Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/01/2010, a pag. 37, la risposta di Sergio Romano dal titolo " Il dilemma della Turchia fra l'Europa e l'Asia ".
Romano è molto favorevole all'ingresso della Turchia in Europa, e scrive : "Non mi sembra giusto, d’altro canto, sostenere che la Turchia non abbia cercato di adeguare le proprie leggi ai criteri di civiltà e democrazia dei Paesi membri dell’Ue ". Non è ben chiaro in che cosa consistano gli sforzi che la Turchia avrebbe fatto per avvicinarsi agli standard di democrazia richiesti per entrare in Ue. La libertà d'espressione, di opinione, sono a rischio di galera. Romano ha dimenticato i processi a carico dello scrittore turco Pamuk?
La Turchia è un paese islamico che si sta avvicinando sempre di più a Siria e Iran. Non ha nulla a che vedere con le democrazie occidentali. Per questi motivi il suo ingresso in Unione Europea non è possibile.
Ecco lettera e risposta di Sergio Romano:
Da una sua recente risposta sulla Turchia si ha l’impressione che i lunghi tempi per la sua adesione alla Ue siano da addebitarsi a quest’ultima. Se non erro l’accettazione della candidatura e il relativo processo di negoziazione richiedevano che la Turchia modificasse alcune parti della sua Costituzione e che abbandonasse quella parte dell’isola di Cipro militarmente sottomessa parecchi anni fa. Non mi consta che tali condizioni siano state completamente soddisfatte. Più in generale ritengo che la cultura, nel senso più ampio del termine, della Turchia mal si integri con la cultura dei 27 Stati attualmente membri dell’Ue. Nella pubblica opinione molti non capiscono perché 73 milioni di turchi dovranno pronunciarsi mediante referendum per l’adesione all’Ue, mentre 493 milioni di cittadini dell’Ue non abbiano la possibilità di esprimere la loro opinione circa l’adesione della Turchia.
Elio Bevere
bevere@pt.lu
Caro Bevere,
Rispondo anzitutto all’ultimo punto della sua lettera. Le nuove adesioni sono soggette all’approvazione unanime del Consiglio europeo e niente vieta a uno Stato membro di consultare con un referendum i propri elettori. Questa è la promessa fatta ai francesi da Jacques Chirac quando era presidente della Repubblica e, più recentemente, da Nicolas Sarkozy durante la sua campagna elettorale.
Non mi sembra giusto, d’altro canto, sostenere che la Turchia non abbia cercato di adeguare le proprie leggi ai criteri di civiltà e democrazia dei Paesi membri dell’Ue. La legge sull’adulterio femminile è stata modificata per tenere conto delle richieste europee. Il trattamento della minoranza curda è stato migliorato. Le frontiere con l’Armenia sono state riaperte. E sulla questione di Cipro la Turchia ha qualche buona ragione per lamentarsi della politica dell’Unione. Sono i ciprioti greci, non quelli turchi, che hanno respinto con un referendum il progetto dell’Onu per la riunificazione dell’isola. Vi sono altri episodi, meno positivi, come quello dell’enorme ammenda per evasione fiscale (due miliardi e 400 milioni di euro) inflitti a un gruppo editoriale che ha il difetto di essere ostile al governo. Ma credo che esistano parecchi Paesi, tra i membri dell’Ue, che non hanno alcun titolo per impartire lezioni ai turchi. E non dimentichi infine, caro Bevere, che l’Ue si è impegnata sin dal 2005 a lavorare per l’adesione della Turchia. Continuo a pensare che non abbiamo il diritto di sorprenderci se questo Paese cerca altrove gli spazi utili alla sua influenza politica ed economica. La sua politica mediorientale e caucasica di questi ultimi tempi è comprensibile. Se l’Ue la tiene in sala d’aspetto, la Turchia ha il diritto di guardarsi attorno.
Esiste tuttavia un problema che soltanto i turchi possono risolvere. Secondo i dati di Thomson Reuters, una delle maggiori fonti d’informazione sull’economia globale, le esportazioni della Turchia verso il Medio Oriente sono andate progressivamente crescendo, soprattutto dopo lo scoppio della crisi, sino a rappresentare il 22,3% del totale. Ma la quota maggiore (49,5%) è destinata all’Europa. In altre parole i successi della Turchia nel mondo arabo-musulmano dipendono principalmente dal fatto che può fornire merci e beni strumentali di livello europeo. Può avere un ruolo dominante in Medio Oriente soltanto se continua a essere europea: una esigenza che dipende in buona parte dai suoi rapporti con l’Ue.
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