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La Repubblica Rassegna Stampa
28.12.2009 Ecco che cosa succede al confine con il Libano
Sequestrato dall'Unifil grosso quantitativo di esplosivo da usare contro Israele. Cronaca e intervista a Claudio Graziano di Pietro Del Re

Testata: La Repubblica
Data: 28 dicembre 2009
Pagina: 18
Autore: Pietro Del Re
Titolo: «Libano, maxi-sequestro di esplosivo - L´Unifil ha fermato la guerra ma è presto per parlare di pace»

Riportiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/12/2009, a pag. 18, l'articolo di Pietro Del Re dal titolo " Libano, maxi-sequestro di esplosivo " e la sua intervista al generale Claudio Graziano dal titolo " L´Unifil ha fermato la guerra ma è presto per parlare di pace ". Ecco gli articoli:

" Libano, maxi-sequestro di esplosivo "

 
Hezbollah

NAQOURA (LIBANO) - Era destinato alla fabbricazione di razzi da sparare contro Israele, o forse a compiere uno o più attentati, il grosso quantitativo di esplosivo sequestrato a El Khiam dal contingente spagnolo delle forze Onu nel Sud del Libano (Unifil). Insospettiti da un gruppo di uomini che si muoveva furtivamente attorno al villaggio, e che una volta interpellato s´è dileguato nell´oscurità, i caschi blu hanno allertato l´esercito libanese. Insieme hanno poi trovato 250 chili di esplosivo: il sequestro più importante degli ultimi tre anni. Secondo il generale Luigi Francavilla, comandante della base italiana Ficucello di Tibnin, questo tipo di ritrovamenti si fa sempre più di rado a sud del fiume Litani, che è quella porzione di Libano dove dal 2006 opera l´Unifil. Dice Francavilla: «Prima della risoluzione 1701, le armi o l´esplosivo destinati a Hezbollah entravano liberamente dalla Siria. Oggi non più».
Da allora, infatti, le cose sono cambiate, poiché le nuove regole considerano illegali tutte le armi che non sono quelle dell´esercito libanese. La situazione è tuttavia controversa, perché sia il precedente governo di Beirut sia quello attuale hanno di fatto riconosciuto la legalità delle armi di Hezbollah, che sono viste non più come elemento di aggressione ma come un baluardo della difesa del Paese contro l´esercito di Gerusalemme.
Sono tre i toponimi al cuore del contenzioso con Israele: l´abitato di Ghagar, le quattordici fattorie di Shebaa e le colline di Kfar Shouba. Agli occhi dei libanesi questi luoghi giustificano la «resistenza» di Hezbollah, ossia la sua ala militare, che conta circa 40 mila miliziani.
In quella regione così ambita, divisa dalla Blue line, la linea armistiziale dietro la quale si sono ritirate le truppe di Israele, resta un simbolo dell´odio che anima le due parti. Consiste nella tomba di due uomini di fede del passato, uno sceicco e un rabbino, sepolti nello stesso punto. A proteggere questo doppio santuario è stato necessario costruire due basi militari: una israeliana, l´altra del contingente indonesiano delle Nazioni unite.

" L´Unifil ha fermato la guerra ma è presto per parlare di pace "


Gen. Claudio Graziano

NAQOURA (LIBANO) - «Visto che non si può ancora costruire una pace permanente, il nostro obiettivo è quello di costruire una non-guerra irreversibile», dice il generale Claudio Graziano, comandante della missione Onu in Libano (Unifil) dal 2007, che incontriamo al quartier generale di Naqoura, a pochi chilometri da Israele. «In Medio Oriente le passioni sono forti e tutti hanno sofferto molto. Ma solo attraverso la pace si risolveranno i problemi che affliggono la popolazione».
Generale Graziano, a fine gennaio lo spagnolo Alberto Asarta Cuevas la sostituirà al comando di Unifil. Qual è il primo consiglio che si sentirà di dargli?
«Di essere fermo ed equidistante con le parti, e di non avere rapporti con i partiti politici ma solo con le istituzioni».
Qual è il bilancio dell´operato di Unifil dopo la guerra del 2006?
«I cambiamenti sono stati enormi e non solo per la ricostruzione delle case o la rimozione delle cluster bombs, ma anche per il fatto che da quel momento è cominciato il dispiegamento dell´esercito libanese nel Sud del Libano. Dove prima c´erano solo le milizie adesso c´è la legalità. Un altro risultato importante è stato mantenere la cessazione delle ostilità tra il Libano e Israele».
Nel Sud del Libano ci sono ancora 13 mila caschi blu. Quali sono i problemi irrisolti?
«Il primo è che i notevoli cambiamenti avvenuti nella fiducia reciproca non sono stati confermati dalla situazione diplomatica: pur avendo cessato le ostilità, Israele e Libano sono ancora in guerra. Solo dopo il cessate il fuoco potrà cominciare il processo di pace».
Le sembra prossimo il giorno di un possibile ritiro di Unifil dal Paese?
«No, perché le parti continuano a dire che c´è bisogno della nostra presenza per garantire la sicurezza. Ci sono poi ancora tante armi nel Libano, e i campi palestinesi continuano ad essere un problema per via dei terroristi che vi trovano rifugio».
C´è chi continua a considerare il partito di Dio una organizzazione terroristica. Lei che idea s´è fatto?
«A parte gli Stati Uniti, soltanto la Gran Bretagna considera terrorista Hezbollah. Ma lo stesso Hezbollah sta molto attento a non compromettere le proprie relazioni con l´Europa, e con noi è sempre stato molto cooperativo».
Che sta facendo Unifil per scongiurare i rischi di un nuovo "scossone" tra Libano e Israele?
«Abbiamo riunioni tripartite in cui s´incontrano ufficiali israeliani e libanesi. Si dialoga di sicurezza, di incidenti, di violazioni. Quanto ai rischi per la pace, sono chiari a tutti. I lanci di razzi palestinesi in territorio israeliano possono scatenare ritorsioni. Eventuali inasprimenti della situazione mediorientale si rifletterebbero immediatamente anche in quest´area».
Ci sarà un giorno una coesistenza pacifica tra i due Paesi?
«Io sono ottimista. In Europa abbiamo impiegato tremila anni prima di smettere di scannarci».

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