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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Emmanuel Levinas , Trascendenza e intelligibilità 07/12/2009

Trascendenza e intelligibilità     Emmanuel Levinas
Marietti                                             Euro 12

A motto dell’onnicomprensività del logos filosofico Levinas pone una frase del vecchio Platone, nel Timeo: “Il cerchio del medesimo circonda quello dell’Altro”. La citazione non è letterale, anzi forza il testo greco, ma è indubbio che la lunga storia del pensiero occidentale è pregna di un’orgogliosa ambizione a “comprendere” nel senso di “racchiudere”, “stringere”, “misurare”. Trascendenza e intelligibilità nasce da una conferenza del 1983 e dà voce a una passione critica ancora tutta novecentesca. Con verve rivoluzionaria l’autore si scaglia contro “l’io avido ed egemonico”, contro lo spirito vittorioso, che macina la differenza per sminuzzarla e renderla simile al soggetto pensante. La presunzione filosofica di venire a capo della realtà si basa, secondo Levinas, su una falsa dicotomia tra pensante e pensato. In spire sempre più strette e soffocanti, la comprensione riduce le differenze, annulla lo scarto e ci dà l’illusione di dominare anche l’inconoscibile. Che cosa vuole allora, e cosa propone il Levinas cresciuto alla scuola dei maestri talmudici dell’Europa orientale? “Ci vorrebbe un pensiero che non fosse più costituito come relazione…né assimilazione dell’Altro al Medesimo, né integrazione dell’Altro nel Medesimo”. Se non avete capito, tranquillizzatevi, è un pensiero che non c’è, spiega Levinas, nel senso che non può esser contenuto in uno spazio mentale. Piuttosto lo si può esperire nei rapporti sociali, nell’attenzione per il prossimo. Il colpo di scena è preparato con cura. Se la filosofia, in quanto sapere che contiene e possiede, è, per Levinas, fatalmente atea, la scelta dell’”intreccio spirituale” riapre il dossier del divino, di un divino però che non sia un “io” all’ennesima potenza e nemmeno un fine da raggiungere, seppur misticamente. L’alternativa sta insomma nel verificarsi di Dio non come concetto ma come evento. Levinas è un maestro del secolo scorso. C’è qualcosa di inevitabilmente datato nella sua vis dicotomica, per esempio quando demonizza la saggezza greca come arte del sotterfugio e del tradimento. Eppure ancora attuale è il desiderio di vincere la claustrofobia in cui l’intelligenza rinchiude se stessa. “Intelligibilità” significa infatti – per Levinas – la vibrante “prossimità dell’Infinito”.

Giulio Busi
Il Sole 24 ore


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