Un vero attentato alla libertà di stampa: il giornale israeliano gratuito pro Netanyahu 13/01/2010
Israel Hayom
Cari amici, vi mando questa cartolina per raccontarvi come funzionano bene le forze sane della democrazia israeliana, quelle che capiscono l'importanza della pace, le ragioni dei palestinesi, l'amicizia di Eurabia, le ottime intenzioni di Obama e che avendo avuto il dieci per cento dei voti vorrebbero costringere il novanta per cento che resta ad agire come pensano loro, magari avvalendosi dell'appoggio dei loro importanti amici eurarabi e americani. Insomma, i soloni della sinistra, che in Israele come in Italia ormai non hanno più un vestito intero, a furia di stracciarsi le vesti per i misfatti dell'elettorato sciocco che non li premia. Purtroppo in Israele questa forze sane sono poche, sempre di meno. Kadima (la cui legittimità euraraba è comunque ambigua) è in crisi, i voti di Avodà (i socialisti, che per via di Barak sono ancora meno sani) sono in caduta libera da vent'anni, l'estrema sinistra di Meretz (quella sì davvero perbene come le Ong pagate dalla Comunità Eurapea) è fatta da quattro gatti, tengono solo intorno al dieci per cento i partiti arabi, incluso uno comunista, che hanno l'elettorato garantito. Però i saggi di Israele, diciamo così, hanno potere sui giornali, non tanto la sopravvalutatissima Haaretz, organo ufficiale dei nostri eroi, che è letto dal 7,5 per cento complessivo del pubblico (senza offesa per nessuno, vuol dire la stessa audience nazionale che in Italia è assegnata al "Secolo XIX" o al "Mattino"), ma Yediot Ahronot, che resta al primo posto, con una percentuale del 34,2% dei lettori e soprattutto Maariv con il 14,4%: entrambi lasciano un discreto spazio alla "coscienza critica del paese" e non amano troppo il governo attuale. C'è però una novità, e si chiama "Israel hayom". E' un giornale gratuito, come quelli che si trovano dappertutto nei paesi occidentali. Ha raggiunto il 26,9 % e cresce vertiginosamente. Si regge sulla pubblicità, ha titoli semplici e articoli brevi. Insomma, lo stesso modello delle free press che vediamo all'opera nelle stazioni e nei mezzi pubblici italiani. Ma capite, appoggia il governo Netanyahu, ha una linea patriottica e dunque giustamente l'élite intellettuale di Israele lo considera un pericolo. Pericolo per cosa, oltre che per la loro traballante influenza? Ma caspita, per la libertà di stampa. Se si diffondono loro, tolgono spazio e pubblicità ai giornali amici. Qualcuno potrebbe dire, ricordando il vecchio cinema, "è il mercato, bellezza." E invece no, moralmente la situazione è del tutto diversa. Secondo l'Ansa, il cui impegno per la democrazia di Israele è noto a tutti: "La libertà di espressione e la democrazia si trovano adesso esposti ad una minaccia senza precedenti e distruttiva", ha ammonito su Maariv il columnist Ben Caspit. "L'obiettivo di Israel ha-Yom - sostiene - è di distruggere la stampa libera in Israele", costringendola a misurarsi in condizioni sfavorevoli (per la concorrenza anche di internet e della televisione) con un prodotto giornalistico offerto gratis al pubblico. A questo punto, secondo Maariv, è dovere della Knesset, il parlamento, adottare le necessarie misure di tutela." E, guardate un po', informa ancora l'Ansa "parlamento alcuni deputati si chiedono ora se sia accettabile che il proprietario di un mezzo stampa talmente influente viva all'estero." Si dà il caso infatti che proprio l'editore di "Israel Hayom", l'uomo di affari statunitense Shedon Adelson, viva all'estero. Un po' come da noi l'ing. de Benedetti, editore di "Repubblica", vive in Svizzera. In nome della libertà di stampa, sostengono "alcuni deputati", bisognerebbe certamente chiudere questo nuovo mezzo. Vi lascio indovinare a che parte politica appartengono questi deputati così solleciti della libertà degli israeliani di essere informati solo dai loro amici. E vi lascio pensare cosa si direbbe in Eurabia se qualcuno proponesse con qualche pretesto di chiudere "Haaretz" (o "Repubblica"). Ma si sa, nella vita – in Israele come in Italia come in Svizzera - ci sono i migliori e i peggiori, quelli che hanno le idee giuste e quelli che votano in maggioranza da un'altra parte. Almeno così pensano queste élites israeliane (ed anche italiane) evidentemente più abituate alla severa lettura di Platone e ai suoi filosofi re che alla bassa pratica delle maggioranze ondivaghe che fanno la democrazia. Se non si riesce a sconfiggere quelli che pensano male alle elezioni, perché non squalificarli per via morale o con qualche marchingegno giuridico? Sempre in nome della libertà e della democrazia, è chiaro. Beati i paesi che hanno élites così illuminate.