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La Stampa Rassegna Stampa
21.11.2009 Caro Arrigo Levi, ma la storia è un'altra
Un'analisi colma di affetto, ma con troppe valutazioni errate

Testata: La Stampa
Data: 21 novembre 2009
Pagina: 1
Autore: Arrigo Levi
Titolo: «Se Netnayahu sfida Obama»

Arrigo Levi ama Israele, su questo non c'è ombra di dubbio. Vogliamo  porgli alcune domande, perchè non siamo d'accordo su alcuni punti della sua analisi uscita oggi, 21/11/2009, sulla STAMPA a pag.1/35, dal titolo "Se Netanyahu sfida Obama" .


Arrigo Levi

 E così, sembra che Israele, l’Israele di Netanyahu, stia perdendo di vista, o forse abbandonando di proposito, quello che dovrebbe essere l’obiettivo principale dello Stato ebraico: lo storico obiettivo - sola vera garanzia del suo futuro - della pace con uno Stato palestinese. Le pressioni dell’America di Obama per rilanciare il negoziato hanno ricevuto una dura risposta. La decisione di andare avanti con la costruzione di abitazioni nei territori occupati di Gerusalemme Est significa un no secco sulle principali richieste americane.
Netanyahu non intende sospendere l’espansione degli insediamenti né accettare per la Gerusalemme araba un futuro quale capitale di uno Stato palestinese. Si direbbe che il primo ministro di Israele si consideri più forte di Obama, e quindi disposto a sfidarlo. Ma l’America con chi sta? Col suo Presidente o col primo ministro d’Israele?
Perchè Israele dovrebbe consentire la divisione di Gerusalemme, quando il futuro Stato palestinese (sempre che i palestinesi lo vogliano davvero) può dichiarare la propria capitale a Abu Dis o a Ramallah ? Gli arabi non hanno mai avuto nessun reale legame con la capitale di Israele, nè dal punto di vista storico nè religioso. Se il negoziato non riparte è perchè l'obiettivo è lo stato binazionale, non se n'è accorto, caro Levi ? altro che stato palestinese ! In quanto alle costruzioni, bene ha fatto Bibi a non accettare il diktat di Obama, che si sta rivelando sempre di più un " Luftmensch".
L’«Economist» invitava giorni addietro Obama a «scendere di nuovo in campo», a «non darsi per vinto» di fronte a Netanyahu, e a non dare l’impressione che le sue pressioni su Israele fossero soltanto «un bluff» che Netanyahu poteva «andare a vedere» impunemente; cosa che ha fatto. Dalla lontana Cina, con un ritardo di 24 ore, Obama, il «Presidente del Pacifico», è ora «sceso in campo». Ha detto di giudicare che l’atteggiamento d’Israele sugli insediamenti «potrebbe rivelarsi molto pericoloso: una decisione che non rafforza la sicurezza d’Israele», oltre che «un ostacolo per la pace». Attendiamo di sapere se l’America stia con lui, o con Netanyahu.
Se Obama continua come ha fatto finora, perderà il consenso degli americani, non solo su Israele.
Ma il punto fondamentale è un altro: quale politica è più utile per la sicurezza d’Israele? Già tanti anni fa, in uno scritto del 1977, Rabin osservava che Israele avrebbe potuto continuare a vincere le guerre, ma non poteva «usare la guerra come un metodo assoluto per raggiungere i suoi fondamentali obiettivi politici», giacché Israele «non avrebbe mai potuto imporre agli arabi la pace con una vittoria militare decisiva».
Rabin aveva ragione, per questo Israele non ha mai annesso Gaza e Cisgiordania. Ma l'esempio di Gaza sarebbe folle ignorarlo, chi governerà il nuovo stato ? e ce ne sarà uno oppure saranno due ? da quel che avviene, la sola conclusione che si trae è la volonta araba di arrivare a quello binazionale.

