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Ugo Volli
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E' esagerato credere che l'odio teologico antico della Chiesa per gli ebrei non sia affatto spento? 25/11/2009

E' esagerato credere che l'odio teologico antico della Chiesa per gli ebrei non sia affatto spento?

«Israele non doveva permettersi di costruire un muro su territori altrui, nei Territori palestinesi. I muri ognuno se li costruisce sulla sua proprietà».  «Il muro è umiliante e doloroso, separa famiglie e anche contadini dalla propria terra coltivata da generazioni».  «Secondo me, il muro crea irritazione, dà grande disagio, è una grande umiliazione per i palestinesi; e non è un bene neanche per Israele, poiché introduce il seme brutto del risentimento, del rancore dentro i cuori di chi ne è umiliato».  Sapete chi ha scritto questa parole, rilanciando la questione della barriera di separazione appena un paio di giorni fa? Rossana Rossanda? Edgar Morin? Gianni Vattimo? Il presidente brasiliano Lula, amico di Ahamadinejad? No, è il cardinale di origine statunitense John Patrick Foley, Gran Maestro dell'Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme in un'intervista al mensile Consulente Re. Non commenterò le sue affermazioni, in cui il West Bank è considerato già come "territori palestinesi" e non si tiene conto che Israele ha sempre spiegato che la barriera serviva a fermare i terroristi, com'è successo, e non a stabilire confini. Mi interessa un problema più generale.
La posizione della Chiesa su Israele è oggetto di una certa autocensura anche da parte degli amici di Israele più laici. Sarà che i papi hanno rinunciato, con l'avvento del regno d'Italia, a far correre gli ebrei nudi in via del Corso per il divertimento della plebe, o anche solo a prendere a calci il Rabbino capo a rapire i loro figli per convertirli o a costringerli a sentire prediche per la conversione ogni sabato. Sarà che andando in visita nello stato di Israele a partire da Giovanni Paolo II hanno incominciato a citare l'esistenza dello Stato ebraico (Paolo VI non lo aveva fatto) e perfino a riconoscerlo formalmente (un po' tardi, nel 1993, quarantacinque anni dopo la sua fondazione). Sarà che lo Stesso Giovanni Paolo II si è avventurato nel 1986 a visitare il Tempio ebraico di Roma (e Benedetto XVI rifarà la stessa visita dopo soli 23 anni). Insomma, della Chiesa non si può proprio parlar male. E se c'è qualche antisemita e negazionista, stile vescovo Williams, questo si spiega solo con la sua pervicace incomprensione della giusta linea. Ma allora come la mettiamo con l'eminenza Foley? E con quell'altra eminenza, il cardinal Martino che un anno fa paragonò Gaza ad Auschwitz? E con gli articoli sul Medio Oriente dell'Osservatore Romano, in grandissima maggioranza rigorosamente filopalestinesi? Certo, il dialogo ebraico-cristiano è oggetto di attenzioni ed elogi, ma su Israele la Chiesa rimane per lo più ostile. Gli ebrei vanno bene, ma l'ebreo degli Stati no, se non abusivo è prepotente, se non deicida è ingiusto e violento, sarebbe meglio non fosse mai nato.
Questa, mi direte voi, è l'atteggiamento della Curia, che per forza è un po' conservatrice e preoccupata per i cristiani in terre arabe (senza molto costrutto, visto che sono regolarmente perseguitati dagli islamici). Ma la base è diversa. Certamente, la Chiesa è grande e certamente molto complicata. Vi sono molti che la pensano diversamente, amici generosi o persone lucide che capiscono che i pericoli veri oggi arrivano dall'aggressività islamica e non dall'autodifesa israeliana.
Ma non tutti sono così, anzi. Spesso si nota nei cattolici di base un'aggressività scoperta e violenta contro Israele, una condanna unilaterale ed emotiva, un appoggio entusiasta e acritico alla propaganda palestinese.. Vi invito per esempio a leggere, se non lo avete fatto, i brani dei missionari della Consolata già pubblicati su IC di una decina di giorni fa (http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=262&sez=110&id=32020), oppure una newsletter pubblicata dall'ufficiale ma di base "pax Christi, movimento internazionale cattolico per la pace" presieduta dal vescovo di Pavia, monsignor Giovanni Giudici. La newsletter si chiama "Bocche scucite" (http://www.peacelink.it/mosaico/a/30113.html), riprendendo il titolo di un volume di  Nandino Capovilla e Betta Tusset, edito naturalmente dalle Paoline. Il sottotitolo di questo libro è “Voci dai territori occupati”, ed è stato scritto allo scopo, spiega la presentazione editoriale, di "far aprire le bocche e sentire il pensiero degli “occupati”, i "palestinesi sotto il tallone israeliano". Sotto il tallone, già. La newsletter, poi, è una vera e propria agenzia di propaganda di Hamas. Vi cito qui  qualche riga dalla presentazione del numero di ottobre, a firma dello stesso Capovilla:
"Solo le immagini impresse nelle nostre macchine fotografiche, che presto vi proporremo, potranno farvi immaginare un orizzonte di totale DISTRUZIONE, cumuli di MACERIE e FERITE aperte che gridano a Dio come il biblico disperato urlare del popolo schiavo in Egitto, in attesa di giustizia.  Solo i volti dei bambini che continuano a studiare nelle aule bombardate della scuola di Jabalia, “per il 60% seriamente malati psicologicamente”, vi convinceranno di quanto criminale sia stato il piano di strangolamento attuato per anni e anche stamattina 15 ottobre 2009 orrendamente spalancato di fronte ai nostri sguardi. Solo le immagini delle moschee rase al suolo insieme ad interi quartieri, vi darà la consistenza delle macerie concrete e di tutte le altre -psicologiche, morali e spirituali- accumulate nei corpi, nelle menti e nei cuori di milioni di persone. Solo la testimonianza di un gran numero di feriti, bambini, giovani, adulti e vecchi, potrà rafforzare il nostro comune impegno di controinformazione per scucire le bocche e gridare più forte.”
E questa invece è un resoconto, dalla retorica altrettanto gonfia e infiammata della conferenza stampa del "viaggio della pace" organizzata dalla marcia Perugia-Assisi un mese fa:
"BoccheScucite, seguendo i “lavori” della Marcia, ha apprezzato soprattutto questa immersione nella scandalosa voragine di una terra che viene di ora in ora stravolta da un elaborato sistema di “distruzione di massa” che non poteva non riempire di punti esclamativi gli appunti dei convegnisti. E' accaduto fin dalle prime battute, quando in un teatro di Betlemme, le centinaia di italiani che avevano appena cominciato a respirare la straordinaria atmosfera della Terra santa, i suoi sapori e la sua dolcezza, sono stati letteralmente paralizzati dai dati sul massacro di Gaza, a pochi chilometri da qui. [...] davvero non si può più tacere! Non è più il tempo delle giustificazioni concesse all'oppressore offrendo il fianco ad un massacro in atto. Non sopportiamo più queste inguardabili figure della diplomazia che paghiamo per lavorare in mezzo a questo inferno e che astutamente fingono che non esista un'occupazione militare, un apartheid, delle precise responsabilità da richiamare. [...] Più volte lo scrosciare di applausi ha firmato questo disappunto: dobbiamo alzare la voce e denunciare l'informazione da vomito (scegliamo un'espressione volutamente disgustosa perché la misura è ormai colma da tempo...) che i nostri media ci obbligano a vedere [...] Sarà  perché la misura della nostra indignazione verso i media è  al limite dell'insurrezione, che una suora presente in sala all’apertura della Marcia, mentre il gelo calava su tutti di fronte alla descrizione delle armi di distruzione di massa usate contro i civili da Israele a Gaza, e’ saltata sulla poltrona sbottando" eccetera eccetera.
Insomma, non c'è differenza fra alto e basso: "Auschwitz" dal cardinale, "armi di distruzione di massa" dal vescovo,  "umiliante" dell'altro cardinale, "indignazione" e "vomito" del pacifista. Alla faccia della mansuetudine. Perché dei buonoi cattolici, della gente che immagino perbene e mediamente gentile, ce l'ha così tanto con Israele? Perché non discute pacatamente le ragioni di tutti? Perché non si sforza affatto di capire ma vuol solo gridare e se potesse combatterebbe? Perché con Israele e non col Durfur, la Cecenia, il Tibet, il Sahara spagnolo, Il Congo e il Ruanda e i cento altri luoghi dove si fanno davvero dei genocidi, magari con la complicità di sacerdoti cattolici com'è accaduto in Ruanda? Sbaglio proprio a pensare che le cerimonie di umiliazione che i vecchi Papi riservavano agli ebrei romani, per punirli di esistere, oggi si sono trasformati nei tentativi di demonizzare Israele, sempre per rimproverargli di esistere? E' esagerato credere che l'odio teologico antico non sia affatto spento, nonostante alcuni uomini di buona volontà? Non pensano, questi eredi dei Romani, che Gesù fosse palestinese, come ha recentemente affermato quel brav'uomo di Sansonetti, e che gli israeliani siano i suoi carnefici, meritando dunque di ereditare tutte le persecuzioni del popolo ebraico? Giudicate voi.

Ugo Volli


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