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" Chi fermerà l’Iran? ", di Mordechai Kedar traduzione e adattamento di Antonella Donzelli e Avi Kretzo
In questo periodo è di grande attualità il dibattito mondiale sul nucleare iraniano, causato dalla paura nei confronti degli ayatollah, le cui azioni sono incomprensibili e le cui mosse non sono mai prevedibili. Inoltre, come abbiamo visto negli Anni Ottanta durante la guerra Iran-Iraq, per gli ayatollah il numero delle vittime non conta: né le loro né quelle degli altri. La combinazione di tutti questi fattori ha isolato i leader iraniani, tanto che la maggior parte dei capi di stato occidentali evita persino di farsi immortalare insieme a loro nelle foto. Nelle ultime settimane il livello di tensione nel mondo è salito ulteriormente poiché l’Iran ha rifiutato di sottoscrivere l’accordo di compromesso proposto dagli stati occidentali riguardo l’arricchimento dell’uranio. Secondo questo patto, l’Iran avrebbe dovuto mandare alla Russia tre quarti dell’uranio da lui arricchito affinché la stessa Russia insieme con la Francia lo portassero al livello di arricchimento del 20% circa, valore previsto per alimentare i reattori nucleari per la produzione di elettricità e per la ricerca. Ci si aspettava che l’Iran avrebbe accolto questa proposta a braccia aperte, anche perché in questo modo avrebbe distolto da sé la minaccia di sanzioni, con relative conseguenze ed eventuali ritorsioni militari. Non solo, ma ciò gli avrebbe permesso di mantenere una quantità significativa di uranio (il restante quarto), con la possibilità di continuare ad arricchirlo, segretamente, anche per scopi bellici. Allorquando molti analisti occidentali avevano smesso di ipotizzare sanzioni e azioni militari contro l’Iran e iniziato a considerare le vie da intraprendere per affrontare il problema del nucleare iraniano, ecco che, a sorpresa, l’Iran ha mandato all’aria tutte le loro valutazioni, rifiutandosi di accettare così com’era il documento prodotto in Occidente e pretendendo di modificarlo al punto da renderlo inconsistente. Gli stati occidentali, ovviamente, non sono d’accordo, ma nel frattempo nessuno osa fare realmente pressione sull’Iran. Tutti aspettano di vedere cosa dirà e cosa farà il presidente statunitense Obama, oggi impegnato in interminabili e logoranti consultazioni sulla politica americana in Afghanistan. Dal suo punto di vista, il dossier iraniano in questo momento proprio non ci voleva. Il rifiuto dell’Iran di accettare il compromesso ha posto Obama in serio imbarazzo. Da quando è stato eletto, più di un anno fa, egli ha costruito la sua politica estera sul dialogo e più volte ha espresso la sua disponibilità ad aprire trattative con l’Iran proprio per evitare che producesse la bomba atomica. Al contrario, gli Iraniani sono convinti di avere pieno diritto di produrre la bomba nucleare, esattamente come quella che India, Pakistan e Corea del Nord hanno già, per non parlare di Israele, che secondo loro ne possiederebbe addirittura più di 200. Obama sa bene che nel dialogo con l’Iran le rispettive posizioni iniziali sono così lontane le una dalle altre, da annullare la possibilità di arrivare a un accordo senza che una delle due parti s’imponga all’altra. Perciò evita di entrare con loro in una trattativa diretta, senza mediatori, nella quale rischierebbe di perdere il suo prestigio. In caso di fallimento, infatti, gli Americani potrebbero vedersi costretti a fare una mossa concreta contro l’Iran, quantomeno per dare credibilità alle dichiarazioni di Obama, secondo le quali non si deve permettere all’Iran di avere armi nucleari. Così Obama è rimasto invischiato nelle sue dichiarazioni, rilasciate al Cairo, sulla volontà di dialogare con l’Iran e di aprire una pagina nuova e non violenta con il mondo islamico. Per gli iraniani infatti è chiaro che il presidente Usa non vuole né è capace di compiere nei loro confronti azioni forti come sanzioni e operazioni militari. Obama non si è accorto della contraddizione esistente tra le sue prese di posizione contro la nuclearizzazione dell’Iran da una parte, e, dall’altra, la sua volontà di risolvere i problemi degli Stati Uniti con il mondo mussulmano stabilendo con l’Iran un dialogo privo di pregiudizi. E così è entrato dritto dritto nella trappola. Il presidente americano ingenuamente non aveva previsto il