Sul FOGLIO di oggi, 23/12/2009, a pag. 1, con il titolo " Missili su Al Qaeda ", l'analisi dei bombardamenti in Yemen contro i campi di addestramento di Al Qaeda.
Ecco l'articolo:
Al Qaeda in Yemen
Roma. Gli Stati Uniti hanno lanciato missili Cruise contro due campi d’addestramento di al Qaida in Yemen lo scorso 17 dicembre. Missili lanciati da navi americane in navigazione nel Golfo persico: si tratta di un atto di guerra un gradino sopra come proporzioni agli attacchi dei droni americani sopra le aree tribali del Pakistan, deciso in collaborazione con il governo dello Yemen e con i comandi americani nella regione. Secondo i primi bilanci, 34 terroristi sarebbero stati uccisi e 17 catturati, e ci sarebbero anche vittime civili, perché i campi erano stati allestiti da almeno quattro mesi in mezzo alle case. Tra gli uccisi, almeno dieci uomini di al Qaida erano stranieri e non yemeniti. Lo stesso giorno del bombardamento, il 17, il presidente americano e premio Nobel per la pace Barack Obama aveva inviato al Congresso una lettera formale per chiarire i suoi poteri di guerra. “In risposta alle minacce dei terroristi, prenderò ulteriori misure dirette, quando saranno necessarie, nell’esercizio del diritto di autodifesa degli Stati Uniti e per proteggere i cittadini e gli interessi degli Stati Uniti. Queste misure potrebbero includere lo spiegamento senza preavviso di forze speciali e di altre forze per missioni di massima importanza in posti diversi in tutto il mondo. Non è possibile conoscere già adesso con precisione lo scopo preciso e la durata del dispiegamento delle forze armate americane per contrastare la minaccia dei terroristi agli Stati Uniti”. Il Congresso non poteva saperlo, ma la dottrina esplicita di Obama era nello stesso momento all’opera in Yemen: se sarà necessario, l’America reagirà con i propri militari dovunque nel mondo. Sulla necessità concreta di agire contro le infrastrutture terroriste nello Yemen gli analisti concordano da tempo: come succedeva in Pakistan negli anni Novanta e in misura minore oggi, anche il governo di Sana’a è convinto di potere usare al Qaida e gli estremisti sunniti come un asset prezioso per lo stato. Esiste anche un patto informale siglato l’anno scorso tra il presidente yemenita, Ali Abdullah Saleh, e il numero due di al Qaida, l’ideologo egiziano Ayman al Zawahiri: lo stato concede protezione, passaporti e impunità ai guerriglieri di al Qaida che passano e sostano nello Yemen, e in cambio da quattro anni ottiene aiuto militare contro i ribelli sciiti Houthi nel nord. Lo stato è anche collocato in una posizione comoda e strategica, all’incrocio dell’andirivieni tra Arabia Saudita, Iraq, Afghanistan e Somalia. La settimana scorsa, secondo fonti locali, i guerriglieri di stato sono stati visti nella citta vecchia di Sana’a, zona delle più recenti operazioni contro i ribelli. I mujaheddin veterani di Afghanistan e Iraq dirigevano il fuoco dai tetti di pietra e avanzavano verso il nemico in pieno equipaggiamento da battaglia. Erano guidati da Mohammed al Edha Shabebah, tornato dall’Afghanistan, imprigionato dall’Arabia Saudita per terrorismo e poi consegnato allo Yemen e poi liberato per ragioni di stato. Con un megafono, intimava ai ribelli dall’Iran di arrendersi. L’antico patto C’era un patto antico tra al Qaida e il governo dello Yemen, terra d’origine della famiglia Bin Laden. La rete terrorista garantiva protezione e una tregua permanente e in cambio chiedeva di non essere disturbata mentre sfruttava il confine non sorvegliato per attaccare le forze di sicurezza e le installazioni petrolifere nella vicina Arabia Saudita. Ma il patto non può reggere più: l’Iran che cerca di espandere la propria egemonia regionale appoggia e arma i ribelli sciiti del nord ai danni dello Yemen e dell’Arabia Saudita – che infatti ha reagito attaccando, sono morti settanta soldati finora – e il governo di Sana’a ha bisogno dell’aiuto anche degli americani, obbligati a rispondere alle manovre iraniane. Ma per chiedere l’aiuto di Washington, il governo corrotto di Saleh ha dovuto prima acconsentire – almeno – al bombardamento dei due campi militari che ospitavano 400 guerriglieri di al Qaida. Ieri a una manifestazione di protesta contro il raid americano, al Qaida ha provato a ricucire subito i rapporti con l’esercito dello Yemen. Rivolgendosi a una folla di centinaia di persone, un militante ha detto: “Soldati, la lotta non è tra noi e voi, la lotta è tra noi e gli Stati Uniti e i suoi lacché”.
Per inviare al Foglio la propria opinione, cliccarfe sulla e-mail sottostante.