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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Martin Goodman, Roma e Gerusalemme. Lo scontro delle civiltà antiche 25/11/2009

Roma e Gerusalemme. Lo scontro delle civiltà antiche     Martin Goodman Traduzione di Michele Sampaolo                                             Laterza Euro 35

Una coppia abituata a comparire assieme nelle occasioni ufficiali ma che in privato si parla ben poco. La causa è una lite di antica data, accaduta quasi duemila anni fa. Se le si accosta, anche solo nel titolo di un libro, Roma e Gerusalemme non nascondono il loro disagio, convinte come sono di rappresentare, ciascuna per conto proprio, la Storia, beninteso con la S maiuscola. A far da paciere ci prova questa volta un mite professore di Oxford, con i suoi arnesi da erudito. Chi conosce Martin Goodman sa però che dietro i modi urbani si nasconde un guizzo di ironia, e in effetti la pace tra le due attempate dame assomiglia molto all’ennesimo bisticcio. La scena madre è naturalmente la conquista di Gerusalemme da parte degli altezzosi soldati di Tito nel 70 d.C. Una ferita che, secondo Goodman, ha forse cominciato a rimarginarsi solo nel XX secolo. Nelle oltre settecento pagine del libro, questo evento traumatico è riesaminato in ogni dettaglio: nella psicologia dei combattenti, nelle loro ragioni politiche, nella tecnica militare, nelle implicazioni religiose. A fare da guida è quella vecchia volpe di Flavio Giuseppe, già comandante nella rivolta antiromana e poi passato in gran pompa al campo nemico. Certo il traditore più dotato dell’antichità, così intelligente e scrupoloso da rendersi ancor oggi indispensabile a chiunque si voglia avvicinare all’antagonismo romano-ebraico. La materia del libro, sebbene narrata con partecipazione, non è certo nuova. Nuova invece, per lo meno quanto a risalto retorico, è la perfetta simmetria tra Roma e Gerusalemme proposta da Goodman. Quando si affrontarono in duello, entrambe le città sarebbero state “all’apice della loro prosperità e grandezza, l’una e l’altra famose in tutto il mondo mediterraneo…due città con una cultura in parte condivisa, dal bagliore delle bianche costruzioni cerimoniali nel sole estivo all’accettazione del greco come lingua di prestigio”. Non c’è che dire, uno scenario suggestivo, anche un po’ troppo. Viene infatti da chiedersi se, per chi viveva nel primo secolo dell’era volgare, Roma e Gerusalemme fossero davvero grandezze equivalenti. Chi avrebbe veramente paragonato la città santa ebraica con i suoi sessanta o al massimo centomila abitanti alla metropoli di oltre un milione di persone, signora dell’occidente? Su questa equivalenza, così essenziale per Goodman, non pesano forse la storia successiva, l’influsso esercitato dal cristianesimo sull’immaginario europeo? Anche volendo restare al mondo ebraico, l’eguaglianza Roma-Gerusalemme funziona solo se si lascia in ombra – come avviene nel libro – Alessandria, motore demografico e intellettuale della diaspora dell’epoca. E’ vero, come ricorda l’autore, che in occasione dei pellegrinaggi annuali il Tempio gerosolimitano attirava folli enormi, e si trasformava così in un laboratorio di sedizioni e inquietudini politiche, ed è vero anche che i Flavi diedero notevole risalto alla vittoria sulla Giudea ribelle, immortalandola per esempio nel celeberrimo arco di Tito. Ma, nonostante il fair play di Goodman, che vorrebbe dare pari opportunità – se non militari, almeno d’immagine – ai due contendenti, resta il fatto che le ragioni del dissidio tra le due città vanno piuttosto cercate in una radicale asimmetria, nella sproporzione e nell’incommensurabilità: nella rivolta antiromana Gerusalemme non fu mai, né volle essere, alla pari di Roma, ma piuttosto diversa, ovvero se stessa, a qualunque costo. E, come sappiamo, le costò molto.

Giulio Busi
Il Sole 24 Ore


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