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" Iran: una minaccia imminente ", di Mordechai Kedar traduzione e adattamento di Antonella Donzelli e Avi Kretzo Alcune settimane fa avevo previsto che in Iran sarebbe esplosa un’ondata di proteste in concomitanza con la festa dell’Ashura, che commemora il martirio di Husayn ibn Ali, avvenuto 1330 anni fa per mano dei sunniti (vedere l’articolo “L’Iran in fermento” del 12/12/09, n.d.t.). I disordini contro il governo sono andati avanti per alcuni giorni, durante i quali sono state uccise decine di dimostranti e sono state eseguite migliaia di arresti. L’atmosfera in Iran si sta ulteriormente surriscaldando e la folla che scende in piazza avverte di essere in grado di portare un cambiamento e di potersi scrollare finalmente di dosso il regime degli Ayatollah. Nell’immediato futuro ci saranno altre giornate commemorative: il quarantesimo giorno dalla morte dell’Ayatollah Montazeri, leader spirituale dell’opposizione, la fine del lutto per Husayn ibn Ali ricordato nell’Ashura e il giorno della Rivoluzione Islamica. In queste ricorrenze sono previste manifestazioni, durante le quali la violenza monterà sempre di più. In attesa di questi eventi stanno aumentando anche l’ansia e la preoccupazione all’interno dell’elite governativa e si sta avvicinando inesorabilmente il momento in cui il regno del male iraniano crollerà su se stesso, accompagnato da fuoco e sangue. Peccato che gli unici a pagarne il prezzo saranno i poveracci, le vittime della violenza degli Ayatollah, perché si può essere liberi soltanto se si è disposti a sacrificarsi. Questo vale anche per il popolo d’Israele, che sa che la sua libertà non è piovuta dal cielo, ma è stata conquistata con il prezioso sangue dei suoi figli. Della situazione iraniana ha parlato la settimana scorsa anche il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante il suo discorso agli ambasciatori israeliani all’estero. Egli ha ricordato i continui tentativi dell’Iran di dotarsi di armi nucleari nonostante i suoi numerosi appelli e quelli del Ministro degli Esteri Avigdor Liberman alla comunità internazionale. Il progetto iraniano, tuttavia, continua ad avanzare, mentre parallelamente si cristallizza la coscienza collettiva riguardo il pericolo che ne deriva per la pace mondiale. Per questo Netanyahu pensa che le potenze occidentali stanno per giungere a una svolta decisiva. Il Primo Ministro israeliano teme che l’Iran cercherà di vanificare le richieste della comunità internazionale sul suo utilizzo di uranio arricchito (vedere l’articolo “Chi fermerà l’Iran?” del 13/11/09, n.d.t.), che potrebbe servire per costruire armi nucleari. La comunità internazionale deve agire, al più presto. Quando si deciderà ad applicare rigide sanzioni? Quando l’Iran avrà già la bomba atomica e si appresterà ad usarla? Quali saranno le ripercussioni sullo stato d’Israele (intenzioni che l’Iran certo non nasconde), ma anche sull’intero Medioriente e sul resto del mondo? Sempre secondo Netanyahu, queste domande troveranno in parte risposta agli inizi di questo stesso anno. Come sappiamo, infatti, l’Iran avrebbe dovuto dare una risposta precisa entro la fine del 2009; in realtà ha cercato di eludere la questione. La comunità internazionale, tuttavia, non può declinare la propria responsabilità nel pretendere azioni chiare e coerenti. Se questi passi non saranno effettuati, essa dovrà mettere in atto sanzioni drastiche che esercitino una reale pressione sul regime iraniano. Il regime dell’Iran, ha aggiunto Netanyahu, non è così forte come potrebbe sembrare, al contrario, è vulnerabile. Prima di tutto perché la sua legittimità è stata intaccata anche durante le recenti elezioni, mentre la sua tirannia, a noi già ben nota, è stata svelata a tutto il mondo, che sino ad ora si era illuso che il regime, anche se imperfetto, godesse comunque di un sostegno popolare. In realtà, cosa accade nelle strade di Teheran e delle altre città? Tutto il mondo ora lo sa. Ormai è caduta la maschera e il vero volto del regime è stato svelato e con esso la prova che si tratta di un governo dittatoriale la cui tirannia non ha confini. Il capo del Governo israeliano non ha dubbi: se questo regime tratta in modo così crudele e brutale il suo popolo, si può immaginare come agirebbe nei confronti di altri popoli, qualora ne avesse la possibilità. Possiamo già osservare come si comporta anche senza armi nucleari, come alleva e alimenta il terrorismo nell’area mediorientale, sia con la costruzione di basi terroristiche, e non soltanto nella striscia di Gaza e nel Libano, sia con azioni sovversive e violente nella penisola Arabica (come nello Yemen): praticamente, in ogni luogo e direzione. È nell’interesse mondiale fermare questo regime e il banco di prova della comunità internazionale, nelle prossime settimane, consisterà nell’attuare sanzioni severe nei confronti del governo iraniano. In questa circostanza, ha aggiunto Netanyahu, Israele ha diversi partners: in Europa, negli Stati Uniti e in altri Paesi. Perciò, il primo passo da compiere, e il più importante, è coltivare questa partnership e l’alleanza internazionale contro l’imminente minaccia iraniana. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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