La mia storia la tua storia Assaf Gavron
Traduzione di Davide Mano e Stefano Zolli
Mondadori Euro 17,50
E’ autobiografico lo spunto che lo scrittore israeliano Assaf Gavron coglie per scrivere il romanzo Tanin Pigua pubblicato nel 2006 in Israele e che ora Mondadori manda in libreria con il titolo “La mia storia, la tua storia”. “Nel corso della Seconda Intifada ogni mattina dovevo prendere l’autobus n. 5 per recarmi al lavoro – racconta Gavron – quando un giorno è salito un arabo e per tutto il tragitto sono stato preda di pensieri paranoici. Sarei dovuto scendere oppure le mie erano paure immotivate? Una volta tornato a casa ho scritto quello che sarebbe diventato il primo capitolo del romanzo”. Quello di Assaf Gavron è un racconto affascinante e intriso di humour nero che propone in maniera del tutto originale il racconto di due vite, narrate in prima persona (quella dell’israeliano Eitan Enoch detto Tanin e quella del palestinese Fahmi) che rappresentano due punti di vista opposti e inconciliabili. Eitan lavora alla Time’s Arrow, una società di yuppies che si occupa di ottimizzare l’uso del tempo ad esempio nei messaggi vocali; la sua famiglia di origini americane ha scelto di vivere in Israele (“Dio solo sa cosa gli è passato per la testa…lasciare in giovane età la vita comoda in America. Andare in un paese difficile. L’hanno chiamato sionismo…”), ha una fidanzata Duci che non ha ancora sposato a causa della morte della madre di lei proprio l’11 settembre del 2001 e da allora, quasi per scaramanzia, non hanno più parlato di matrimonio. Eitan scampa miracolosamente a tre attentati: il primo sull’autobus n. 9 diretto al lavoro dove incontra un giovane Ghiora Guetta, morto nell’attentato e che gli esterna le sue preoccupazioni circa la presenza sull’autobus di un arabo sospetto (che si rivelerà l’attentatore); il secondo durante una sparatoria sulla strada da Tel Aviv a Gerusalemme a Bab el Wad dove vede morire il giovane soldato Chumi al quale aveva dato un passaggio sulla sua auto e il terzo al caffè Europa dove si trovava per prendere un caffè insieme a Shuli, la ragazza di Guetta che aveva conosciuto proprio al suo funerale. Per un bizzarro gioco del destino decidono di scambiarsi i posti a sedere: quando l’attentatore si fa esplodere Eitan si salva, Shuli muore. Suo malgrado Tanin diventa un personaggio famoso, il simbolo di un paese che cerca di sopravvivere dinanzi alla barbarie del terrorismo: viene invitato a trasmissioni televisive e radiofoniche ma nel frattempo il mondo attorno a lui precipita. Il crollo psicologico è inevitabile: si allontana da Duci e dalla sua famiglia, il lavoro perde importanza, l’unica cosa che ancora lo tiene aggrappato alla vita quotidiana è la ricerca dei fili che lo legano a coloro che sono state uccisi negli attentati. L’altra voce narrante è il palestinese Fahmi un ragazzo complesso che il padre vorrebbe far studiare all’università Bir Zeit ma viene coinvolto negli attentati terroristici - dai quali Tanin scampa miracolosamente - dal fratello Bilahl, un fanatico che frequenta la moschea e odia gli ebrei. L’autore segue con grande capacità introspettiva – mettendosi nei panni del palestinese – la vita di Fahmi nel villaggio di Murair costellata dalla nostalgia per il nonno che dal 1949 non ha mai abbandonato il campo profughi di Al-Amari e del quale vorrebbe seguire l’esempio, dal profondo affetto che lo lega alla sorellina Lulu, dall’amore per Rana e infine dalla decisione di seguire il fratello terrorista Bilahl che da cinque anni vive a Ramallah e si appresta a seguire gli studi alla scuola religiosa “Kuliyat al-Iman”. Attraverso un racconto dai toni ora comici, ora commoventi, l’autore mette in scena l’esistenza di due giovani che hanno molto in comune e che se si incontrassero in un altro paese potrebbero diventare amici. Ma in Israele la realtà è molto diversa e deve fare i conti con una esistenza quotidiana che cerca di resistere alla tragedia che la travolge. Nonostante altri scrittori israeliani - come Yehoshua o Grossman - abbiano dato voce agli arabi per la prima volta Assaf Gavron riesce a far parlare il nemico calandosi nelle sue motivazioni, fin troppo a parere di chi scrive perché, ad esempio, i soldati in questo romanzo sono sempre visti con gli occhi dei palestinesi e quelle che paiono prepotenze burocratiche (non far passare una macchina che trasporta un malato a causa di un blocco intorno al villaggio) sono tentativi di proteggersi da un terrorismo che colpisce indiscriminatamente civili inermi. Nonostante alcune critiche che ha ricevuto in Israele per l’eccessiva empatia con cui descrive la vita dei palestinesi, l’autore non usa toni tragici per descrivere la paura che Israele deve affrontare e la fotografia che emerge del suo paese è quella di una società pluralista, piena di contraddizioni ma pervasa da un’inesauribile voglia di lottare e di resistere. La mia storia, la tua storia è un libro coinvolgente e ironico, scritto con una prosa scorrevole, che evidenziando le ragioni di Fahmi e quelle dell’israeliano Eitan turba per il suo realismo e la sua concretezza; quello di Gavron è un romanzo che, nonostante le tematiche affrontate, lascia nel lettore una sensazione positiva che probabilmente rispecchia la visione dello stesso autore: “….credo fermamente che esista una soluzione. C’è in me una componente ottimistica, convinta che la maggior parte della gente desideri vivere in pace e che le due nazioni possano farlo, un giorno”.
Giorgia Greco