rifiuto dell’Iran davanti alla proposta, generosa quanto assurda, che gli avrebbe consentito di arricchire una parte dell’uranio all’insaputa del mondo. Ecco perché Obama ora è in grave difficoltà. Egli sa anche ciò che tutti sanno: che l’Iran nuclearizzato getterà il mondo nello scompiglio, porrà fine all’egemonia occidentale nella politica internazionale e metterà in costante pericolo la stabilità dei Paesi del Golfo e l’industria petrolifera. Con l’Iran nuclearizzato, ogni dichiarazione dei suoi leader rischierà di far impennare il prezzo del petrolio, destabilizzerà l’economia mondiale e darà la possibilità all’Iran di porre il veto su ogni atto politico ed economico che non gli sarà gradito. Il presidente iraniano, durante l’ultimo discorso all’Assemblea Generale dell’Onu, ha detto senza mezzi termini che occorre riorganizzare l’assetto del Consiglio di Sicurezza nel quale attualmente alcuni stati occidentali hanno una posizione di preminenza, occupando un seggio fisso dal quale dirigono il mondo. Con ciò egli intendeva dire che all’Iran spetta un seggio permanente e il diritto di veto. Questo scenario toglie il sonno ai leader europei, che rischierebbero così di trovarsi dinnanzi a pretese assurde da parte dell’Iran e all’afflusso incontrollato e inarrestabile d’immigrati mussulmani nel vecchio continente. Oggi, invece, la leadership europea cerca di contenere l’immigrazione islamica e rabbrividisce difronte all’aspirazione iraniana di incrementarla con la minaccia di missili a testata nucleare capaci di raggiungere qualsiasi città europea. L’Iran potrebbe anche pretendere che gli stati europei tolgano qualsiasi limitazione alla costruzione di moschee, accettino l’abbigliamento delle donne islamiche, l’educazione e la legge della Shaaria per le loro comunità: pretese che, se venissero accolte, accelererebbero il processo d’islamizzazione dell’Europa, già ampiamente in atto. Anche Israele deve preoccuparsi per un Iran nuclearizzato, che pretenderà che l’Occidente smetta di sostenere lo Stato ebraico, sia dal punto di vista della sicurezza, sia sotto il profilo politico, economico, accademico e culturale. E così, per compiacere l’Iran, decollerà una campagna di boicottaggio contro Israele. Quindi non è necessario che Ahmadinejad utilizzi armi nucleari contro Israele; è sufficiente che minacci di ricorrervi per far sì che l’Occidente congeli i rapporti con lo stato ebraico, fino ad abbandonarlo al suo destino. Quanto tempo Israele potrà sopravvivere senza esportare i suoi prodotti all’estero o importare carburante e pezzi di ricambio per macchinari? Come farà, se gli stati europei, in balìa del ricatto iraniano, impediranno l’ingresso di cittadini israeliani in Europa? In un mondo in cui l’Iran s’impone come potenza nucleare, una situazione di questo tipo è tutt’altro che irreale. Oggi il mondo si rende conto del pericolo iraniano e si chiede se in futuro sarà proprio l’Iran a dettare le regole della politica internazionale. A Washington l’imbarazzo è grande e serpeggia la spiacevole sensazione che la situazione stia sfuggendo di mano. Afghanistan e Pakistan sono dilaniati dal terrorismo e i Talebani alzano sempre di più la testa; lo Yemen si sbriciola a causa dell’intervento iraniano nel golpe sciita nella regione di Sa’ada; in Libano, a cinque mesi dalle elezioni, è stato formato il governo soltanto dopo che Hesbollah ha ottenuto il diritto di veto grazie alle pressioni iraniane; l’Iraq sopravvive a fatica sotto la morsa inesorabile dell’Iran; la Turchia è scappata nel campo iraniano con le armi della Nato, il Sudan è in fase di smantellamento, con il rischio che ritorni ad essere il centro del terrorismo internazionale, la Somalia continua a costituire la base sia per i terroristi interni, sia per i pirati dell’Oceano Indiano; Gaza viene rifornita di missili iraniani, la Corea del Nord riprende il suo progetto nucleare e c’è il sospetto che in Siria sia attivo un altro centro nucleare del quale non si sa nulla. Troppe aree vengono destabilizzate dal denaro e dalle armi iraniane: il mondo deve decidere se lasciare che l’Iran continui ad agire fuori controllo come una scheggia impazzita, finché stravolgerà l’ordine mondiale, oppure battere il pugno sul tavolo e urlare: “Adesso basta!”. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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