Venerdi 5 febbraio esce nei cinema italiani IL CONCERTO, il nuovo film di Radu Mihaileanu, il regista di "Train de vie". Informazione Corretta ve lo raccomanda, è un capolavoro.
Riportiamo dal SOLE 24 ORE l'articolo di Cristina Battocletti dal titolo " La felicità è un incidente ".
Radu Mihaileanu, locandine di "Tran de vie" e "Il Concerto"
Parla il regista di “Train de vie” alla vigilia dell’uscita del “Concerto”, che racconta l’epopea di un musicista deposto da Brežnev
Certo non è il Train de vie in cui gli ebrei in cui gli ebrei si autodeportano con tanto di finti kapò per salvarsi dall’Olocausto, ma anche nel Concerto, l’ultimo film di Radu Mihaileanu – nelle sale il prossimo 5 febbraio – il dramma dell’antisemitismo c’entra eccome. “Non ci sono tragedie paragonabili alla Shoah – spiega il regista romeno, raggiunto proprio il giorno della memoria – e comunque non si possono fare classifiche. Io sono molto attento alla memoria presente, ma so che per capirla bisogna coniugarla con il passato e il futuro. Le mie radici ebraiche sono fortissime, anche se non sono religioso. La mia identità semita è solo una leva per pormi con curiosità verso gli altri”. Il concerto racconta la storia della riscossa di Andreï Filipov, il più grande direttore d’orchestra russo, alla guida del Bolshoi, ridotto a uomo delle pulizie da Brežnev per essersi rifiutato di epurare i componenti semiti della sua compagine. Filipov, interpretato da uno splendido Alexeï Guskov, intercetta per caso un fax che invita il Bolshoi a tenere un concerto a Parigi. Catturato da desiderio di rivincita decide di approfittare dell’occasione e riallestisce l’antica formazione, spacciandosi per direttore dell’orchestra moscovita. “La tragedia è la condizione normale dell’essere umano, la felicità quasi un incidente. Il maestro non suona da trent’anni, la casualità gli dà un’opportunità”.
Rocambolesco, ironico, anche se a volte scivola in una comicità superflua (come la scena della sparatoria a un matrimonio, o l’eccessivo indugiare in certi stereotipi della vita gitana o della mollezza dell’Est contro la precisione e l’ossessività occidentale) il film trascina e si avvale dell’impostura positiva che Mihaileanu adotta in tutti i suoi film. “E’ un meccanismo familiare. Cominciò mio padre, giornalista ebreo comunista, di ritorno dai campi di lavoro nazisti, cambiando il suo nome da Buchman a Mihaileanu. Io ho continuato, mantenendo il cognome e ho perpetrato la finzione: ho annunciato che sarei partito per la Francia per due settimane, rimanendoci invece per anni. I personaggi dei miei film però mentono per difendersi dal regime. Nel loro caso la grande impostura è la loro condizione umana”.
Il concerto si svolge in parte a Mosca – anche se fisicamente è stato girato in Romania, tranne l’en plein air della piazza Rossa – e per il resto a Parigi. “Ho scelto la Russia perché è il paese della musica classica, dove sono nati i grandi compositori. Ma soprattutto ci tenevo a spiegare il contrasto tra l’Est e l’Ovest”. Mihaileanu, 52enne, non sa leggere le note, ma si dichiara un buon ascoltatore, grazie a un’ottima educazione musicale familiare. “La musica è la metafora della vita. Ognuno attraverso le note risveglia la propria energia vitale, che conserviamo come una fiamma all’interno di noi stessi. Tramite la relazione tra l’orchestra e il solista ho voluto spiegare il rapporto tra l’Occidente, ossia la dittatura dell’individualismo, e l’Oriente, la dittatura della collettività. Quando in ultimo l’orchestra funziona e il concerto decolla, si forma l’armonia che non è altro che il dialogo tra l’individuo e la collettività”. E anche il film l’armonia la raggiunge davvero e le sbavature si dimenticano. Funziona l’insieme della banda circense di attori russi, francesi e romeni. “All’inizio i più disciplinati erano i romeni. I russi volevano imporre la propria fisicità di scuola checoviana sui francesi, che rivendicavano la tradizione di Molière. Pian piano si sono rispettati, imparando gli uni dagli altri”. Il tutto in un melange etnico furiosamente comico. “L’identità nazionale non esiste. E’ un concetto poroso e mobile…una cretineria, soprattutto nel mondo d’oggi che non fa altro che viaggiare, anche solo su internet”.
Brava nella parte della violinista solista Mélanie Laurent, la Shoshana di Bastardi senza gloria. “L’ho scelta prima che recitasse nel film di Tarantino. E’ stato lui a rincorrerla dopo averla vista nei miei provini. E’ un’attrice formidabile con una volontà feroce, che le ha permesso di imparare perfino la parte di violino di Chaikovsky”. Può scappare anche una lacrima per la storia personale della bella violista che fino all’ultimo rimane oscura, ma le vicende balcaniche e la colonna sonora di Armand Amar alla fine prevalgono, lasciando un sorriso allo spettatore.
Per ironia della sorte proprio al Théâtre du Châtelet di Parigi, dove è ambientata la parte finale del Concerto, Radu Mihaileanu, assisterà il 27 febbraio alla cerimonia dei César, l’equivalente francese dell’Oscar hollywoodiano, a cui è candidato assieme a Il profeta di Jacques Audiard e Welcome di Philippe Lioret. “Tornare in quel teatro è un’emozione immensa. Sarei onorato di vincere, ma comunque l’arte non è una competizione”.
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