Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 03/12/2009, a pag. 23, l'articolo di Asseel Kamal dal titolo " Le calde notti di Baghdad ".
L’ufficiale di polizia del quartiere di Abu Nua, nel centro di Baghdad, non vuole parlarne. Il tema è caldo, scottante. Il boom di locali notturni nella capitale irachena. Con la maggioranza sciita, moderata, al potere, e le milizie di Al Mahdi che battono le strade in cerca di violazioni della moralità, è meglio non pubblicizzare troppo quello che è diventato un business fiorente, sia per chi gestisce i nightclub che per chi li protegge dai malintenzionati.
La gente li chiama cabaret, per i fustigatori del peccato sono bordelli. E c’è qualcosa di vero in entrambe le definizioni: si canta, si balla con ragazze mezze nude e si beve alcol. Solo a Baghdad ce ne sono 107 e la maggior parte ha aperto negli ultimi due anni. «Sono quasi tutti gestiti da zingari - si schernisce l’ufficiale, che alla fine un po’ si sbottona -. Quando le milizie di Al Mahdi spadroneggiavano, quattro o cinque anni fa, erano spariti. Specie dopo che avevano attaccato il loro quartiere, Al Kamaleya. Adesso ritornano, e aprono locali uno dopo l’altro. Sui tavoli si esibiscono le loro ragazze. E ora hanno tutti la licenza governativa, tutto in regola».
Il governo, in effetti, provvede a concedere la licenza, e alla protezione dai malintenzionati, anche se a caro prezzo. I dettagli li fornisce «Benjamin», un gestore di 53 anni, che lavora per un ricco iracheno immigrato in Giordania, ma con solidi affari anche in patria. «Bisogna accedere a un prestito di 20 milioni di dinari, circa 18 mila dollari, da restituire a piccole rate, più gli interessi. Un altro prestito, sempre di 20 milioni di dinari, serve per la protezione governativa».
Non è chiaro il livello degli interessi da pagare, l’impressione è che si tratti di una specie di «pizzo» governativo. Ma il gioco vale quel prezzo. «I clienti - spiega Benjamin - pagano all’ingresso 25 dollari, poi possono cenare o semplicemente prendersi un drink. Una bottiglia di liquore locale costa 70-90 dollari. Abbiamo ballerine e cantanti, che sono tornate da poco, dopo che erano state cacciate dalle milizie di Al Mahdi. La clientela è di alto livello, anche funzionari del governo. Concludono affari, fanno accordi politici. E l’atmosfera aiuta».
La protezione è assicurata dalla polizia, conferma Benjamin. Quattro guardie sempre presenti. «Prima c’erano anche soldati americani - precisa - ma adesso si sono ritirati nelle loro basi fuori città. Ed era anche pieno di check-point. Ora ci si muove più liberamente, forse è un po’ peggio per la sicurezza, ma è molto meglio per gli affari».
Le ragazze dei nightclub sono tutte tra i 20 e i 30 anni. Nasmat Al Sabah, la brezza del mattino, è il nome di una ventenne che lavora al Sahara, nel quartiere di Arasat Al Hindeya. «I clienti sono quasi tutti commercianti, ufficiali dell’esercito e della polizia. Bisogna riscaldare l’atmosfera, girare con vestitini osceni tra i tavoli, ballare e cantare, cercare di far vendere un bel po’ di drink, bottiglie. Dentro siamo tranquille, al sicuro. Il problema è fuori. Viviamo quasi tutte a due passi dal club, e cerchiamo di non farci vedere in giro».
Brezza del mattino è venuta a Baghdad dalla provincia, come la maggior parte delle altre ragazze. Abu Al Noor, che gestisce un altro club in Abu Nua spiega che siccome tutti i proprietari sono di fuori Baghdad, preferiscono ragazze della loro zona, più affidabili e più disposte a un lavoro tutto sommato degradante, specialmente in un Paese musulmano. «Da noi però è diverso - precisa con orgoglio -. Siamo un posto dove i giovani vengono a sentire buona musica, occidentale, e a socializzare. Abbiamo anche organizzato serate per ragazze e ragazzi, per facilitare gli incontri. E ci sono anche special party per i gay. Siamo moderni».
Ghazala, vent’anni, ballerina, è felice della sistemazione. «La sicurezza è buona. Non ci sono mai state aggressioni di ubriachi, come succede spesso in altri locali. Ci pensa una società privata che ci protegge nel locale e ci fa portare da casa al club in macchina». Prima alla sicurezza pensavano gli americani, probabilmente una compagnia privata, con i loro Humvee blindati. Ma ora è tutto in mano agli iracheni.
Gli americani, secondo il sociologo dell’Università di Baghdad Jameel Ibrahim, hanno anche incoraggiato l’apertura dei locali. «Era uno dei consigli del comitato misto di guerra, formato da statunitensi e iracheni e composto anche da psicologi. La riapertura dei night serviva a stemperare la tensione, anche tra i giovani iracheni, e a limitare l’influenza degli estremisti religiosi, che facevano leva sulle tensioni dovute ai lungi anni di guerra. Così sono stati aperti negozi con liquori e locali con ballerine».
Negli ultimi due anni gli attacchi delle milizie sono diminuiti moltissimo, e la notte di Baghdad si è risvegliata, scorrendo attorno a ristoranti, hotel, negozi aperti fino a tardi. In fondo le strade di notte sono più sicure che nelle ore di punta, quando sono in agguato i kamikaze con le loro auto imbottite di esplosivo.
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