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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Isaac B. Singer, Il mago di Lublino 16/12/2009

Il mago di Lublino           Isaac B. Singer
Longanesi                        euro 18,60

 Nelle regioni orientali dell´Austria-Ungheria, in Polonia, nelle regioni occidentali della Russia si estendeva, nel diciottesimo e nel diciannovesimo secolo, l´immenso regno chassidico: aereo, mistico, ironico, con un piede nel cielo e uno sulla terra. Sono le stesse regioni percorse dal protagonista di un libro incantevole come Il mago di Lublino di Isaac B. Singer, di cui Longanesi pubblica una nuova edizione (traduzione di Bruno Oddera, con un buon saggio di Alessandro Piperno, pagg. 254, euro 18,60). Ma, nel Mago di Lublino, ogni traccia di chassidismo sembra scomparsa: non c´è cielo, né nuvole, né santi, né maestri o allievi spirituali, né apologhi; tutta quella materia che Martin Buber raccolse con grazia nei Racconti dei Chassidim. Nel Mago di Lublino si agita la pittoresca e formicolante realtà dell´Europa orientale. Non esiste, probabilmente, scrittore del ventesimo secolo che voglia possederla con la violenza di Singer; e la gusti, la divori, la porti fino a un diapason quasi ossessivo. La natura è fervida, brulicante e microscopica: farfalle, bruchi, insetti, sciami di moscerini; talpe, topi campagnoli, lepri, galline, nidi popolosi di uccelli, branchi di cavalli; nient´altro che animali, che tuttavia riescono a scorgere, con occhi magici, la potenza del male. Nelle grandi città, tutto è odore: pane fresco, caffè, cipolle fritte, lardo, latte, macelli, fognature, fumo dei treni e delle fabbriche. Tutto è rumore: i venditori offrono cibi di ogni genere: "Aringhe affumicate!", "Panini freschi!", "Uova ancora calde!", "Ceci e fave!", "Frittelle di patate!". I cocchieri urlano, le fruste schioccano: i bambini corrono gridando; i ciabattini lavorano all´aperto sui loro banchetti. Accanto a ogni porta e a ogni lampione ci sono gruppi di prostitute: gli ubriachi procedono vacillando e cadono al suolo: una donna siede sulla soglia di una porta aperta, con gli occhi accesi dalla felicità della follia: vagabondi dormono sulle panchine: in ogni strada e in ogni vicolo si celano ladri, giocatori d´azzardo, assassini, poliziotti; gli abitanti mangiano, ingoiano, divorano incessantemente, come se celebrassero un rito sacro. Nel cerchio attorno alle città, sorgono cimiteri, ospedali, prigioni, manicomi, per contenere tutto ciò che potrebbe fuggire dal mondo. Il cuore del romanzo è un personaggio meraviglioso: Yasha Mazur, detto "il mago di Lublino", che appartiene per metà al mondo reale e per l´altra a quello dell´aria. Nella sua essenza, egli è un funambolo. Cammina in equilibrio su una corda tesa, scivola su un cavo metallico, scala i muri, scrive con le dita dei piedi, ha le ossa malleabili e le giunture fluide, mangia il fuoco, inghiotte le spade, fa salti mortali, insegna ai corvi a esprimersi con parole umane, apprende alle scimmie a fumare la pipa, legge i pensieri oscuri, trova gli oggetti smarriti, vede al buio, impara ogni trucco; apre le serrature con mezzi che egli solo conosce. Sogna di mettere un paio di ali volando sempre più in alto - quantunque il suo disperato desiderio di leggerezza lo porti a pochi centimetri dall´abisso. In qualsiasi paese e città, ha moltissimi ammiratori. Qualcuno pensa che egli sia un ipnotizzatore divino, capace di dominare eserciti, di guarire infermi, e di sollevare navi calate a picco nella profondità degli oceani. Il mago di Lublino ha letto molti libri, e discorre su argomenti di filosofia, sulla immortalità dell´anima, sul Talmud, su Copernico e Galilei. Non crede in Dio: eppure vede la sua mano in ogni frutto, in ogni ciottolo, in ogni granello di sabbia. Crede nella Provvidenza: ma non la scorge da nessuna parte. Si domanda da dove sia disceso tutto ciò che esiste - il cielo, la terra, il sole, la luna, le stelle. Siccome Dio non gli risponde nemmeno una parola, afferma che é assolutamente inutile rivolgersi a lui - il grande Ipnotizzatore, il sublime Illusionista dei cieli. Non va in sinagoga: non rispetta il sabato; ma é fermamente persuaso che un angelo custode lo sorvegli e lo protegga da ogni pericolo. Non sa quale Dio sia quello reale: ne conosce