Scontri arresti e feriti, la dura repressione dopo la morte di Montazeri. Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 24/12/2009, la cronaca di Cecilia Zecchinelli a pag. 17. dal titolo " L'Iran rimuove Mousavi dall'ultima carica pubblica ".
Segue un commento di Davood Karimi,presidente Associazione Rifugiati Politici Iraniani residenti in Italia.
Ecco il pezzo dal Corriere:
La profezia di Hossein Ali Montazeri — «il regime iraniano finirà con Khamenei» — forse non si avvererà, non ancora almeno. Ma è certo che da quando il Grande Ayatollah dissidente è morto sabato notte le proteste e l’oppressione sono riesplose, la società e i vertici religiosi sono ancora più spaccati, la Repubblica Islamica è ripiombata nel caos.
Lutto La morte di Montazeri ha creato molta emozione in Iran
Il regime— in un momento di enorme nervosismo anche per l’ultimatum sul nucleare fissato dall’Occidente a fine dicembre — teme di mostrare la debolezza che costò il potere allo Scià nel 1979 a fronte della protesta popolare. Tenta di frenare l’«onda verde», tornata a sollevarsi dopo un’apparente tregua. Lancia avvertimenti: Mir-Hossein Mousavi, ex premier e candidato presidenziale ora capo politico dell’opposizione, è stato rimosso dall’ultimo incarico pubblico, la direzione dell’Accademia delle Arti che guidava da 11 anni, dove è stato sostituito da un poeta. Lunedì sera, tornando a Teheran dopo le esequie di Montazeri a Qom, la sua auto era stata attaccata da motociclisti in borghese. Un altro segnale, anche se lui ne era uscito incolume.
Ma il regime sa reagire anche più pesantemente. Da martedì nella città di Najafabad dove nacque Montazeri — fino al 1989 delfino di Khomeini, poi dissidente e coscienza critica della Rivoluzione — si registrano continui tafferugli. Scontri ancora più duri nella vicina Isfahan: 50 arresti tra cui quattro giornalisti e un importante religioso, lancio di lacrimogeni e bastonate contro le migliaia di persone radunatesi per commemorare il Grande Ayatollah scomparso, molti feriti anche tra le donne e i bambini. «Uomini in borghese hanno attaccato la gente che recitava il Corano nella moschea, hanno tirato gas nel cortile, picchiato e spruzzato con spray urticanti quelli all’interno, poi hanno chiuso le porte», ha raccontato un testimone. E Isfahan e Najafabad non sono la moderna e cosmopolita Teheran, ma città conservatrici e molto religiose. Come del resto è Qom, dove i funerali dell’anziano teologo, lunedì, avevano attratto centinaia di migliaia di persone da tutto il Paese, addolorate per il lutto, determinate a far cadere la Guida Suprema Ali Khamenei e il presidente Mahmoud Ahmadinejad.
Con la massiccia censura e i limiti imposti alla stampa straniera è difficile sapere cosa accade davvero in Iran. Ma i siti indipendenti, le immagini riprese con i telefonini riescono a sfondare il muro del silenzio. E così si è saputo dei vari disordini (che il regime ha ieri negato definendoli «propaganda straniera») ma anche della contestazione contro Ahmadinejad lanciata in un comizio alla stadio di Shiraz dai dipendenti della telecom di Stato: arrabbiati per lo stipendio in arretrato da mesi, non per questioni politiche, ma comunque in aperta (ed inedita) sfida del potere. Si è saputo che a Qom l’ufficio di Montazeri è stato chiuso e quello del Grande Ayatollah Yusuf Saanei— che molti ora vorrebbero nuova guida spirituale della protesta — è stato assaltato dalle milizie: frantumati i vetri, picchiati i collaboratori, insultato lo stesso Saanei la cui «scomunica» era stata chiesta pubblicamente, poco prima, da una marcia di filogovernativi ormai padroni della città. E si è saputo che a Isfahan l’abitazione dell’Ayatollah dissidente Jalaleddin Taheri è stata circondata dalla polizia per impedirgli di partecipare alla cerimonia per Montazeri, poi annullata.
