Se Israele sostiene di essere innocente, perché non si fa processare? 15/02/2010
Se Israele sostiene di essere innocente, perché non si fa processare?
Cari amici, vi ricordate da qualche cartolina fa la baronessa Tonge, deputata dei liberal-democratici inglesi e "benefattrice" del giornale "Palestine Telegraph", che aveva sostenuto la necessità che Israele aprisse un'inchiesta per indagare se davvero non aveva piratato gli organi interni degli haitiani col pretesto di soccorrerli, come si diceva in giro? Rimproverata duramente dal suo partito, la nobildonna ha spiegato che non c'era nulla di male nella sua considerazione, che anche lei credeva che le accuse fossero false anche perché "gli organi sarebbero inutili in quella situazione"e che solo "per prevenire la diffusione di accuse come queste, che sono già state diffuse su "You tube", l'esercito e l'associazione medica israeliana dovrebbero immediatamente stabilire una commissione di inchiesta indipendente per ripulire l'immagine (clear the name) dell'equipe israeliana a Haiti" (http://www.jpost.com/International/Article.aspx?id=168621) Anche Goldstone e i suoi sostenitori hanno amichevolmente ma insistentemente incoraggiato Israele a stabilire una commissione di inchiesta, naturalmente indipendente sull'operazione di Gaza, e lo stesso praticamente per ogni situazione in cui Israele è coinvolto: le costruzioni al di là della linea verde, gli arresti di Palestinesi eccetera eccetera: "Se dite di essere innocenti, perché non vi fate processare?" Vi ricorda qualcosa? A me sì, eccome. Avete presente l'inizio del "Processo" di Kafka? "Qualcuno doveva aver diffamato Josef K., perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato." Essendo stato calunniato, è processato; ma il processo è esso stesso una punizione e anche una colpa ulteriore; fino a che un bel giorno, senza avere mai capito di che cosa era colpevole, oltre alla sua nuda vita, Joseph K. viene eliminato dagli sgherri del tribunale. Il romanzo di K. ha evidenti aspetti teologici e descrive una millenaria condizione ebraica. Ma si può leggere anche come un esempio del meccanismo fondamentale dei mezzi di comunicazione di massa. In Italia negli ultimi anni è venuta fuori l'abitudine dei giornali di interrogare pubblicamente i loro avversari (sempre con 10 domande 10, forse sarà un effetto decalogo): se non accettano sono colpevoli perché evidentemente non sanno come difendersi; se rispondono, come avverte la polizia americana nei telefilm, "le sue parole potranno essere usate contro di lei". Lo stesso accade con Israele. Se non processa la splendida équipe di soccorso a Haiti (e Tsahal, e i suoi stessi ministri e... e...) vuol dire che ha qualcosa da nascondere. Se lo fa, vuol dire che in fondo ammette che una colpa dev'esserci. E brava baronessa Tonge. Magari, essendo nobile e certamente elegante, potrebbe vestirsi con quel "un vestito nero attillato che, come gli abiti da viaggio, era dotato di diverse pieghe, tasche, fibbie, bottoni e di una chiusura e che di conseguenza, benché non fosse chiaro a cosa dovesse servire, sembrava particolarmente pratico". che caratterizza i messi del tribunale di Kafka. E i suoi sicari.