Dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/11/2009, la pag. 17, a cronaca di Francesco Battistini sul processo a Heinrich Boere, un criminale nazista oggi novantenne che ha vissuto sino ad oggi impuntito, come migliaia di altri responsabili di atti mostruosi commessi durante la Shoà. Viene definito
" ex " nazista. Una ex di troppo.

Heinrich Boere, nazista non ex
GERUSALEMME — Nazi, ne ha studiati d'ogni tipo. Piagnucolosi. Negazionisti. Vili. Rimbambiti. Il boia di Treblinka, John Demjanjuk, che non confessa neppure il suo nome. Il dottore di Mauthausen, Aribert Heim, forse morto forse no, imprendibile dal 1962. Il macellaio della Serbia, Sandor Kepiro, che massacrò mille civili e vive tranquillo in Ungheria, negando tutto. La belva della Croazia, Milivoj Asner, che fa il pensionato in Austria e s'oppone all'interrogatorio per motivi di salute... Ma un Ss così, dice il cacciatore di nazisti Efraim Zuroff, nel suo ufficio del Centro Wiesenthal di Gerusalemme, non si vedeva da un pezzo: uno come Heinrich Boere, 88 anni, che è finito sotto processo in Germania e giovedì, in aula, s'è alzato per dichiararsi «orgoglioso d'avere servito il Terzo Reich ».
Questo Boere rischia l'ergastolo, per avere ammesso l'uccisione nel 1944 d'un farmacista, d'un venditore di biciclette e d'un altro poveraccio in Olanda. Rischia, ma se ne frega. Nel ’49 era stato condannato a morte, ma riuscì incredibilmente a darsi alla macchia. Due anni fa ha rilasciato spavaldo un'intervista a un giornalista che l'aveva scovato sotto falso nome, esprimendo «dispiacere, ma era un'altra epoca, c'erano altre regole». Ora che è finito alla sbarra, fa i proclami: «Quando i tedeschi invasero l'Olanda, mia mamma disse a mio papà che era di Maastricht: vedrai, le cose andranno meglio. Aveva ragione. Fu meraviglioso. Io avevo 18 anni, m'arruolai nelle Ss, quindici prescelti su cento, e ne ero molto fiero. Ne sono fiero ancora oggi».
Simili parole non potevano finire lì. Boere ha eccitato le frange naziskin tedesche, che si sono presentate in aula a sostenerlo. E provoca la reazione dei parenti delle vittime che chiedono ai giudici d'essere particolarmente duri, nonostante l'età dell'imputato. «Non ci troviamo di fronte a un caso di demenza senile — dicono dal Centro Wiesenthal —. Qui non si può dimenticare, né perdonare. E anche un novantenne, quando dimostra di non avere capito, deve pagare tutto».
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