Dalla Norvegia una lezione di diplomazia euraraba a regola d'arte
Jonas Gahr Store
Cari amici, mi ha scritto un lettore di cui ho molta stima, rimproverandomi cortesemente di non aver fatto notare, nella mia cartolina sulla crisi diplomatica fra Israele e Turchia, che il comportamento del viceministro israeliano è andato contro le regole elementari della diplomazia. Vero. Ha ragione. Senza dubbio c'è stata della maleducazione.
Però guardate come funzionano le regole della diplomazia condotte a regola d'arte. E' venuto in Israele il ministro degli esteri della Norvegia, che con la Svezia è forse il paese più Erarabo d'Eurabia. Si è incontrato coi palestinesi a Gerusalemme Est, cioè in territorio israeliano, contro le regole stabilite e finora rispettate dall'Autorità Palestinese: un gesto politico paragonabile alla famosa mozione dell'unione europea proposta dalla Svezia, che intendeva riconoscere autonomamente Gerusalemme come capitale di due stati.
Poi il compito, compitissimo ministro Jonas Gahr Store ha svolto tutti i compiti e gli incontri usuali, senza giochini di sedie e di bandiere. Infine ha concesso un'intervista a Haaretz (http://www.haaretz.com/hasen/spages/1143612.html). E' di questa che vi voglio parlare. Il buon Jonas, adamantino come il profeta nella balena, ha esordito dicendo che ci sono "forze" in Israele che ritraggono la Norvegia come antisemita, "circoli" che "orchestrano una campagna" per indicarla come nemica di Israele. Oibò, "circoli", "forze"? E chi mai sono questi "circoli" e queste "forze"? Perché lo fanno? Il giornalista di Haaretz commenta, britannicamente, che il ministro "ha rifiutato di speculare su chi pensa stia dietro la campagna". Prima regola del buon diplomatico: lancia il sasso e nascondi la mano.
Seconda regola, applicata perfino da Ahmadinedjad, scaricare il barile sugli ebrei locali. Pensate che noi siamo antisemiti e antisraleiani? "Andate a chiedere alla comunità ebraica del nostro paese?" Che per evitare guai peggiori, molto probabilmente preferirà non parlare.
Terza regola: minimizzare. Gli chiede il giornalista: ma i fondi del vostro paese, non hanno disinvestito per motivi politici dalle imprese israeliane che collaborano a realizzare la barriera di sicurezza? "Vede, risponde lui, hanno disinvestito anche da altre imprese francese, americane, russe. E' per motivi etici." Eh già, chiamatelo pure boicottaggio.
Quarta regola: negare anche l'evidenza. Non avete appena nominato (novembre 2009) viceministro dell'ambiente una certa Ingrid Fiskaa, che un anno prima (aprile 2008) aveva detto che sperava le Nazioni Unite "spedissero missili di precisione contro certi obiettivi israeliani"? "Sono il primo a dire che sono espressioni senza senso" risponde il ministro (notate il senza senso "senseless", non criminali o sbagliate, solo irrealistiche "Ma lei non è responsabile della politica mediorientale" (e dunque non potrà premere il pulsante per far partire i missili) "ma ci sono cose nel passato di ogni persona in termini di idee e affermazioni politiche" [But there are things in every person's past in terms of political views and statements]. Geniale, no, ognuno ha una storia, scordammoci 'o passato eccetera.
E lei stesso, signor ministro, non ha firmato una prefazione altamente elogiativa al libro di due medici norvegesi molto comunisti su Gaza, che è pure propaganda di Hamas, in cui Israele era accusato di aver compiuto "un massacro totale e sistematicamente realizzato"? Eh già, dice Store, ma io non volevo giudicare la validità delle loro conclusioni, solo applaudire il fatto di parlare di quel che avevano visto" [Store said he merely applauded the authors for speaking up about what they saw, without judging the validity of their conclusions.]
Che bravo! Che perfetto Eurarabo! Lui sì che è diplomatico! Compatitemi, mi compatisca il mio illustre lettore, ma a me che sono sanguigno vien voglia non solo di farlo sedere su una sedia più bassa, ma di prenderlo a calci in quel posto. Per fortuna faccio il cartolinista, non il diplomatico.
Ugo Volli
PS A proposito di diplomazia, vi ricordate che l'amministrazione Obama aveva dato a settembre un penultimatum agli iraniani, con minacce "serissime" di sanzioni, rinviate poi a dicembre come gli esami scolatici? Be' siamo al 20 gennaio, gli iraniani hanno comunicato ufficialmente che non si sognano di mandare all'estero il loro combustibile nucleare e che del piano dell'Onu se ne fanno un baffo. Avete visto voi delle sanzioni? No. Forse sono evanescenti e diplomatiche come le opinioni del ministro Store.