Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 04/12/2009, a pag. 19, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " La jihad è qui tra noi. Usa, è allarme terrorismo".
Maurizio Molinari
«La Jihad è sbarcata in America». Janet Napolitano, ministro della Sicurezza interna, descrive il pericolo che incombe sul fronte interno parlando a braccio in un evento a porte chiuse in un hotel di New York. La sua principale occupazione è «identificare i cittadini americani che traggono ispirazione da Al Qaeda».
«Negli ultimi mesi abbiamo avuto numerosi casi» racconta l’ex governatrice dell’Arizona, riferendosi prima all’afghano Najibullah Zazi «che progettava attentati con armi di distruzione di massa», poi ai «giovani somali seguaci delle milizie shebaab» arrestati a Minneapolis e quindi alla strage di Fort Hood commessa dal maggiore Nidal Hasan. Ma la sensazione che trasmette è che di episodi simili ne siano avvenuti in realtà molti di più.
«Al Qaeda e gli shebaab ispirano un certo numero di musulmani, arabi e somali che sono cittadini americani come noi» afferma, sottolineando che si tratta «soprattutto di persone giovani» che «vogliono attaccarci» e scelgono individualmente di diventare strumento della Jihad. Per identificarli ricorre alla definizione di «estremisti violenti domestici» frutto di una «radicalizzazione del pensiero e dell’identità», che pone al suo ministero - creato in risposta agli attacchi dell’11 settembre 2001 - la necessità di «operare capillarmente sul fronte interno». Nel discorso di West Point Obama aveva parlato della recente cattura in America proprio di «estremisti violenti» in contatto con le aree di confine fra Afghanistan e Pakistan dove si annida ciò che resta di Al Qaeda, e ora Janet Napolitano spiega con dovizia di dettagli che si tratta di «cittadini americani» per ammonire sul fatto che i leader della Jihad «complottano ancora contro di noi come fecero prima dell’11 settembre».
È dunque questa la ragione di fondo per cui è necessario mandare più uomini e mezzi in Afghanistan, aggredendo le loro roccaforti. Di fronte alla crescente curiosità del pubblico che la ascolta, Napolitano fa capire di temere il ripetersi negli Stati Uniti di attentati con modalità simili a quelli avvenuti a Madrid nel 2005 «quando le bombe vennero portate nelle vetture della metropolitana dentro degli zainetti», oppure nel 2007 a Londra dove i kamikaze erano dei jihadisti «nati o cresciuti in Gran Bretagna» circolando con documenti autentici e molto comuni. «Dobbiamo affrontare questa minaccia interna senza rinunciare ai nostri valori» aggiunge Napolitano citando Obama, e dunque «niente allarmismi, ansie o pregiudizi contro le minoranze», ma un «lavoro intenso da parte dell’intelligence per confrontare in tempo reale le informazioni raccolte dalle varie agenzie» come anche «degli uffici per il rispetto dei diritti umani che dialogano con le singole comunità musulmane o arabe nelle nostre città».
Insomma, se è vero che la minaccia viene da gruppi islamici, non bisogna commettere l’errore di vedere in ogni musulmano un nemico, l’imperativo è «identificare i potenziali pericoli». E’ proprio per questo che termina con un appello, a tratti accorato, rivolto «a tutti i cittadini di metropoli come New York» affinché «ognuno tenga gli occhi aperti, segnali subito la presenza di pacchi lasciati incustoditi, comportamenti insoliti o movimenti sospetti prendendo esempio dalla collaborazione dei civili con i servizi di sicurezza che avviene in Israele». D’altra parte «due anni fa l’attentato che era stato preparato contro la base militare di Fort Dix venne scongiurato grazie alla segnalazione arrivata da un cittadino che aveva visto per caso un filmato sospetto».
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