Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 19/01/2010,a pag. 4, l'articolo di Marina Valensise dal titolo " Parla Shalom ".
Ecco l'articolo di Marina Valensise:
Silvan Shalom
Roma. Alla visita di Benedetto XVI in sinagoga, il governo israeliano era rappresentato dal vicepremier Silvan Shalom. Ministro della Cooperazione regionale, Shalom è un tipo controllato e se uno gli parla di “paralisi” del governo israeliano, che dal dicembre 2008, dai tempi cioè di Ehud Olmert, ha rinunciato alla trattativa con l’Autorità palestinese, insiste subito sui molti tentativi fatti dal suo governo per migliorare la vita dei palestinesi: “Nel 2009, nonostante la crisi, il nostro pil è aumentato dello 0,5 per cento; quello dei territori del 10 per cento. Noi abbiamo favorito lo sviluppo dell’area industriale di Betlemme, consentito agli arabi di venire a Jenin, dove ogni giorno passano circa 700 camion. E stiamo lavorando attivamente con Tony Blair, inviato del Quartetto, come dimostra l’apertura del varco di Allenby tra la West Bank e la Giordania e il permesso di esportare fragole da Gaza”. Una cosa però è la società civile, altra cosa lo stato. “E’ vero, il presidente Abu Mazen non ha alcuna intenzione di incontrarci. E il premier Salam Fayyad, un economista vissuto in America, mai stato membro dell’Olp, cerca di accreditarsi come nazionalista, per candidarsi alla sua successione. La scorsa settimana ha deciso di mandare al rogo alcuni prodotti delle colonie, per liberare il mercato e non danneggiare l’economia palestinese, pur sapendo che in quel mercato erano coinvolti ben 25 palestinesi. Abu Mazen ha deciso di erigere un monumento alla responsabile, nel 1978, di uno dei più efferati attacchi terrostici contro i civili. Eppure, sono più moderati di altri”. Hamas intanto continua a minacciare l’esistenza di Israele. “Il dibattito in questo caso non è politico, ma religioso”, dice Shalom. “Israele non ha diritto di esistere; il patto sociale di Hamas si fonda su un principio molto semplice: il nostro territorio non appartiene né ai palestinesi né agli arabi, ma a tutti i musulmani nel mondo, al ‘wakeel’, il ‘trustee’ musulmano. Sicché non c’è re, presidente, o premier musulmano che abbia diritto di rinunciare a un centimetro quadrato di territorio. Solo che ora la battaglia tra Hamas e Fatah è diventata cruciale, e noi crediamo che al Fatah la spunterà”. Per Israele il 2010 sarà cruciale, secondo il presidente della Commissione esteri. “Stiamo per prendere una decisione strategica. Sinora, purtroppo, nessuno è riuscito a fermare l’Iran, ma in passato le sanzioni, col Sudafrica, con la Libia, con la Corea del nord, sono servite. Gli iraniani, in caso di sanzioni, credo non avranno altra scelta che bloccare il loro programma nucleare, perché non potranno mantenere al potere il regime. Ma credo pure che aspettare l’accordo di Russia e Cina sia una perdita di tempo. Io spero che seguiranno, altrimenti andremo avanti da soli”. E l’Italia, il miglior alleato di Israele che non rinuncia agli scambi con l’Iran, passati da due ai sei miliardi di euro, e nemmeno all’amicizia con Gheddafi? “L’Italia si è impegnata a garantire la sicurezza di Israele e l’esistenza dello stato ebraico” risponde Shalom. “Certo, ci sono anche gli interessi economici, ma se le sanzioni saranno accettate, non ci sarà nemmeno bisogno del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Basterà che gli Stati Uniti si decidano, e l’Europa, l’Australia, il Giappone, il Canada seguiranno, vale a dire il 60 per cento del commercio internazionale dell’Iran. L’Iran, che ha firmato un contratto di 75 miliardi di dollari per fornire gas e petrolio alla Cina, ha l’ambizione di far rivivere l’impero persiano, per questo mira al potere nucleare e all’egemonia regionale. Vuole creare la ‘contiguità della sharia’, in Iraq, e persino in Siria, oltreché in Libano, dove governa Hezbollah, e a Gaza. E quindi cerca di minare i regimi moderati come l’Egitto di Mubarak, dove è stata appena scoperta una cellula terroristica addestrata da Hezbollah”. Troppe pressioni sull’America E l’America di Barack Obama? “L’America resta il nostro miglior alleato. Abbiamo molti valori in comune, anche se, nonostante il sostegno bipartisan, l’America non accetta il nostro atteggiamento verso le colonie. Noi trattiamo con l’America per riportare i palestinesi al tavolo dei negoziati; ma i palestinesi si aspettano che America e Europa facciano pressioni su Israele, per ottenere concessioni, senza farne di loro. Così, anche se Bibi Netanyahu ha deciso di congelare le colonie per i prossimi dieci mesi, e il governo facilita la vita ai palestinesi, nei territori libri, scuola e tv continuano a incitare all’odio. Nulla cambia, insomma, ma i palestinesi dovrebbero capire che è arrivato il momento di decidere da soli del loro futuro”.
