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Ugo Volli
Cartoline
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Gaza, la religione del Falchetto 11/01/2010

" Gaza, la religione del Falchetto "


Joe Fallisi

Cari amici,
come mi capita abbastanza spesso, ho ricevuto da una lettrice un testo prezioso, di cui la ringrazio. In sé non è niente di speciale, la solita intervista pubblicata su un blog filospalestinese, con l'autrice sdraiata a tappetino davanti a un eroico pacifista. Lei non mi ha colpito, lui invece sì, per le ragioni che vedrete. Si chiama Joe Fallisi, viene definito "tenore" e a quanto pare sta facendo o stava facendo qualche giorno fa uno sciopero della fame al Cairo per protestare contro il governo egiziano che non ha fatto entrare lui e altri gloriosi turisti della pace a Gaza, poverini. Di se stesso dice di aver "raggiunto Gaza due volte, unico cantante lirico al mondo ad aver avuto la possibilità, il piacere e l'onore di cantare al Teatro Shawa di Gaza city. [...] Ho scritto finora cinque canzoni per  Gaza e per la Palestina, una, 'Verrà', è già incisa. Appena torno registrerò anche le altre: 'Gaza vivrà', 'Lifeline', 'Oh Madre Palestina', 'Fino all'ultimo giorno-respiro'. Il ritornello di quest'ultima dice: "son pochi gli anni da vivere che noi abbiam. Difenderò i miei fratelli fino all'ultimo giorno-respiro che il ciel mi darà"."
 
Cari amici, giù il cappello, questo Joe Falchetto, o come si chiama, dev'essere certamente un grande artista. Se canta con lo stesso disprezzo per la sofferenza altrui con cui sembrano scritti i versi delle sue canzoni, i filopalestinesi in Italia hanno finalmente trovato quanto di più simile all'arma assoluta che gli piace tanto in mano ai pretoni iraniani. Alla prossima manifestazione lo fanno cantare e la polizia si squaglia. Come dice l'amica che mi ha mandato questo testo, c'è da aver paura.
Andiamo avanti. Della truppa dei 1400 marciatori, spiega  la  solerte intervistatrice, è l'unico ad aver continuato a digiunare – scelta forse raccomandabile dal punto della salute, vista la stazza caratteristica del suo mestiere. E però il nostro Joe Falchetto ha messo uno strano termine al suo digiuno: "ho annunciato pubblicamente in piazza la mia volontà di terminare lo sciopero solo nel momento in cui avessi toccato il suolo di Gaza o, se questo non fosse avvenuto, sull'aereo di ritorno." Insomma, un esilarante penultimatum all'italiana – o se volete, un segno di buon senso: sacrifichereste voi le vostre simpatiche rotondità al disprezzo per Mubarak? Io francamente non ci penso, ma certamente non faccio testo. Comunque Joe Falchetto non mangia finché non sale sull'aereo, speriamo per lui che non sia un low cost, dova non ti danno niente.
 
Lasciamo stare la linea del Falchetto e passiamo alla ragione per cui ho deciso di sottoporvi questo bizzarro personaggio. L'intervistatrice, mostrandosi per una volta particolarmente acuta e originale, a un certo punto gli domanda: "Quali sono le motivazioni alla base di questa tua coraggiosa  scelta?  Scioperi per chi e per cosa?" Coraggiosissima la scelta, certamente. Ma già perché digiuna? Già, perché? Perché non canta le sue romanze alla Scala o al Conzertgebaw o anche solo all'opera di Romna e pèassa il tempo a importunare i poveri egiziani, senza parlare degli israeliani?

State attenti: "Protestare per  Gaza credo sia particolarmente importante perché la situazione che vive da troppo tempo la Palestina Occupata e in particolare la popolazione lungo la Striscia è il punto focale di tutte le ingiustizie del mondo. E attorno ad essa ruota il destino del mondo. Quel che ha subito Gaza nei 22 giorni di attacchi unilaterali  e assassini dell'entità sionista [...] e quel che subirà a causa della decisione egiziana di costruire il muro di ferro per impedire il passaggio di merci, beni e persone sono gli ultimi atti di un'infamia che oggi non ha eguali. Dietro ciò che accade a Gaza ci sono la menzogna, l'iniquità e l'orrore umani. Menzogna radicale, perché il mondo finge che si tratti di una situazione di quasi normalità mentre invece non lo è nel modo più assoluto."

