per i quattro posti a disposizione del gruppo asiatico, sono in lizza cinque candidati, fra cui l’Iran. Se uno solo degli altri concorrenti si ritirasse, Teheran sarebbe automaticamente eletta. E già si parla di pressioni sui quattro (Qatar, Malesia, Maldive e Thailandia) perché diano via libera agli iraniani.

La loro elezione sarebbe non solo un paradosso, ma anche un notevole successo diplomatico per il regime degli ayatollah nel pieno dello scontro sulla questione nucleare. E i due dossier sono sicuramente collegati. Perché è vero che Ahmadinejad agita la carta atomica anche per rafforzare una presa sul Paese che si sta altrimenti incrinando. Ma è vero pure che, a fianco della minaccia di sanzioni, un’azione a favore della democratizzazione del Paese può sortire a lungo termine effetti ancora più virtuosi sul piano della sicurezza internazionale. Il che ci riporta al discorso dei diritti umani e del loro rispetto.

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