Netanyahu e il suo governo sembrano ora aver raggiunto la convinzione che la pace non sia più necessaria per il futuro d’Israele.
Non è vero, Bibi dichiara sempre il contrario.
I Palestinesi sono troppo divisi per costituire una seria minaccia, i governi arabi troppo impauriti dall’estremismo fondamentalista di Hamas e dei suoi sostenitori (l’Iran, Hezbollah, forse Al Qaeda) per rischiare una guerra per la causa palestinese. E forse, oggi, le cose stanno proprio così.
Dei palestinesi non è mai importato nulla ai governi arabi, li hanno sempre usati in funzione anti-Israele.
Ma a noi sembra che l’attuale governo israeliano non sappia guardare lontano. E’ vero che la prospettiva di un accordo di pace con mezza Palestina è poco rassicurante, che non può offrire garanzie assolute e immediate di una pace che duri per sempre.
Poco rassicurante ? Sarebbe la fine di Israele, senza più alcuna possibilità di difesa.
Ma la storia stessa del popolo ebraico dimostra che certi grandi sogni possono durare non decenni, non secoli, ma millenni. Anche il sogno palestinese, come quello sionista, ha le sue fondamenta su una grande fede religiosa. E dietro i Palestinesi ci sarà sempre un grande popolo, quello arabo.
La fede non c'entra nulla, il  fondamentalismo islamico riconosce l'unità fra Stato e Fede, è un tutt'uno, lo Stato palestinese non è mai stato un sogno per gli arabi, l'hanno scoperto negli anni '60, quando hanno capito che l'antisemitismo occidentale poteva essere una carta utile da giocare. Come poi si è dimostrato.
Ma davvero chi ha eretto per due millenni una città a simbolo della propria storia e della propria identità può non capire che lo stesso accada ad un altro popolo? Del resto, neppure le sedi dello Stato ebraico (la residenza presidenziale, il Parlamento, i principali ministeri) sono al di dentro, ma al di fuori delle rosate mura della Città Santa a tre religioni.
Caro Levi, questa storia della città santa per tre religioni è ora di cominciare a vederla e giudicarla da una prospettiva laica. Gerusalemme è sempre stata capitale dell'Stato di Israele, nel Corano non è mai nominata nemmeno una volta, e il fatto che su Gesù - ebreo, non dimentichiamolo - si sia poi costruita una nuova religione, non dà ai cristiani nessuna titolarità su quella terra.
L’ex vicesindaco di Gerusalemme, David Cassuto (un uomo di destra, ed un saggio), ha fatto notare che all’amministrazione palestinese basterebbero villaggi arabi come Issawia, Shaafat, Abu Dis, collocati alla periferia di Gerusalemme. E che interesse ha Israele (è una recente osservazione di Sergio Minerbi, altro italo-israeliano e prestigioso diplomatico e studioso) ad amministrare quartieri abitati soltanto da Arabi?
Le opinione citate di David Cassuto e Sergio Itzak Minerbi rafforzano il nostro ragionamento, non il suo. Infatti Israele non vuole amministrare nè annettere nessun popolo, vuole semmai la divisione, due Stati per due popoli, ma lei crede che questo sia ancora il progetto palestinese ? Ha mai letto Barbara Spinelli o Sergio Romano ?
Ma è bene dire il proprio pensiero fino in fondo. Non è tanto Obama, non è il suo prestigio che oggi ci preoccupa. Avrà sicuramente tempo per recuperare la sua autorità. L’America è grande, e gli Americani vogliono giustamente bene a Israele, ma ancor più all’America. E’ del futuro d’Israele che ci preoccupiamo. In qualche modo, se i Palestinesi sono ancora oggi, come sempre, incapaci di badare a se stessi, Israele dovrebbe saper farsi carico anche di loro, delle loro sofferenze e dei loro sogni. Chi, meglio degli Ebrei, potrà mai capirli?
Israele dovrebbe farsi carico dei bisogni dei palestinesi ? Caro Levi, scherziamo ? è un invito al colonialismo, che non ha mai fatto parte del pensiero ebraico in 2000 anni di diaspora. Israele è rinato come Stato per essere la patria degli ebrei, non lo stato per due popoli. A ciascuno il suo. Per non dire degli arabi, che di patrie ne hanno 22.

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