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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
10.01.2010 Il testamento dell'infiltrato-suicida
L'analisi di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 10 gennaio 2010
Pagina: 18
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Il vendicativo testamento del kamikaze-infiltrato»

Sul CORRIERE della SERA di oggi, 10/01/2010, a pag.18, l'analisi di Guido Olimpio, dal titolo " Il vendicativo testamento del kamikaze-infiltrato ". Ci auguriamo che Obama lo studi con attenzione e ne tragga le debite conseguenze. Ecco l'articolo:

WASHINGTON — Chi ha armato il missile umano, Hammam Al Balawi, aveva messo in conto che l’attentatore potesse essere perquisito. E per questo ha confezionato una bomba ad alto potenziale, resa ancora più micidiale da dozzine di biglie di ferro.

Rivendicazione Un’immagine del video di Al Balawi (a destra). Con lui Hakimullah Mehsud, leader dei talebani pachistani (

Al Balawi è entrato nella base di Khost il 30 dicembre a bordo di una vecchia station wagon, quindi è sceso dalla vettura tenendo la mano destra in una tasca. Un agente, addetto alla sicurezza, si è avvicinato per perquisirlo e gli avrebbe detto «togli la mano». Al Balawi ha risposto innescando la cintura esplosiva. La deflagrazione ha raggiunto, con effetti devastanti, anche l’intero team della Cia in attesa ad una ventina di metri. Otto imorti: tra loro la responsabile della squadra, una veterana che dal 2001 era sulle tracce di Al Qaeda, una seconda agente donna— Elizabeth Hansen— e il capitano Zaid, ufficiale dei servizi giordani che gestiva l’attentatore come infiltrato.

Una spia che però è sfuggita al controllo e ne ha spiegato i motivi in un video di rivendicazione registrato alla vigilia dell’attentato e trasmesso ieri dalla tv Al Jazeera. Al Balawi vi appare in mimetica insieme ad Hakimullah Mehsud, leader dei talebani pachistani.

Citando un versetto del Corano, il militante con un passato di dottore ha spiegato che non ha accettato di svendere il suo credo nonostante «abbiano messo il Sole nella sua mano destra e la Luna nella sinistra». I giordani e gli americani gli avrebbero offerto «milioni di dollari per spiare i mujaheddin», invece lui si è unito ai guerriglieri condividendo con loro molti segreti. L’attentato, ha aggiunto, è la vendetta per l’uccisione di alcuni capi integralisti a cominciare da Beithullah Mehsud, altro tagliagole pachistano fatto fuori da un missile statunitense in agosto.

La versione dei militanti è che Al Balawi non ha mai tradito la causa. Reclutato oltre un anno fa dagli 007 giordani dopo un arresto, il medico ha finto di collaborare accettando di unirsi ai gruppi islamisti in Pakistan. In realtà ha continuato ad aiutare gli islamisti. Al Balawi, con il nome di battaglia di Abu Duyana, era, infatti, molto attivo come blogger jihadista, una fonte di ispirazione diventato oggi un modello da seguire. La moglie turca, con la quale ha avuto due figlie, ha subito detto di essere «fiera» del marito e il padre ha addossato la responsabilità alle «ingiustizie» commesse dagli Usa.

Americani e giordani raccontano un’altra storia. L’infiltrato— dicono — era davvero importante, grazie alle sue soffiate la base Cia di Khost ha potuto organizzare devastanti raid dei droni costati la vita a molti capi qaedisti. Quindi potevano fidarsi, anche se resta inspiegabile il motivo per il quale non sia stato perquisito all’esterno dell’avamposto. E, fonti statunitensi aggiungono particolari inquietanti. Nel corso del 2009 l’intelligence ha scoperto, con la macchina della verità e «altri strumenti», alcuni agenti doppi. Lavoravano per la Cia ma non avevano mai voltato le spalle ai militanti. «Talpe» che rispondevano agli ordini del network Haqqani e di Gulbudin Hekmatyar. A Washington sono convinti che i terroristi abbiano ricevuto un addestramento specifico da ex ufficiali dei servizi pachistani. E gli artificieri stanno studiando con attenzione i frammenti dell’ordigno, perché ritengono che sia diverso da quelli impiegati di solito. Per sferrare l’attacco qaedisti e miliziani locali hanno messo insieme le forze. Un’operazione studiata nel tempo da un apparato che dispone del proprio contro-spionaggio. L’intelligence alleata è consapevole di avere davanti elementi ben preparati, ma nel caso di Al Balawi ha sottostimato il pericolo. Un errore determinato da quello che l’infiltrato aveva offerto: la testa di Ayman Al Zawahiri. Solo così si spiega la presenza contemporanea nella base di Khost di una dozzina di funzionari, compreso il numero due della Cia in Afghanistan.

Incassato il colpo— grave sul piano tattico e psicologico— gli Usa sono passati al contrattacco. Una vendetta affidata ad una serie di incursioni di velivoli senza pilota nel Waziristan del nord, una delle aree dove gli insorti hanno i loro nascondigli. Sei attacchi in sette giorni — dozzine le vittime— che portano ad oltre 50 gli attacchi di questo tipo a partire dal 2009. Un messaggio pesante per ristabilire un principio di deterrenza rafforzato dall’uso di un’arma temuta dagli estremisti. Una campagna che conferma come i destini dell’Afghanistan siano sempre più legati a quelli del Paese vicino. Hammam Al Balawi nel video-testamento era seduto vicino non ad un afghano ma all’emiro dei Tehrik-i-Taliban pachistani.

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