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La Repubblica Rassegna Stampa
20.12.2009 Auschwitz, il giorno dopo il furto
La cronaca di Andrea Tarquini

Testata: La Repubblica
Data: 20 dicembre 2009
Pagina: 17
Autore: Andrea Tarquini
Titolo: «Nel cuore di Auschwitz il mondo ci chiede di trovare i colpevoli»

Dopo la rassegna di ieri sul trafugamento della scritta "Arbei macht frei "ad Auschwitz, riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 20/12/2009, un servizio di Andrea Tarquini dal titolo " Nel cuore di Auschwitz il mondo ci chiede di trovare i colpevoli ". Curioso aver messo il nome polacco di Oswiecim invece di Auschwitz, il nome tedesco che ha reso tristemente famoso il luogo. Ecco l'articolo:

DAL NOSTRO INVIATO
OSWIECIM - La caccia all´uomo, la caccia ai profanatori della Memoria, continua senza sosta, qui ad Auschwitz coperta dalla neve e in tutta la Polonia. Qui, nel Luogo più grande, nel più atroce cimitero della Storia, il day after è il giorno dello shock, qui dove a ogni angolo il ricordo t´investe come il gelo. La sequenza infinita di baracche di mattoni bruni è rimasta intatta, perché il mondo ricordi. La scritta atroce Arbeit macht frei, il lavoro rende liberi, sovrasta di nuovo il cancello dello Stammlager nummer eins, la Porta dell´Inferno. È solo una replica dell´originale rubato l´altra notte da ignoti, dicono tristi e gentili le custodi che fanno entrare, poco prima della chiusura, gli ultimi visitatori del museo. Fuori, e in tutta la Polonia, è caccia all´uomo, emergenza nazionale, caccia per ora vana ai ladri del simbolo della Shoah. Non basta la polizia, anche la Straz Graniczna, la guardia di frontiera addestrata dai colleghi della nuova Germania, è in allarme rosso. Controlli severissimi ai confini, l´accordo di Schengen sulle frontiere europee aperte quasi rivisto senza dirlo. Anche gli 007 dello Uop, il servizio segreto, non conoscono riposo. Come gli specialisti dei commandos reduci dall´Afghanistan. Ieri un loro commilitone è caduto ucciso dai Taliban, ma non c´è tempo di compiangerlo.
La neve imbianca la fabbrica della morte, i quindici sotto zero frustano i volti, ricordano il milione e oltre di vecchi e bambini, donne e adulti, che furono portati qui dai nazisti per non tornare. «Ogni volta che torno qui dire che mi venga la pelle d´oca non basta», mi sussurra Janusz, il giovane autista che con la sua Mercedes usata mi ha portato qui. «Venga, le faccio vedere da dove i profanatori sono passati». Percorriamo la recinzione del campo, fino a un punto in cui il muro e il filo spinato eretti allora per ordine del Terzo Reich mostrano una breccia. A fianco di una grande quercia, un buco nel muro, ora frettolosamente richiuso con una rete d´acciaio improvvisata. «Vede? Opera di professionisti. Avrebbero potuto provare a entrare dal cancello principale, o da quello di fianco, ma là, almeno in teoria, funzionano telecamere, e ci sono posti di guardia. No, da là hanno camminato più a lungo ma non visti, indisturbati. A quell´ora di notte, col confine più vicino ad appena 160 km d´autostrada, ci vuol poco a fuggire».
Auschwitz, il giorno dopo. La Polonia vive ore d´emergenza. La taglia sui ladri profanatori è stata aumentata a 25mila euro. Polizia e intelligence lavorano senza sosta su ogni pista, in contatto continuo con Berlino, Gerusalemme o Londra. Abbiamo sospetti su gruppi di neonazisti, ma soprattutto su collezionisti fanatici e folli pronti a tutto, fa capire il ministero dell´Interno. Chi è stato? Per conto di chi ha agito, come ha pianificato il blitz profanatore? Il sacrilegio di Auschwitz addolora e appassiona i polacchi come un giallo, media cartacei e online lo mantengono tra le breaking news. «È uno shock profondo, hanno colpito il simbolo della Memoria, le comunità ebraiche e il mondo ci chiedono di agire», ha detto scosso il premier liberal Donald Tusk, il pupillo di Angela Merkel nella Mitteleuropa. Dopo quella prima breccia nel muro, i ladri si sono aperti altri tre varchi nel filo spinato. Hanno percorso almeno 300 metri all´andata, dovevano essere almeno in due per asportare la pesante iscrizione in ferro battuto, e altri 300 al ritorno. I guardiani notturni, appena quattro, sono sottoposti a interrogatorio, ma non ne emerge niente. «Abbiamo telecamere, ma probabilmente a quell´ora era troppo buio», afferma sconsolato il direttore del museo, Jaroslaw Mensfelt.
«Lancio un appello ai ladri», ha detto scosso dall´emozione il presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, ex eroe di Solidarnosc. «Restituite il bottino, per rispetto alla memoria del milione e oltre di vittime del più grande cimitero dell´umanità». Ma ha raccolto solo silenzio. I detective nella divisa nera della polizia, o con la mimetica della Gendarmeria militare, annaspano nella neve attorno ad Auschwitz, con i loro cani sfidano il gelo, esaminano ogni impronta lasciata dai ladri su quei seicento metri tra il buco nel muro e l´iscrizione divelta. Le Skoda turbo dei poliziotti, le Land Rover dei gendarmi e gli elicotteri dei corpi speciali rompono il silenzio ovunque lungo i confini polacchi.
La rampa della morte di Birkenau, la parte "nuova" del Lager eretta dai nazisti dopo la conferenza nella villa del Wannsee a Berlino che pianificò la "soluzione finale", o quei due vagoni merci lasciati là come ricordo sul binario coperto dalla neve. Qua e là, il legno delle fiancate è rotto o incrinato, i deportati cercavano aria o varchi di fuga in viaggio verso la morte. Nel Museo, ti mostrano una carta agghiacciante: Auschwitz come centro d´una ragnatela, la rete dei treni della morte e dei Lager. Poco fuori, le rovine delle fabbriche di munizioni in cui i deportati lavoravano trattati peggio che bestie.
La Memoria qui la incontri a ogni angolo, fino alla splendida Cracovia, la Firenza polacca dove sorgevano vicinissime, durante la brutale occupazione nazista, le case di Oskar Schindler, l´industriale tedesco che salvò i "suoi" internati, e del comandante del Lager in città, quell´Amon Goth che si divertiva dal balcone, comsumando il suo grasso breakfast, a sparare a deportati a caso. La caccia continua. A sera, all´ingresso della Porta dell´Inferno, una gentile, anziana custode mi dona libri di documenti sulla Shoah. Ne apre uno a pagina 106. C´è stampato l´appunto del 7 giugno 1943 inviato da Herr Doktor Carl Clauberg, responsabile dei programmi di sterilizzazione, al capo delle SS, l´ex pollaio Heinrich Himmler: «Se le ricerche da me qui condotte avranno in seguito gli stessi risultati di adesso non sarà lontano il momento in cui potrò dire che un medico opportunamente addestrato, in un centro opportunamente attrezzato e assistito da 10 ausiliari, potrà molto probabilmente eseguire in un giorno la sterilizzazione di alcune centinaia o anche di mille donne». Memoria che i profanatori hanno violato senza pudore, come liberi da pudore etico si sentirono capi ed esecutori dell´Olocausto.

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