Segnaliamo inoltre il convegno " Il Rapporto Goldstone: un pericoloso fraintendimento" che si terrà a Roma il 21/01/2010, alle ore18:
A un anno dalla guerra tra Israele e Hamas
"Il Rapporto Goldstone: un pericoloso fraintendimento"
Modera : Pierluigi Battista, Corriere della Sera
Intervengono:
Amb. Laura Mirachian - Rappresentante Permanente d´Italia presso l´ONU e le altre Organizzazioni Internazionali a Ginevra
Prof. Dore Gold - Presidente del Jerusalem Center for Public Affairs , Gerusalemme, ex Ambasciatore d´Israele presso le Nazioni Unite di New York
Gen. Giovanni Marizza , ex Vice comandante del corpo d´armata multinazionale in Iraq
Commenti:
On. Fiamma Nirenstein , Vicepresidente della Commissione Esteri, Camera dei Deputati
On. Enrico Pianetta , Presidente dell´Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele
On. Gianni Vernetti , ex Sottosegretario agli Esteri
Giovedì 21 gennaio 2010, ore 18:00
Camera dei Deputati, Sala del Refettorio, Palazzo San Macuto, Via del Seminario 76, Roma
E' necessario accreditarsi con una mail a nirenstein_f@camera.it , o telefonando al 06-67606805 o al 393-8058906. (Per gli uomini è necessario indossare la giacca)
Il 16 ottobre 2009, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, così come successivamente l'Assemblea Generale, ha approvato un rapporto stilato dal Giudice sudafricano Richard Goldstone, sul conflitto tra Israele e Hamas del gennaio scorso.
Per otto anni, le cittadine israeliane intorno alla Striscia di Gaza sono state prese di mira da oltre 9000 razzi da parte di Hamas, l'organizzazione terroristica che oggi governa la Striscia. La guerra di Gaza, scoppiata il 27 dicembre 2008, fu una conseguenza di questo continuo attacco alla popolazione civile israeliana, che ha continuato a perpetrarsi anche dopo il disimpegno dalla Striscia da parte israeliana nell'agosto 2005.
Il Rapporto Goldstone è forse il più pervasivo attacco verso la possibilità di Israele di difendersi dal terrorismo contro i civili e, in generale, verso qualsiasi Stato si trovi a combattere in una guerra asimmetrica in cui vengono usati i civili come scudi umani o come obiettivi nel conflitto. Infatti, coadiuvato da una serie di testimonianze spesso risultate inaccurate o falsificate, Goldstone ha presentato una conclusione che fa di Israele un paese criminale di guerra.
In un periodo in cui in tutto il mondo si combattono guerre asimemtriche contro gruppi terroristici, i principi e la metodologia di Goldstone rischiano di minacciare la sicurezza di tutti i paesi coinvolti nelle guerre contro il terrorismo.
Per discutere di questi temi, l'Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele, con la collaborazione dell´associazione Europan Friends of Israel, invita la S.V. a partecipare a un dibattito dal titolo "Il Rapporto Goldstone: un pericoloso fraintendimento".
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante