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Ugo Volli
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Gli svizzeri contro l'islamismo politico. Non possiamo che trovarli simpatici per questo 30/11/2009

Gli svizzeri contro l'islamismo politico. Non possiamo che trovarli simpatici per questo

L'ho detto per la trombatura di D'Al Ulema e lo ridico oggi. Sono contento. Non ho ancora potuto leggere i giornali di oggi, quindi non so se hanno minimizzato o piantato su una tragedia. Ho visto però le prime reazioni, incredibilmente non solo dei "verdi" (bisognerebbe capire di che verde sono, di quello dell'erba o di quello delle bandiere del profeta), di Amnesty international (scusate, che c'entra? non si occupava della tortura?), dell'Organizzazione della Conferenza Islamica (che c'entra, eccome, è la base del futuro califfato), ma anche dei vescovi cattolici. Tutti più o meno hanno suggerito la ricetta che Bertolt Brecht attribuiva nel 1953, durante i grandi scioperi operai contro il regime, al comitato centrale del partito comunista tedesco: "avendo considerato che il popolo non ha fiducia nel governo in carica, il comitato centrale ha deciso di sciogliere... il popolo."
Sto parlando naturalmente di quella gran sberla che i cittadini svizzeri hanno dato a Eurabia col referendum sui minareti delle moschee. Col 57 per cento dei voti e la maggioranza in tutti i cantoni salvo quattro, gli svizzeri hanno approvato un emendamento costituzionale che proibisce la costruzione di minareti alle moschee svizzere. Non fatevi ingannare dalla scarsa rilevanza pratica dell'argomento. Il nucleare in Italia è saltato con un referendum che riguardava il finanziamento della costruzione di una singola centrale, ma quella decisione di quasi trent'anni fa – secondo me sbagliata – ha bloccato lo sviluppo della tecnologia nucleare nel nostro paese fino ad ora e probabilmente per altri decenni ancora. Del resto contro il "dettaglio" dei minareti si era mobilitato uno schieramento formidabile: tutti i partiti politici, salvo i promotori dell'Udc-Svp, tutte le chiese, anche la comunità ebraica, il governo, il presidente della Svizzera. E gli elettori, infatti, sentendosi aggrediti, avevano mentito ai sondaggi, facendo credere che solo una minoranza del 30 per cento avrebbe votato a favore. E invece sono stati il doppio.
Tutti razzisti? Tutti fascisti? No, è improbabile, sono pacifici svizzeri, affezionati a orologi, mucche pezzate e fonduta – e democrazia; o se volete svizzeri vecchia maniera orgogliosi della loro autonomia e abituati a difenderla con le buone o con le cattive dai tempi di Guglielmo Tell. Comunque gente che non vuole l'islamismo politico in casa: non una religione come tante, ma un sistema di dominio collaudato da quattordici secoli, che ora sembra avere i numeri, la forza e la complicità per sovrastare il vecchio nemico dell'altra sponda del Mediterraneo.
In questo voto gli svizzeri si uniscono agli elettori delle ultime elezioni europee, anch'essi universalmente condannati per aver votato per forze "xenofobe e razziste". Su questo punto bisogna intendersi. Fra i nemici dell'Islam ci sono certamente degli autentici partiti razzisti e antisemiti che ricordano quelli degli anni Trenta, per esempio in Ungheria. Ma è abbastanza chiaro che se agli elettori è offerta una scelta elettorale che dica di no alla resa all'islamizzazione ma in maniera democratica e liberale, com'è il caso di Geert Willders in Olanda e di altri movimenti come gli svizzeri che hanno promosso il referendum, i risultati elettorali premiano questi. Se una scelta democratica ma anti-euraraba del genere è preclusa, allora c'è il rischio che prevalgano neofascisti, neonazisti e teppaglia del genere.
La risposta peggiore che il sistema politico possa dare alle preoccupazioni evidenti di buona parte dell'elettorato è ignorarle o criminalizzarle, come la stampa usa fare in Italia e come hanno fatto in Svizzera. «L'odierna decisione popolare riguarda soltanto l'edificazione di nuovi minareti e non significa un rifiuto della comunità dei musulmani, della loro religione e della loro cultura. Il governo se ne fa garante», ha affermato per esempio secondo il Corriere della sera il ministro svizzero di Giustizia e polizia, Eveline Widmer-Schlump. Per carità, signora, lo sappiamo tutti che è una scelta estetica, l'islamismo non c'entra, quando mai. 
Se questa preoccupazione popolare per lo snaturamento e l'arabizzazione delle nazioni europee non trova un canale politico democratico, si rischia davvero di arrivare a rotture violente, di dare spazio a forze pericolose. In una concezione democratica e non leninista o aristocratica o da "stato etico", le forze politiche sono lì per realizzare  le scelte dell'elettorato, non per "elevarlo", "educarlo" o spiegargli la "linea giusta", cioè quella che piace ai giornali, ai vescovi o agli opinion leader. Speriamo che questa consapevolezza induca i politici a riflettere e a rinunciare a sognare il loro paradiso multiculturale in terra di Eurabia. Spereiamo per esempio che si affossi una volta per tutte la folle idea di includere la Turchia nell'Unione Europea.
Speriamo, ma non ci crediamo troppo. Temiamo semmai per un futuro molto agitato per il nostro malgovernato continente. Ma per ora, rallegriamoci con i vicini svizzeri. Se non altro per la dichiarazione di Tariq Ramadan, che come sapete è cittadino svizzero. La decisione è "una catastrofe", ha detto, «gli svizzeri hanno espresso una vera paura, un interrogativo profondo sulla questione dell'Islam in Svizzera» Non possiamo che trovarli simpatici per questo. Grazie Elvezia

Ugo Volli


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