Forse siamo vicini al rilascio di Gilad Shalit, anche se oggi, 24/11/2009, i giornali israeliani ospitano analisi tutt'altro che favorevoli al rilascio di 1000 prigionieri palestinesi richesti da Hamas, fra i quali assassini e criminali, come Marwan Barghouti. La domanda è questa. se il prezzo per la vita di Gilad non sia troppo alto per la sicurezza dello Stato.
Fra i molti articoli usciti oggi, riprendiamo quello di Aldo Baquis, sulla STAMPA, a pag.16, dal titolo " Shalit libero, conto alla rovescia". Manca il punto interrogativo.
La Cartolina da Eurabia di Ugo Volli di oggi è sullo stesso argomento.
Gilad Shalit, una manifestazione per la sua liberazione, i genitori
Protrattosi per tre anni e mezzo, l’estenuante braccio di ferro fra Israele e Hamas volge al termine mentre un mediatore segreto tedesco e la diplomazia egiziana continuano a intessere una complessa intesa per scambiare il caporale Ghilad Shalit (prigioniero a Gaza) con almeno 1000 palestinesi detenuti in Israele.
Fra di essi vi sono i «nomi celebri» del terrorismo palestinese delle prime fasi dell’Intifada, delle stragi che hanno insanguinato i centri commerciali, le strade e i mezzi di trasporto israeliani. Grazie a Hamas, si accingono a uscire dal carcere trionfanti, anche se molti di loro non torneranno a casa ma saranno obbligati ad intraprendere la via dell’esilio. Per limitare la loro capacità di nuocere saranno inviati in Siria, Libia, Sudan, forse anche in Paesi europei. Ma tra i rilasciati potrebbe esserci anche Marwan Barghuti, la mente della seconda Intifada, l’esponente di Al Fatah (partito che fa capo al presidente dell’Anp, Abu Mazen) condannato al carcere a vita in Israele.
A Gerusalemme il premier Benyamin Netanyahu è stato impegnato ieri nelle ultime consultazioni, mentre al Cairo è giunta una delegazione di Hamas che dovrà approvare la lista dei detenuti da liberare. Fra gli emissari islamici giunti da Gaza, spiccava Ahmed Jaabri, il comandante delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas, super-ricercato da Israele.
«Il suo ascendente è grandissimo», afferma il giornalista israeliano Suleiman a-Shafi, che per conto della televisione commerciale Canale 2 ha seguito il rapimento di Shalit fin dalle prime ore. Di recente ha pubblicato il libro: «Il prigioniero, uno sguardo da Gaza». «È stato Jaabri a condurre nel 2007 la rivolta a Gaza contro Al Fatah - afferma. - Nessuno, neppure Ismail Haniyeh, può dirgli cosa fare».
Il rapimento di Shalit è «la sua creazione», non ha chiesto il permesso ad alcuno. Per otto mesi ha fatto scavare un tunnel fino alla postazione israeliana di Kerem Shalom, a sud della Striscia. Da là all’alba del 25 giugno 2006, sbucò il commando che rapì il soldato israeliano. In seguito Jaabri sarebbe riuscito a far sparire il prigioniero agli occhi dei servizi segreti israeliani. Nel libro a-Shafi spiega fra l’altro che Hamas intercettò una donna palestinese che aveva l’abitudine di cercare bende sporche di sangue fra i rifiuti dei vari ospedali della Striscia, nella speranza di recuperare tracce del prigioniero. Quelle bende venivano poi esaminate in laboratorio in Israele.
In questi anni Shalit è stato costretto a cambiare almeno quattro nascondigli, sempre custodito da sei membri delle Brigate Qassam che, di fatto, sono anch’essi separati da allora dalle loro famiglie. Secondo a-Shafi Israele si è lasciato sfuggire una occasione unica per liberare Shalit circa un anno fa, durante la Operazione Piombo fuso. Il prigioniero venne spostato per Gaza a bordo di un’ambulanza: ma i suoi carcerieri riuscirono ad eludere le forze israeliane.
I dettagli tecnici dello scambio non sono ancora noti. A quanto pare nella prima fase Shalit sarà portato da Gaza nella vicina località egiziana di el-Arish (Sinai) per essere visitato da medici israeliani. Allora Israele rilascerà un primo scaglione di 100 detenuti, seguiti poi da altri 350. Netanyahu prevede di rimettere in libertà anche detenuti legati ad al-Fatah, affinché il successo di Hamas non significhi il tracollo di Abu Mazen.
A-Shafi, che ha seguito gli avvenimenti a Gaza per molti anni (fino a quando gli è stato vietato l’ingresso, per ragioni di sicurezza, come a tutti i giornalisti israeliani) ritiene che Hamas sfrutterà lo scambio di prigionieri per presentarsi ai palestinesi come la forza politica principale, anche in vista delle prossime elezioni. Subito dopo, prevede, Hamas punterà alla ricostruzione della Striscia. Abu Mazen, invece, gli sembra destinato ad uscire dalla vicenda «molto ridimensionato».
Gli scenari proposti dal giornalista non inducono a eccessivo ottimismo: al termine della vicenda l’uomo forte di Gaza sarà appunto Jaabri, il rispettato e temuto comandante delle Brigate Qassam. Per Israele potrebbe essere comunque un elemento di stabilità: «Se Hamas concordasse una tregua - nota - avrebbe certo la forza di farla rispettare a tutti».
Per inviare la propria opinione alla Stampa, cliccare sulla e-mail sottostante.