Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 19/01/2010, a pag. 61, l'articolo di Vito Mancuso dal titolo " Se il mistico cristiano non ama gli ebrei ".
Ciò che più colpisce nell´ultimo libro di Marco Vannini è la violenza. Convinto che «ai nostri giorni la religione sia tornata a essere oggetto di grande interesse», in Prego Dio che mi liberi da Dio (Bompiani) l´insigne studioso della mistica occidentale intende separare all´interno della religione la verità dalla menzogna, e lo fa sostenendo che il cristianesimo è frutto di due componenti, una buona che è quella greca e più precisamente platonica, e una cattiva che è quella ebraica. Infatti mentre «il platonismo dà il regno di Dio, ossia verità e giustizia», «la mitologia biblica dà un Dio esteriore, creatore e signore – un Dio speculare a un´idolatria del corpo, del sangue, della razza», da cui occorre liberarsi per giungere a «un cristianesimo purificato dall´eredità di Israele». Con tale obiettivo Vannini attacca duramente la teologia, la Bibbia e ogni dimensione istituzionale: «teologie, cerimonie, sinagoghe, chiese, con le loro implicite ma non troppo implicazioni razziste di popolo eletto, comunità di santi ecc., fonte continua di discriminazione e di odio». Spesso lo fa con un livore che contrasta con quel "distacco" da lui posto al cuore dell´esperienza mistica, come quando dice che la teologia «è menzogna e peccato, anzi qualcosa di animalesco», un «prodotto della gula spiritualis con una finalità appropriativa, goditiva, golosa». Il discorso raggiunge toni da invettiva soprattutto contro la Bibbia ebraica, per Vannini «serie di falsità create per un´ideologia razziale». Vi sono persino parole che non dovrebbero essere più scritte dopo la Shoah, come quelle secondo cui «gli ebrei, dopo aver fatto uccidere Gesù, perseguitarono sin dall´inizio i suoi seguaci»; oppure quelle secondo cui «figli del demonio, che è padre della menzogna, sono chiamati i giudei da Gesù». In realtà basta leggere i vangeli con attenzione per vedere che Gesù non ha mai definito gli ebrei in quanto tali "figli del demonio", perché il testo precisa che si rivolgeva così a quegli ebrei «che avevano creduto in lui» (Gv 8,31), non al popolo ebraico in quanto tale. Né è lecito dire che furono "gli ebrei" a uccidere Gesù, perché è noto che fu l´aristocrazia sacerdotale del tempio, del partito collaborazionista dei sadducei, a consegnare Gesù al potere romano, che poi giustiziò Gesù in quanto minaccia allo status quo. A uccidere Gesù non furono "gli ebrei", ma il potere religioso e il potere politico uniti in comuni interessi (come spesso accade nella storia). Ma come si fa, ancora oggi, a far ricadere la responsabilità della morte di Gesù su un intero popolo dicendo che "gli ebrei" fecero uccidere Gesù? E sarebbe questo il cristianesimo purificato? In realtà ripetere questi stereotipi, i medesimi dell´antigiudaismo religioso alla base dell´antisemitismo etnico che ha prodotto Auschwitz, è (come minimo) un errore, significa ignorare del tutto i risultati della più accreditata storiografia ed esegesi storico-critica.
Ma è tutta l´impostazione di Vannini a lasciare perplessi, non solo il suo sinistro antigiudaismo. Parlare di teologia, di Bibbia, di Chiesa al singolare, è sbagliato. Vi sono diverse teologie, diversi aspetti delle chiese, diversi libri biblici. E che tra queste variegate realtà ve ne siano di negative è vero, verissimo, e occorre criticarle, guai a non farlo. Ma non esercitare la sapienza della distinzione facendo di ogni erba un fascio, significa venir meno al principale compito del pensiero, significa non consegnare alla società ciò che solo il pensiero può darle, cioè la decantazione delle passioni e la luce calma dell´intelligenza. Dire che la teologia in quanto tale è «negazione della religione vera» significa ignorare la storia della teologia del ´900, nella quale vi sono stati uomini di una grandezza spirituale unica, non inferiori ai maestri medievali cari a Vannini, si pensi a Florenskij, Bonhoeffer, Teilhard de Chardin, teologi che hanno pagato con la vita (martirio rosso e martirio verde) la loro dedizione alla ricerca e al bene del mondo. Come si fa, dimenticandoli, a parlare della teologia nei modi spregiativi e sommari di Vannini?
Ma la vera radice del suo errore consiste, a mio avviso, nel concetto di spirito. Spirito per Vannini è correttamente inteso solo come opposizione ad anima, sorge solo come "distacco", come "rimozione di tutti i contenuti-legami psichici", come "morte dell´anima": perché un uomo possa vivere l´esperienza dello spirito, deve morire nella sua individualità psichica. In questa opposizione tra spirito e anima, e tra anima e corpo, rivive la tradizione dell´agostinismo radicale col suo disprezzo del mondo, in particolare della natura umana. Così Vannini: «La natura umana è la fonte da cui derivano tutti i mali dell´uomo, per cui chi si fonda esclusivamente sull´umano non può essere altro che malvagio»; e ancora, l´uomo deve sapere che «tutto quello che procede da se stesso, dalla volontà propria, è menzogna e procede dal demonio». In fondo per lui la vera menzogna, ben oltre teologia chiesa ebraismo, è la natura umana. Attualizzando il gelido pessimismo antropologico del tardo Agostino che faceva dell´umanità una "massa dannata" e collocava tutti i non battezzati all´inferno, Vannini sostiene mediante il concetto di "distacco" che si entra nell´esperienza dello spirito solo negando la natura umana.
Se il cristianesimo fosse davvero così, Nietzsche avrebbe ragione a definirlo odio verso la salute, la forza, la bellezza dell´esistenza naturale. E che vi siano elementi in tal senso è vero, l´agostinismo radicale lo mostra. Ma per Gesù l´anima non deve morire, ma deve essere salvata, custodita, coltivata; e tutto ciò va fatto in amore con il mondo e con ogni frammento di essere, non nel distacco ma nella comunione (unione-con), con la gioia della fratellanza verso ogni forma di vita, perché, come insegna la Bibbia ebraica, viviamo all´interno di «un´alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne» (Genesi 9,16).
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