Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/12/2009, a pag. 13, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Ma Brzezinski lo difende: premio alla sua audacia ".
Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere la Cartolina da Eurabia, pubblicata di altra pagina della rassegna. Ecco l'articolo di Maurizio Molinari:
Contestato da Amnesty International ma difeso da Zbignew Brzezinski: nel giorno in cui riceve il premio Nobel Barack Obama si ritrova al centro di un duro confronto in America fra chi lo considera un «presidente di guerra» e chi «un presidente di pace». Ed è di questo che parlerà nel discorso di accettazione.
Le accuse arrivano dalle organizzazioni per i diritti umani, secondo le quali il «pragmatismo di Obama» comporta la conseguenza di «prezzi alti da pagare» per gli Stati Uniti. Non solo per il ritardo nella chiusura del super-carcere di Guantanamo o per la decisione di inviare i rinforzi di truppe in Afghanistan ma anche «per la scelta di aver rinviato l’incontro con il Dalai Lama e aver taciuto sul rispetto dei diritti in Cina durante la sua recente visita a Pechino» afferma Lary Cox, direttore americano di Amnesty International. «L’impressione che Obama sta dando - aggiunge Carroll Bogert, direttore di Human Rights Watch - è che per riuscire a essere un attore più forte sulla scena internazionale gli Stati Uniti devono ridimensionare l’importanza dei diritti umani e io credo che si tratti di un grave errore».
Se a questo si aggiunge che nelle e-mail e telefonate giunte ai maggiori network tv - dalla Cnn alla Msnbc - dopo l’annuncio della decisione sui rinforzi molti elettori di Obama hanno espresso forte contrarietà per la svolta strategica in Afghanistan, è facile dedurre perché alla Casa Bianca il calo del presidente nei sondaggi sulla popolarità - per Gallup è sceso al 47 per cento - venga interpretato come un riflesso dello scontento che serpeggia nella base liberal dei militanti, che vorrebbe vedere Barack in prima fila nelle battaglie per la pace come per i diritti umani nel mondo, dal Sudan alla Birmania.
Ma è proprio rivolgendosi a questa parte dell’America che l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Jimmy Carter, Zbignew Brzezinski, firma sul prossimo numero della rivista «Foreign Affairs» del «Council on Foreign Relations» un articolo intitolato «From Hope to Audacity» (Dalla speranza all’audacia) nelle cui pagine iniziali spiega «perché Barack Obama ha meritato il premio Nobel per la pace». «Obama ha dimostrato un senso genuino di direzione strategica, una solida comprensione del mondo di oggi e del ruolo degli Stati Uniti», scrive Brzezinski, lodando la scelta di «affrontare i dilemmi sociali e ambientali con cui l’umanità si trova a confrontarsi e rispetto ai quali per troppo tempo gli Stati Uniti sono stati indifferenti».
In particolare, l’ex consigliere di Carter enumera nove motivi-chiave che legittimano il premio assegnato dalla giuria del Nobel: la scelta di «non definire l’Islam come un nemico» e «non limitare il ruolo dell’America nel mondo alla guerra al terrore»; il posizionamento degli Stati Uniti come «mediatori determinati e con la mente aperta» per ottenere una pace durevole fra Israele e palestinesi; l’intenzione di perseguire «seri negoziati con l’Iran sul programma nucleare»; la «campagna contro-insurrezionale in Afghanistan» intesa come parte di «uno sforzo politico e non soprattutto militare»; il «rispetto per le sensibilità storiche dell’America Latina e l’espansione dei contatti con Cuba»; la volontà di «ridurre l’arsenale nucleare e di abbracciare l’obiettivo di un mondo senza armi atomiche»; l’approccio alla Cina «come a un partner non solamente economico ma anche geopolitico»; il «miglioramento delle relazioni con la Russia» in maniera da rispettare gli «ovvii interessi di entrambe le parti»; la costruzione di una «partnership transatlantica tesa a risolvere le profonde dispute causate dalle distruttive controversie degli ultimi anni».
La tesi di Brzezinski è che bisogna guardare oltre le polemiche sui rinforzi in Afghanistan e sul rinvio dell’incontro con il Dalai Lama per cogliere il significato delle «profonde trasformazioni» apportate da Obama nella proiezione degli Stati Uniti nel mondo. Si tratta di munizioni che in questo frangente fanno comodo alla Casa Bianca, assediata dallo scontento dei propri sostenitori, in attesa di quanto avverrà oggi quando proprio Obama affronterà le critiche più dure ricevute nell’ultima settimana.
A preannunciarlo è il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, parlando dall’Air Force One in volo verso la Norvegia: «Il Presidente nel discorso di accettazione del Nobel affronterà la sovrapposizione sulla quale molti si interrogano fra il premio per la Pace che gli è stato assegnato e il suo impegno di Presidente in tempo di guerra ad aggiungere truppe in Afghanistan». Come dire, andrà all’attacco.
Per inviare la propria opinione alla Stampa, cliccare sull'e-mail sottostante