Potremmo titolarlo " le belle famiglie " l'articolo di Francesco Battistini sul CORRIERE della SERA di oggi 20/12/2009, a pag.16, con il titolo significativo " Hariri abbraccia Assad e archivia l'attentato al padre ", con il sommario che titola " Il premier libanese a Damasco " rapporti fraterni ". Ecco l'articolo:


a sin. Saad Hariri, a destra Assad con il caro amico Ahmadinejad
GERUSALEMME — Stringere la mano. Sedersi. Augurare buon appetito. Conversare. Cenare col nemico. Condividere il tè con uno che, ne sei sicuro e l’hai sempre detto, sta dietro gli assassini di tuo papà.
Complicato. Angosciante: come avrà dormito Saad Hariri, la sua prima notte a Damasco? Il giovane premier libanese non s'è portato nemmeno l'assaggiatore. E quando se n'è andato da Palazzo Teshrin e dal banchetto che ieri sera gli ha offerto il presidente siriano, Bashar Assad, più dei bocconi devono essergli rimaste sullo stomaco quelle frasi cortesi, di finta amicizia dette e sentite per tutta la cena: «Legami fraterni», «riconciliazione», «onestà di rapporti»... Lui che fece la Rivoluzione dei Cedri e fondò il movimento antisiriano. «È un grande sacrificio», ammette il suo amico Mustafa Allush, che quand'era deputato restò mesi nascosto in un albergone di Beirut per paura dei killer di Assad: «È una visita molto difficile, a livello personale. Ma necessaria: se sei il premier del Libano, è abbastanza normale che tu debba farla. Saad che va a Damasco, quasi cinque anni dopo l'uccisione di suo padre Rafik, non significa che il Libano non creda più nel coinvolgimento della Siria negli attentati. Ma ormai è una faccenda da tribunale. Non è più una questione privata».
Il privato è politico. Alta politica. Hariri atterra in Siria col suo privatissimo jet e attira su di sé gli occhi del mondo: il primo capo di governo libanese a farlo dal 26 aprile 2005, giorno in cui l'ultimo soldato siriano si ritirò e chiuse più di 30 anni d'occupazione militare nel Paese dei Cedri. Due giorni di visita. Preparata l'ottobre d'un anno fa dall'apertura della prima ambasciata a Beirut, dall'invio del primo diplomatico a Damasco, e poi da un'infinità di segnali: il telegramma di congratulazioni del premier Naji Otri ad Hariri, in novembre, quando questi uscì da 4 mesi d'impasse e riuscì a formare il governo, portando nella coalizione gli Hezbollah e i filosiriani del generale Aoun; la visita e le condoglianze che Michel Suleiman, presidente libanese, fece un mese fa ad Assad per la morte del fratello Majd; il viaggio alla Casa Bianca di Suleiman; i negoziati che stanno ripartendo fra Israele e Siria... «Il mio governo — annunciò Hariri in Parlamento, il giorno della fiducia — vuole riportare le relazioni fraterne con Damasco all'altezza dei nostri storici legami e degli interessi comuni».
Lui ci mette le parole; gli altri, gl'interessi. Geografici: il Libano è condannato dalla mappa a trattare coi vicini siriani e israeliani. Politici: a scongelare i rapporti stanno provvedendo Obama, Sarkozy e soprattutto l'Arabia. «Questa visita è stata preparata dai sauditi — scrive al-Khaleej , giornale emiratino —, in particolare Abdul Aziz Bin Abdullah, figlio del re». Tutta la carriera di Saad è gestita da Riad: lì è nato, lì studiò da ragazzino, lì costruì per conto del padre i palazzi reali. Da lì l'hanno mandato a far pace con un altro figlio d'arte, Assad junior, così uguale e così opposto. E l'Onu? E il Tribunale dell'Aja? E il rapporto che indicava negli 007 di Assad i mandanti della strage sulla Corniche, di 4 anni d'attentati a politici e intellettuali? «Nessuno ha mai incriminato nessuno», dicono dal Serraglio di Beirut. La giustizia internazionale somiglia a quella di Bertoldo: per appendere i colpevoli, il cedro giusto non si trova più.
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