«Sta diventando tutto più confuso e credo ci sarà molta violenza — ha commentato ieri Ali Ansari, professore ala St. Andrews University —. Se qualcuno pensa che le cose si risolveranno pacificamente con una "rivoluzione di velluto" ebbene si sbaglia». Voci incontrollate parlano già di Stato di emergenza, almeno a Isfahan e forse — a Qom.
«Il movimento cessi ogni attività illegale — ha messo in guardia ieri il capo della polizia Esmail Moghaddam— o andrà incontro a una fiera repressione». Le forze dell’ordine stanno già approntando in tutto il Paese misure eccezionali per il 26 e soprattutto il 27 dicembre, culmine delle commemorazioni della morte in battaglia dell’Imam Hussein, nipote del Profeta e martire sciita. Il 27, domenica, coinciderà con il settimo giorno dalla morte di Montazeri, quando il rito impone nuove cerimonie. E se la famiglia del Grande Ayatollah ha ieri deciso di sospendere ogni preghiera e riunione pubblica, è certo che discepoli e dissidenti ancora una volta scenderanno in piazza— e non solo a Qom — per piangere la loro guida scomparsa, il martirio dell’Imam sciita e il tradimento della Rivoluzione del 1979 da parte del regime al potere.
Ecco il commento di Davood Karimi, presidente Associazione Rifugiati Politici Iraniani residenti in Italia:

Davood Karimi
Secondo le informazioni appena diffuse dalla Tv della resistenza iraniana, ieri mattina durante un'impiccagione pubblica di due giovani, i parenti e gli amici dei ragazzi condannati a morte hanno attaccato, con il lancio delle pietre e con l'uso dei bastoni, i funzionari che stavano celebrando il rito dell'esecuzione pubblica. Le forze di sicurezza presenti in piazza hanno cercato di affrontare la gente inferocita sparando all'altezza dell'uomo. Ma la gente è riuscita lo stesso a salvare i due ragazzi cercando di portarli in salvo. Durante la fuga, i passdaran arrivati in forza hanno ancora il fuoco sulla popolazione che nel frattempo aveva dato il fuoco alle macchine e alla grù predisposte all'esecuzione. Nel frattempo quasi tutte le strade della città di Sirjan diventano un teatro di scontri violentissimi tra la popolazione e le forze di sicurezza che riescono a ricatturare i due ragazzi alle porte della città uccidendo 5 persone. Gi scontri durano fino al pomeriggio con altri morti e feriti. Nel pomeriggio dello stesso giorno, i funzionari del regime hanno riprovato nuovamente a portare a termine l'impiccagione dei due ragazzi. Anche questa volta la popolazione ha attaccato le forze dell'ordine e di nuovo è nato un duro scontro tra i dimostranti e le forze dell'ordine che nel frattempo avevano impiccato i due condannati a morte. Il risultato di questo nuovo scontro è stato ancora numerosi morti e feriti. Gli ospedali della città sono colmi delle persone colpite dalle armi di fuoco e persino gli ospedali della città vicina come Kirman, dove un gran numero dei feriti sono stati portai, ha chiesto il rinforzo dei soccorsi e la donazione straordinaria di sangue per alto numero dei feriti. Il risultato finale di questa giornata di guerra è stato almeno 20 morti e piu di 50 feriti e centinaia di persone arrestate. Secondo i testimoni diretti degli scontri la città di Sirjan assomogliava ad una palla di fuoco.
Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia esprimendo la solidarietà con i cittadini di Sirjan, coi familiari dei due ragazzi condannati a morte, nonchè con famiglie colpite nel corpo e nell'anima dalla feroce reazione del regime dei mullah, condannana fermamente la violenza con cui i passdaran hanno affrontato un semplice gesto di amore della popolazione nei confroni di due giovani condannati ingiustamente a morte.
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