moltissimi; ora Dio è ebreo, ora cristiano, ora sembra un chassidim, ora un rabbino. Se parla in yiddish, i cristiani non lo capiscono: se parla in francese, gli inglesi si lamentano, se parla in italiano, gli arabi lo ignorano. Non capisce perché ami tanto i riti, le vesti, le parole ebraiche: quei caffettani, quei riccioli sulle tempie, quegli zucchetti, quegli scialli, quelle interpretazioni del Talmud, quell´attesa di un Messia che, probabilmente, non verrà mai. Se Yasha è devoto ed empio, ebreo e cristiano, che potrà fare? Non gli resta che ridere di tutto: il riso è la sua vera natura: il suo occhio destro è un po´ più grande di quello sinistro, e per questo pare ammiccare con estro insolente a tutte le persone e a tutte le cose. Mentre gli altri ebrei posseggono ognuno la propria casa e la propria sinagoga, il mago di Lublino è un vagabondo. Lo trovi dappertutto, in ogni paese e in ogni città. Non ha casa, e ha una decina di case. In ogni casa, sta una donna diversa: persino una borghese cattolica. Tutte queste donne lo amano con una passione esuberante, proprio perché è sempre altrove. Quanto a Yasha - dice una di loro - «per lui le donne sono come i fiori per un´ape. Ce n´è sempre uno nuovo. Una fiutatina qui, una leccatina là e poi via, si allontana ronzando». Qualche volta, le ipnotizza, addormentandole in un istante. Quando è agosto, suggerisce che c´è un freddo polare, e le donne sono scosse dai brividi: mentre c´è il gelo, le convince che hanno un corpo in fiamme, e loro diventano rosse e sudate. Non è un semplice libertino. L´amore, o il sesso, risvegliano in lui una malinconia inesplicabile: lo sconforto, l´incertezza. Tutto gli sembra vano: non trova nessuno scopo nella vita: viene divorato dal rimorso, fustigato dalla noia o si perde nel cielo senza confini, nella luce che impiega milioni di anni per giungere dalle stelle, nella tenebra senza ombre. Il culmine del libro avviene nel quartiere centrale di Varsavia, di notte. Per la prima volta nella sua vita, Yasha fallisce. Cerca di rubare: ma le serrature, nelle quali aveva avuto tanta fiducia, rifiutano di aprirsi. Se aveva sempre scalato agilmente muri, finestre e balconi, ora scivola fratturandosi un piede. Si sente perseguitato dalla paura, dalla sfortuna e dalla sventura. Teme la tenebra, che continua a generare strane forme, facce terrificanti, criniere sconvolte, becchi appuntiti, fari al posto degli occhi. Solo una barriera sottilissima lo separa dagli esseri oscuri che gli brulicano intorno. Il nemico, che aveva respinto con ogni sorta di astuzie, si impossessa di lui. Intorno a sé, avverte soltanto una tenebra vischiosa, che si appiccica a ogni passo del suo piede ferito, o gli balza addosso e lo aggredisce con i denti e gli artigli. Proprio nella tenebra, il mago di Lublino riscopre quel dio che aveva ignorato o deriso. Ascolta le parole del cantore della Sinagoga: «Benedetto tu, Dio nostro e Dio dei nostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, tu che concedi misericordia e crei tutte le cose. Tu sostieni i viventi con la tua grazia, vivifichi i morti con misericordia, sorreggi i prigionieri e mantieni la tua fedeltà a coloro che giacciono nella polvere». Con in mano un libro di preghiere, viene assalito dalla devozione dimenticata degli anni della fanciullezza. Ora sa di nuovo che esiste un Dio capace di vedere, di udire, di avere pietà per ogni uomo, di dominare la sua ira, di perdonare il suo peccato, e ricompensare le sue buone azioni. Torna a casa, in campagna, dove aveva lasciato la vecchia moglie, e si chiude in una casupola, dove fa penitenza per anni, studiando la Mishnà, il Talmud, lo Zohar. Indossa un caffettano e un ampio scialle frangiato; e si convince che il suo Dio lo guarda con misericordia. Non so se questa sia la vera conclusione del libro. Il mago di Lublino, il signore delle corde tese e delle serrature, è diventato un asceta? Crede nei sacri testi? Con un balzo, è salito nel cielo, abitato da Abramo, da Isacco e da Giacobbe? Oppure è rimasto quell´ingegnosissimo funambolo, quel grande ipnotizzatore, che è sempre stato per tutta la vita? Dal cielo scende un riso lieve e sottilissimo che nasconde Il mago di Lublino e noi che leggiamo.

Pietro Citati - La Repubblica 


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