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Sulla stupidità dell'Occidente 28/12/2009

Vi allego il testo di un  mio articolo sull'argomento caro a Ahmednedjad. Un solo appunto: non tutti i mezzi di comunicazione nostrani hanno taciuto il fatto. Il Giornale ne ha dato conto.

Cordialità

Maurizio Del Maschio

OCCIDENTE ANESTETIZZATO E L'ISLÀM

“Tu non sei né freddo né caldo. Magari fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3,15-16). L’Occidente è cieco, narcotizzato, anestetizzato proprio come la comunità di Laodicea, citata nel Libro dell'Apocalisse, alla quale sono rivolte queste inquietanti parole.
Il fondamentalismo è un’epidemia ormai dilagante. Il dibattito sul multiculturalismo, sul meticciato di civiltà rischia di divenire una pura masturbazione intellettuale, una visione onirica fuori dal reale, una subdola forma di vigliaccheria. Per dialogare occorre conoscere se stessi e l'interlocutore e solo chi conosce può valutare, altrimenti si rischia un dialogo fra sordi. Chi sogna il meticciato di civiltà come un processo innocuo, tranquillo e indolore non fa i conti con la storia. Ogni crisi di civiltà è stata traumatica, violenta e sanguinosa; quella attuale non fa eccezione.
L'Occidente che vuole il dialogo deve essere consapevole della propria natura, della propria immagine e deve smetterla di farsi un'immagine di comodo della controparte islamica, di pensare che l'”altro” ragioni come noi, abbia le medesime categorie mentali, la stessa struttura di ragionamento. Non è così. L'Islàm è statico, non è passato per l'umanesimo, non ha avuto un secolo dei lumi, non conosce libertà di pensiero. Il suo obiettivo è l'islamizzazione globale, l'unica via di salvezza per l'umanità. La sua stella polare è il Corano, un libro sigillato, non interpretabile, di cui va fatta solo una lettura letterale.
Il mondo islamico è difficilmente permeabile e diffidente nei confronti di tutto ciò che viene dall'Occidente. Non si può negare che abbia pure delle buone ragioni, dal momento che l'Occidente mostra impudicamente i suoi aspetti peggiori. Il rifugio nell'integralismo religioso è una forma di difesa contro le aggressioni della società occidentale che ha perso la bussola, ha rinunciato ad ispirarsi a quella piattaforma di valori che a lungo ha costituito il suo punto di forza, che le ha permesso di raggiungere vertici di civiltà insuperati. Per la preservazione di quei valori si sono combattuti aspri conflitti contro chi voleva scardinare le basi della nostra società. Per questo l'Islàm ritiene l'Europa una terra atea e perciò bisognosa di urgente islamizzazione.    
Gli incroci tra culture sono un punto di forza, una garanzia di evoluzione e di maturazione, ma quando si inserisce il veleno del fondamentalismo religioso, sia esso indù, islamico, cristiano, ebraico o di qualsiasi altra matrice, tutto crolla, nessuna integrazione è possibile. Oggi non c’è ancora un dibattito universale libero dal ricatto del politically correct. Combattere il fondamentalismo non significa essere islamofobi, ma rifiutare ogni forma di integralismo religioso, oltreché politico, senza violare la libertà religiosa della persona. Oggi, manipoli sempre più numerosi di giovani e ferventi radicali, sotto la guida di imam cinici e senza scrupoli, si sono impadroniti della fede islamica asservendola ad una ideologia delirante. Essi si sono arrogati il ruolo di protagonisti della riscossa dell'Islàm sull'Occidente e sembrano prevalere sulla maggioranza disorientata, timorosa e silenziosa. È sconcertante, ma si deve riconoscere che il fondamentalismo e l'integralismo non infrangono la fede islamica, non contraddicono il Corano che, anzi, è citato a memoria per giustificare scelte per noi inconcepibili. Ciò crea scandalo e vergogna su tutta la comunità islamica.
Occorre farla finita con il buonismo, che non è sinonimo di bontà. Si deve rigettare l'ipocrisia, fuggire dai bizantinismi e dai facili e ingannevoli embrassons-nous. Si deve conoscere l'”altro” per quello che è, con le sue doti e con i suoi difetti, senza enfatizzarne la diversità ma pure senza ignorarla. Altrimenti, si rischia di perdere di vista e di tradire la dimensione universale di principi sui quali non può esserci compromesso. Occorre essere schietti, aperti e disponibili, ma anche intransigenti sui valori fondamentali ed irrinunciabili che costituiscono una conquista di civiltà, vigilanti nei confronti di chi usa i nostri principi e le nostre istituzioni per imporre le proprie idee. 
