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Ugo Volli
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El Baradei non è più segretario generale dell'Aiea. E io sono stracontento 01/12/2009

 El Baradei, ex segretario generale dell'AIEA

Mah, incomincio a preoccuparmi. Di me stesso, voglio dire. Forse sto perdendo la mia solita acidità. Il fatto è che sono contento anche oggi. Stracontento. Quasi come per D'Al Ulema e la Svizzera. Cos'è successo? Sento già che mi chiedete. Be', è semplice, se n'è andato Muhammed El Baradei, per gli amici محمد البرادعي,. No, non se n'è andato in "quel" senso, non è morto, né mi sembrerebbe proprio il caso di mettersi a gioire per la morte di un mediocre burocrate altezzoso. No, se n'è andato, nel senso che è fuori, non è più segretario generale dell'Agenzia atomica dell'Onu. Finalmente. Dopo dodici anni di traccheggio, era diventato ormai praticamente il coautore dell'atomica iraniana. Se ne torna a casa sotto le piramidi portandosi dietro il peggiore premio Nobel per la pace della storia recente (a parte quello ad Arafat, naturalmente, che è fuori serie, e magari anche quello a Carter: molto peggio tutti e tre di quello di Obama). Gli fu assegnato nel 2005, credo con la motivazione di essere riuscito a dimostrare una cosa impossibile, cioè che Saddam, assassino di massa col gas dei curdi, non c'entrava con le armi di distruzione di massa, essendosene disfatto in tempo prima della guerra, avendole nascoste o vendute o distrutte. Come dire che Andreotti non è più democristiano dopo che si è disciolta la Dc. O che Eichmann, essendosi trasferito in Argentina non andava più considerato nazista. In altre parole le ragioni del premio a El Baradei sono le stesse di quelle a Obama: essere nemico di Bush. Ma lasciamo stare. Quel che ha fatto El Baradei per una decina d'anni è stato pestare sistematicamente l'acqua nel mortaio ed evitare in tutti i modi di bloccare l'atomica iraniana. Trattative, ispezioni, invettive, scoperte di improvvisi progressi, ostentate delusioni, sorprese, nuove trattative, nuove ispezioni, ammonimenti, ancora altre trattative, incertezze, trattative, chiacchiere: ammuina, come si dice a Napoli. O sceneggiata, come direbbe un nordico sempre pensando a Napoli. Insomma, far finta di combinare qualcosa, anzi di affaticarsi molto, ma lasciare le cose come stanno. Tanta scena per niente, comunque. Perché l'ha fatto? Be', ci sono almeno due ragioni. La prima è che El Baradei è un diplomatico egiziano, membro di quella classe dirigente post Sadat che cova un fortissimo senso di rivincita e un naturale antisemitismo, alla maniera del mancato segretario dell'Unesco, il ministro della cultura o della censura Farouk Hosni, quello che se avesse trovato un libro israeliano in una biblioteca sotto la sua giurisdizione l'avrebbe bruciato, tanto per intenderci. Certo non avrebbe bloccato gli iraniani per far piacere a Israele. La seconda ottima ragione è che El Baradei è felicemente sposato con una signora iraniana, tal Aida Alkachef, fortunato lui. Insomma, che lo voglia o no, in una società tribale come quella, si trova legato anche lui a Teheran e alla sua classe dirigente. Come pretendere che tolga la bomba al presidente di sua moglie? E com'è che un tipo del genere è stato nominato a un posto così delicato come il controllore dei piani nucleari degli stati? Mah, bisognerebbe chiederlo al presidente Clinton che regnava al momento della sua scelta: probabilmente sulla base della solita bizzarra ipotesi per cui volevano eleggere Hosni e hanno nominato a suo tempo Boutros Boutros-Ghali segretario dell'Onu. Cioè: se corteggi il mondo arabo e gli metti a disposizione delle cariche importanti, magari crescerà politicamente e diventerà più benevolo nei nostri confronti. I risultati si sono visti, nel caso di El Baradei come in tanti altri. Non è questo comunque il caso di recriminare proprio oggi, il primo senza questo bel tipo a governare il nucleare nel mondo. Festeggiamo invece il giapponese Yukiya Amano, che arriva a sostituire il nostro eroe. Con la serena coscienza che non sarà difficile per lui fare meno peggio di El Baradei. Magari avrà anche voglia di evitare di dare l'arma atomica agli ayatollah: non contiamoci ma almeno speriamo.

Ugo Volli


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