L'odierna (23 gennaio 2010) Cartolina del professor Volli in cui racconta tutta la meschineria di un kapataz socialista del Parlamento greco, mi rammenta l' invito a cena presso una famiglia di ebrei triestini a Gerusalemme. Una serata indimenticabile sia sotto l'aspetto culinario, sia per i racconti di due insegnanti universitarie, ebree italiane, che avevano conosciuto i loro futuri mariti della Brigata Ebraica in Italia durante la guerra , trasferendosi poi in Israele. Una presenza dionisiaca aleggiava sopra di noi, il dio Bacco, coppiere della serata, mesceva il suo nettare: tre bottiglie di cabernet sauvignon (14°) del Golan ce lo siamo religiosamente centellinato, io approfittandone un po' di più, se mia moglie mi sentì declamare un passo del XXVII Canto dell'Inferno: "Forse tu non pensavi ch'io loico fossi".
Quella sera bevendo quel nettare, parlammo anche del luogo di produzione, le colline del Golan, appunto, che, prima del 1967, non era altro che un "poligono di tiro" da cui i militari siriani si esercitavano a sparare contro i contadini ebrei che, lavorando sulla piana sottostante, inzuppavano la loro terra col sangue e col sudore. Persa la guerra, l'aggressore venne sloggiato da quel "poligono" e i contadini trasformarono quei sassi in terrazzamenti piantando le viti ed il cui prodotto quella sera ci inebriava. Vale proprio il sacrosanto detto di quei vecchi "compagni": "La terra a chi la lavora!". Non la pensa così neppure quel tal parlamentare greco che ritiene il Golan terra "rubata" ai siriani, proprio come il vino da lui ricevuto in regalo dall'Ambasciata d'Israele: ahh, l'ideologia che brutti scherzi tira, arriva persino a negarti un ottimo bicchiere di vino. Comunque, vedete, il Golan restituito a chi non se lo merita, costituirà una delle tante "foglie del carciofo" che, spiccate una alla volta, porterà Israele a scomparire ed io a perdere quel "nettare degli dèi". Per ogni buon conto, i miei generosi ospiti gerosolimitani mi hanno messo da parte nella loro fresca cantina alcune bottiglie di vino del Golan in barba ad ogni stupida e nefanda ideologia.
Bruno Basso