Ignoriamo la sintassi traballante, facciamo finta che sia colpa dell'intervistatrice. Non consideriamo i tratti deliranti, in fondo la ciccia è sua, lui è adulto, da quanto capisco e certamente consenziente. Lasciamo stare perfino "l'entità sionista", "il muro di ferro" (che per una volta è quello egiziano, non la barriera di separazione) l'idea che Gaza sia "occupata" senza la presenza di nessun occupante, l'altra per cui gli "attacchi" israeliani sarebbero stati "unilaterali" (cioè senza oppositori? E quelli di Hamas, della Jihad islamica che facevano,avevano marcato visita? Tutti da licenziare?) e altre amenità del genere, bizzarre nel merito ma perfettamente in linea con la propaganda islamista, come il resto dell'intervista. Insalata di parole, come dicono gli psichiatri.

Io però sono rimasto colpito da un paio di piccole frasi del Falchetto e credo che valga la pena di approfondirle: Gaza per il nostro superbo tenore sarebbe "il punto focale di tutte le ingiustizie del mondo. E attorno ad essa ruota il destino del mondo." E' strano, no? Anche a evitare discorsi poco eurarabi sull'Iran e sulla Corea, al mondo ce n'è per tutti i gusti: la Cecenia e il Darfur e il Tibet e la Somalia, quelli che muoiono di fame e di Aids nell'Africa subsahariana, i bambini prostituiti della Thailandia e quelli denutriti del Sahel, le donne violentate e poi lapidate in Nigeria, le favelas sudamericane e la miseria asiatica. Insomma il male è diffuso. Terribilmente. La maggior parte dei paesi del Terzo Mondo sono dittature corrotte e sanguinose, l'accesso alle risorse vi è spaventosamente diseguale, qua e là si muore letteralmente di fame. In questo secolo c'è stato il genocidio armeno, la Shoà, le stragi in Ruanda. Eccetera. E invece "il punto focale di tutte le ingiustizie del mondo" per il nostro Falchetto è Gaza. "E attorno ad essa ruota il destino del mondo." Il destino del mondo, nientepopodimenoche.

Ma non bisogna ridere, non la pensa così solo Joe Falchetto, anche per molte persone perbene e magari più acute di lui lo scandalo è quello, bisogna prenderne atto, che ci piaccia o meno. Che a Gaza ci sia un'agenzia dell'Onu apposta per assistere i profughi, che non si sia registrato un solo caso di morte di fame, che le torture e gli assassini se li siano inflitti a vicenda Hamas e Fatah, per costoro non importa. Ci sono gli israeliani che uccidono i bambini, quella è "una prigione a cielo aperto" o "Auschwitz". Ma perché? Come dice il tappetino, perché digiunano? (O protestano, o bruciano bandiere, o magari anche sinagoghe, se potessero con la gente dentro?) Perché?

Onestamente, non sono mai riuscito a capire perché dicessero cose del genere, ma Joe Falchetto mi ha aperto gli occhi: Gaza è diventata una religione, una fede, non solo un'ideologia politica. L'atteggiamento nei confronti di Gaza è come quello su Madjugorje o Lourdes. Non importa che non ci siano le prove, anzi è bene che sia così. Credo quia absurdum. Il centro del mondo è lì, solo che è assalito, profanato. Naturalmente ci sono dei demoni, dei miscredenti, degli ebrei, che cercando di distruggere tutto. Lì è il sacro, da lì verrà la salvezza o la perdizione, "attorno ad essa ruota il destino del mondo." Gaza nostra che sei in terra...

Ragazzi, ha ragione la mia amica. Che paura.

Ugo Volli


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