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La Stampa Rassegna Stampa
23.01.2010 Scontro tra civiltà ? Si, che lo si ammetta o no
Il servizio di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 23 gennaio 2010
Pagina: 7
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Questo è l'inizio di uno scontro tra due civiltà»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/01/2010, a pag.7, con il titolo " Questo è l'inizio di uno scontro tra due civiltà ", l'intervista di Maurizio  Molinari a Dougles H.Paal sulla mancanza di libertà in Cina. E lo scontro tra civiltà, da sempre negato, rispunta regolarmente fuori ogni volta che si analizzano le società dittatoriali.

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Douglas H.Paal

La polemica sulla libertà su Internet segna l’inizio di un anno terribile nelle relazioni fra Stati Uniti e Cina». Parola di Douglas Paal, vicepresidente della Fondazione Carnegie a Washington, ex stretto collaboratore di Ronald Reagan e direttore per l’Asia nel Consiglio della sicurezza nazionale di George Bush sr.
Perché crede che Hillary Clinton abbia scelto di porre con chiarezza a Pechino la questione della libertà su Internet?
«L’America è fondata sulla libertà di parola, anche sul Web. Era un passo inevitabile e la recente scelta di Google di porre la questione della censura in Cina è stata un acceleratore».
A suo avviso il caso-Google è stato determinante?
«Hillary aveva già deciso di fare il discorso ma Google ha aggiunto un tassello importante: le aziende americane che operano in Cina convivono male con le rigide regole della censura locale. Sono un ostacolo alle loro attività».
C’è un nesso fra il discorso di Hillary e quello fatto in autunno da Obama a Shanghai contro la censura su Internet?
«Il governo cinese a Shanghai era riuscito a limitare la diffusione delle parole pronunciate da Obama nell’incontro con gli studenti. Ora Hillary ha dato una veste molto più ufficiale, governativa, all’importanza del tema per gli Stati Uniti».
Si aspettava la dura replica delle autorità cinesi?
«L’aspetto più interessante della loro risposta è costituito dall’articolo pubblicato su una rivista specializzata in commercio, nel quale si ricostruisce nei dettagli come Internet al momento sia gestito da una Ong che di fatto è un’emanazione del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti...».
E’ un messaggio?
«Certo, e neanche troppo velato. La Cina sta dicendo che se gli Stati Uniti insistono nell’imporre le proprie regole e i propri valori a Internet, la contromossa potrebbe essere creare un Internet alternativo, assieme a Nord Corea, Iran e ad altri Paesi che praticano la censura all’informazione. E’ un approccio da guerra di mercato. D’altra parte non è forse vero che l’Europa vuole creare un sistema Gps alternativo a quello attuale basato sui satelliti Usa? Il governo americano non deve sottovalutare tali avvertimenti».
Che impatto avrà il duello sulla libertà di Internet sulle relazioni fra Usa e Cina?
«Ci suggerisce che siamo all’inizio di un anno che si annuncia terribile nelle relazioni bilaterali».
Perché fa questa previsione?
«Guardiamo il calendario per capire che cosa ci aspetta. In febbraio gli Stati Uniti proporranno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite le nuove sanzioni contro il programma nucleare dell’Iran e già sappiamo che la Cina non le voterà. In marzo gli Stati Uniti vareranno un nuovo pacchetto di aiuti militari a Taiwan che a Pechino creerà forte irritazione, poi in aprile si terrà a Washington il summit tanto voluto da Barack Obama contro la proliferazione nucleare, al quale la Cina non parteciperà. Se a ciò aggiungiamo che fra i due Paesi esiste un ampio spettro di contenziosi commerciali irrisolti e che presto il presidente Obama potrebbe incontrare il Dalai Lama, leader dei tibetani in esilio, non è difficile comprendere come il nodo della libertà su Internet non è che la punta dell’iceberg che ci sta per piombare addosso».
Ciò significa che l’intenzione degli Stati Uniti di avere nella Cina un partner strategico privilegiato a livello globale è a rischio?
«Al momento entrambe le capitali hanno questo interesse ma le differenze esistenti sono destinate a diventare più palesi. Anche perché Washington, come il discorso di Hillary dimostra, sembra aver deciso di accelerare, di parlare chiaro su alcuni temi».

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direttore@lastampa.it

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