Una seria analisi delle dinamiche del terrore deve svincolarsi dalle riflessioni storiche sulle colpe passate e presenti dell’Occidente, pena la perdita della lucidità e della forza indispensabili per contrastare la minaccia che ci sovrasta. La storia denuncia errori, soprusi e prevaricazioni messi in atto da tutti i suoi protagonisti, situazioni da cui guardarsi per non ripeterle, magari sotto altra forma, ma non possiamo limitarci a considerare il passato. Di fronte all’orrore del fondamentalismo, ogni ragionamento che si concentra solo sulle responsabilità storiche delle ex-potenze coloniali si riduce a debole pretesto per nascondere la vera colpa del nostro tempo: l'incapacità di vedere il male, di distinguerlo dal bene e di combatterlo. l’Occidente continua a distogliere lo sguardo. È doloroso vedere la nascita e la diffusione della metastasi che lo consuma, il dilagare della fantasia patologica che porta al delirio di un cieco e sterile antiamericanismo e al terrore pianificato come arma di scontro e di sopraffazione. Le verità sottaciute inaridiscono lo spirito del multiculturalismo, messo a dura prova proprio dallo scontro con norme e prassi della shari'a sovente inconciliabili con il sistema giuridico occidentale. L’unica possibile convivenza si radica sullo sforzo di fare chiarezza e di rivendicare con severa fermezza ciò in cui crediamo. Non è ammissibile rispettare chi usa la violenza per imporre la sua verità, chi crede che l’onore macchiato vada lavato nel sangue, chi ritiene che procurare la morte altrui e persino la propria sia un mezzo di garantita salvezza. Nel mondo islamico esistono pratiche umanamente intollerabili: dai matrimoni forzati ai delitti d’onore, dalle mutilazioni femminili  allo stupro coniugale, fino al sacrificio dei figli - che sono proprietà dei padri come le mogli lo sono dei mariti -, elevati alla dignità di “martiri” mentre sono ridotti solo a vili e miserabili terroristi.
Gli spiriti autenticamente liberi non vogliono, non possono, non devono temere di denunciare con chiarezza e con fermezza questa realtà. Il dilagare dell'Islàm, anche nella nostra Europa sempre più scristianizzata, è dovuto proprio alla rinuncia di quei valori che hanno concorso in modo determinante alla nostra identità. La forza dell'Islàm sta nella debolezza altrui e la rivendicazione dei principi di libertà che stanno alla base della democrazia sono il grimaldello per scardinare la nostra società ed espandere quella islamica. Ad ogni passo indietro che noi facciamo in nome della tolleranza corrisponde un passo avanti di chi non ammette tolleranza e vuole imporre il proprio punto di vista.
La speranza sta nell’educazione, nella cultura che rafforza la consapevolezza e l’indipendenza di giudizio. La conoscenza e la trasmissione delle culture, anche di quelle diverse dalla propria, è un importante contributo al processo di emancipazione. L'insegnamento dell'odio, dell'esclusione, della sopraffazione - come, ad esempio, avviene sovente in occasione della preghiera del venerdì da noi come, ad esempio, in Palestina complice l'indifferente Unione Europea - porta alla catastrofe. Il tentativo di imporre la propria fede religiosa conduce allo scontro e alla sofferenza. Per contro, il confronto schietto e leale porta alla civile e serena convivenza. Se non si accetta questo principio, il terrore regnerà sovrano, in Occidente come in Oriente. L'Europa deve destarsi dal suo torpore ed essere vigilante se non vuole rinunciare a quei principi di libertà su cui si fonda la sua civiltà. Sembra che Poitier, Lepanto e Vienna non siano bastati: c'è ancora chi crede che il confronto sia ancora aperto, che ci sia un'altra opportunità. Per i musulmani il tempo non è importante: conta solo l'obiettivo. Non illudiamoci. Continuando a far finta di nulla, a ritenere che tutto si componga da sé, che con il buonismo tutto s'aggiusti, si fa la fine delle tiepide comunità cristiane del nord Africa e dell'Asia mediterranea, che si dissolsero nell'ecumene islamica.
Maurizio Del Maschio


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