Riportiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 04/01/2010, a pag. 17, l'intervista di Francesca Caferri a dal titolo " Pubblicare quelle vignette fu giusto, non ci faremo intimidire dalla violenza ".
Ralf Pittelkow, opinionista del quotidiano danese POSTEN, commentatore sulle questioni islamiche,è stato dal primo giorno uno dei più strenui difensori del diritto del giornale a pubblicare delle vignette su Maometto
Nella tempesta che ha travolto il Jyllands Posten dalla pubblicazione delle vignette su Maometto in avanti, Ralf Pittelkow è stato in prima fila. Opinionista del quotidiano danese, commentatore sulle questioni islamiche, autore - insieme alla moglie Karen Jespersen, ex ministro del Welfare e dell´uguaglianza - del best-seller Islamisti e buonisti. Atto d´accusa, Pittelkow è stato dal primo giorno uno dei più strenui difensori del diritto del giornale a pubblicare delle caricature. Non ha cambiato idea dopo i numerosi attacchi sventati contro la sede del Posten e i suoi giornalisti. Non lo fa neanche di fronte all´ennesima aggressione a Kurt Westergaard, autore della più famosa delle vignette, quella in cui Maometto ha una bomba in testa al posto del turbante.
Signor Pittelkow, sono passati 4 anni dalla pubblicazione delle vignette e la tensione non diminuisce: come avete reagito di fronte a quello che è accaduto venerdì notte?
«Sapevamo che sarebbe successo di nuovo, nessuno di noi si è mai illuso che fosse finita. Un attacco alla sede del giornale è stato sventato solo pochi mesi fa. È chiaro, non potevamo prevedere come, ma sapevamo che Westergaard sarebbe finito ancora nel mirino. Questa vicenda è ormai nota in tutto il mondo, gli estremisti usano le vignette come esempio per dire quanto l´Occidente sia aggressivo e razzista nei confronti dei musulmani. La stessa Al Qaeda si fa propaganda su questa storia. Il risultato è che la Danimarca è ormai in cima alla lista degli obiettivi terroristici, come l´attentato all´ambasciata di Islamabad qualche mese fa ha dimostrato. Siamo secondi solo a Stati Uniti e Israele nel livello di rischio».
E come fate i conti con questa vicenda?
«La Danimarca non è, più di altri Paesi, una base per i movimenti terroristici. Non ci sono più terroristi a causa delle vignette. C´è la comunità musulmana che non condivide il fatto che siano state pubblicate, ma non per questo - a parte qualche caso isolato, e che fa riferimento a pochi estremisti - condivide la violenza che si è scatenata in seguito a quella vicenda. E c´è il resto del Paese, che ancora oggi pensa sia stato giusto pubblicarle, perché in gioco c´era la libertà di stampa e di opinione: i danesi non hanno intenzione di smettere di discutere tutte le questioni sociali, compresa la libertà di stampa e di religione, perché qualche estremista ci prende di mira. L´effetto di questa vicenda sulla società non è stato drammatico: la vita è andata avanti e andrà avanti».
E il suo giornale? Quattro anni dopo, il Posten è pentito di aver pubblicato quelle vignette?
«Non posso parlare a nome del comitato editoriale, ma posso dire che la maggior parte della gente qui in Danimarca, e la maggior parte dei giornalisti del Posten, sono convinti che si debba poter parlare di ogni argomento, compresi quelli scomodi. Ricordiamoci che tutti i giornali danesi ripubblicarono le vignette nel 2005 in solidarietà con noi. Forse oggi non lo faremmo, noi e loro, ma solo per una questione di prudenza di fronte alla tanta violenza che si è scatenata. Però la posizione di base è ferma: nessuno dovrebbe poter usare la violenza per influenzare ciò che possiamo o non possiamo dire».
Per inviare la propria opinione a Repubblica, cliccare sull'e-mail sottostante