"Giordania, re Abdallah ora usa il pugno di ferro", è il titolo della corrispondenza da Gerusalemme di Francesco Battistini sul CORRIERE della SERA di oggi, 24/12/2009, a pag. 16.
Eccolo:
GERUSALEMME — «Sua Altezza Reale la regina Rania ha ricevuto il prestigioso riconoscimento della Fifa per il progetto umanitario 1Goal...»(agenzia ufficiale Petra News).
Sovrano Re Abdallah, 47 anni, salito al trono il 9 febbraio del 1999
«Sua Altezza Reale la principessa Basma ha rivolto oggi un pressante appello perché le donne siano maggiormente coinvolte nella modernizzazione del Regno...» ( Jordan Times).
«Sua Eccellenza il ministro dell’Agricoltura Said Masri ha affermato questo pomeriggio che i prodotti ortofrutticoli della Giordania sono completamente privi di pesticidi...» ( Jordan News).
Non cercate sulla stampa e sui siti di Amman quel che tutta Amman sa: c’era una volta la Giordania, la piccola monarchia che riusciva a campare (e bene) fra la Siria, le turbolenze israelo-palestinesi, l’Iraq. C’era: oggi sotto il trono hashemita s’agitano serpenti che spaventano. Un governo che rimpalla il voto. E un re che appare ogni giorno più leggero. A certificarlo è perfino il New York Times, lo stesso giornale che nel 2000 presentava al mondo «un giovane e illuminato leader nel serpentario del Medio Oriente» e oggi di quello stesso leader, Abdallah II, consegna un ritratto scolorito: «Manipola e sopprime il processo politico» del Paese. Che detto dall’America di Obama, suona quasi come una condanna.
Ombre su Amman. «Quando agli Stati Uniti arriva quest’immagine — commenta il professor Muhammad Dejani, mediorientalista dell’Università Al Quds —, qualcosa bisogna fare. Serve una politica più di sostanza».
L’immagine glamorous non basta più. Per salvare la faccia ci vuole altro che Facebook (grande passione della regina) e neppure servono i cinguettii su Twitter, dove ieri Rania descriveva la sua serata da Babbo Natale: un mese fa il re ha sciolto la Camera Bassa del Parlamento, 110 riottosi deputati a casa due anni dopo le elezioni, e l’appuntamento elettorale previsto per l’inizio del 2010 è stato rinviato d’un anno. La democrazia può attendere e anche la testa del premier, Nader Dahabi, è saltata per far posto alla testa di legno Samir Rifai, 43 anni, sperimentato consigliere della corona e figlio d’un amico di papà Hussein. A dieci anni dall’insediamento, sistemata la spinosa successione con la nomina del figliolo, Abdallah si giustifica: la crisi economica è pesante, il debito pubblico sta a 13 miliardi di dollari, la disoccupazione è al 13%, servono misure drastiche. In realtà, osserva un diplomatico ad Amman, la questione è tutta politica: in ballo, la riforma della legge elettorale del 1993 che ha ridotto la rappresentanza delle principali città a favore delle zone rurali e beduine. Una legge da emendare, perché la Giordania somiglia all’Egitto e l’opposizione da tenere a bada si chiama Fronte di azione islamica, integralisti gemellati coi Fratelli Musulmani.
Con più di tre milioni di palestinesi su sei milioni d’abitanti, un villaggio alle porte di Amman (Zarqa) che diede i natali al più feroce tagliatore di teste della storia qaedista, al-Zarqawi, il monarca illuminato si sente tenuto a splendere un po’ meno. Parla sempre di diritti umani e di democrazia, dice il New York Times, ma la realtà è piuttosto diversa. E anche Reporters sans frontières denuncia le pesanti «interferenze» della casa reale sui media. L’aspetto visibile della tensione, un mese e mezzo fa, quando la piazza s’è scatenata con molotov e sassaiole contro la polizia per la morte di due disabili in carcere, forse torturati.
«La gente vuole democrazia — dice uno dei deputati mandati a casa, Ali Dalain, indipendente —, ma dal 1993 le cose qui non fanno che peggiorare». I gruppi per i diritti umani hanno inserito per la prima volta la Giordania fra gli emirati, i sultanati, le presidenze di ferro mediorientali.
il nuovo premier giordano Samir Rifai
Al Museo di re Hussein, sulla collina di Amman, c’è un video che mostra il vecchio papà re girare tra la gente, senza scorta, su una delle sue decapottabili da leggenda. Una leggenda, appunto: Abdallah così fra la folla, è un bel po’ che non si vede.
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